Cass. civ., sez. II, 11.04.1991, n. 3815

APPELLO CIVILE – Domanda nuova – Configurabilità – Conseguenze – Fattispecie

 

Il fatto

Con un primo contratto di vendita, debitamente trascritto, le parti, oltre a convenire l’immediato trasferimento in proprietà di un terreno edificabile, avevano stabilito una sorta di clausola risolutiva espressa, ad esclusivo favore della parte venditrice, per il caso in cui il compratore non avesse edificato nel termine di due anni dalla stipulazione. È presumibile che l’obbligazione cui la clausola risolutiva era riferita, nel regolamento pattuito dalle parti, integrasse parte del corrispettivo dovuto per la vendita.

Detta obbligazione non fu adempiuta, ma a seguito d’altrui contestazioni sull’an e sul quomodo dell’inadempimento la parte venditrice dovette agire in giudizio perché fosse dichiarata l’avvenuta risoluzione stragiudiziale del contratto, conscguente alla manifestata volontà di valersi della clausola risolutiva. Nel trascrivere, con grave ritardo, la domanda giudiziale emerse tuttavia che l’immobile era già stato gravato da una formalità pregiudizievole, perchè il compratore inadempiente l’aveva rivenduto ad un terzo, il quale non aveva esitato a trascrivere.

Nel frattempo il giudizio di risoluzione proseguì e si concluse con sentenza di definitivo accoglimento della domanda, vale a dire con la declaratoria di risoluzione della vendita, debitamente annotata nel pubblico registro immobiliare. Quindi la vecchia parte venditrice, prima, ed il sub acquirente del compratore, poi, decisero ciascuno di rialienare a loro volta lo stesso immobile a due diversi aventi causa, i quali trascrissero nel corretto ordine cronologico dei rispettivi titoli. Di qui un turbinìo d’azioni giudiziarie incrociate, difficile persino da comprendere alla luce della narrazione in fatto.

 

Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione si pronuncia rispetto alle istanze dei ricorrenti stabilendo che:

1) Proposta in primo grado una domanda volta ad ottenere l’accertamento dell’opponibilità del proprio titolo di acquisto della proprietà di un bene contro quello vantato da terzi sullo stesso bene, non è ammissibile la proposizione per la prima volta in appello della domanda, da considerarsi nuova alla stregua delle regole di identificazione delle azioni, di accertamento della maturata usucapione decennale del diritto di proprietà per accessione nel possesso del dante causa; qualora venga proposta in via surrogatoria rispetto al diritto del proprio autore, mediante appello del capo di sentenza ad esso sfavorevole, la stessa azione di accertamento della verificata usucapione decennale deve ritenersi nuova, se nel grado di giudizio precedente il dante causa, che in appello non abbia riproposto tale propria domanda subordinata, aveva in via diretta chiesto l’accertamento della proprietà del bene per essere maturata a suo vantaggio l’usucapione ordinaria; infatti l’usucapione decennale ha una particolare natura che richiede maggiori requisiti rispetto alla usucapione ordinaria (acquisto a non domino, titolo idoneo a trascrizione dello stesso, buona fede del possessore) con conseguente differenza delle azioni volte a far valere l’uno o l’altro tipo di usucapione.

2)La prevalenza del secondo avente causa, che in mala fede trascriva per primo ai sensi dell’art. 2644 c. c., non è causa di nullità dell’atto da lui trascritto. In particolare, in relazione alla domanda di declaratoria di nullità del contratto di compravendita non aveva consistenza il riferimento alla malafede nella effettuazione della trascrizione, non costituendo questa – se pur ritenuta illecita – una delle cause di nullità del contratto a norma dell’art. 1418 c.c..

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