Dottrina e giurisprudenza, affermano che l’azione di riduzione si prescrive in dieci anni, in quanto trattasi di azione personale di accertamento costitutivo.

Dubbi esistono nel determinare il dies a quo dal quale decorre il termine iniziale.

 Per lungo tempo la giurisprudenza della Suprema Corte non distingueva circa la decorrenza:

– tra lesioni derivanti da donazioni effettuate in vita dal de cuius

– e lesioni derivanti da disposizioni testamentarie,

creando evidente disparitĂ  di trattamento tra il legittimario che viene ad essere danneggiato da una donazione e quello leso, al contrario, da una disposizione di ultima volontĂ .

 Mentre il primo, infatti, è in grado di conoscere, fin dalla apertura della successione, la esistenza della donazione lesiva del suo diritto e, pertanto, di proporre la relativa azione di riduzione, il secondo potrà essere consapevole della lesione solo a seguito della pubblicazione del testamento.

 Si riteneva, a tal proposito, che il termine di prescrizione dell’azione di riduzione decorresse dal momento dell’apertura della successione e non giĂ  dal momento dell’accertamento della lesione della quota di legittima, in quanto l’accertamento della lesione è soltanto uno dei momenti dell’azione, necessario per stabilire i termini quantitativi della riduzione.

 Inoltre, si affermava che la mancata conoscenza del testamento da parte del legittimario leso/preterito è un impedimento di fatto e non di diritto, come tale non in grado di ostacolare il decorso del termine di prescrizione ai sensi dell’art. 2935 c.c..

 In tempi più recenti la giurisprudenza di merito, seguita dalla Corte di legittimità ha evidenziato tale disparità di trattamento.

Con riferimento al legittimario leso dalle disposizioni testamentarie, si osserva, che per quel che attiene al testamento olografo, questo diviene di dominio pubblico solo a far data dalla sua pubblicazione. Quindi, ha ritenuto che il dies a quo del termine di prescrizione decorre dalla data di pubblicazione del testamento come si desume dal combinato disposto degli art. 620 e 623 c.c. con l’art. 2935 cc.

 Di recente sono intervenute le Sezioni Unite, Affermando che in materia di lesione di legittima dipendente da disposizioni testamentarie, affinché possa concretizzarsi la lesione occorre:

– che il testamento sia stato pubblicato

– ma, altresì, che il legittimario, abbia anche accettato. Infatti, solo dall’accettazione si realizza una lesione vera e propria dalla quale nasce il diritto, per il legittimario leso, di esercitare l’azione di riduzione a tutela dei propri diritti nei confronti del chiamato accettante eredei.

L’accettazione dell’ereditĂ  potrebbe avvenire sia prima che dopo la pubblicazione del testamento ed, altresì, in modo espresso, ovvero tacito.

Con tale decisione la Corte ha introdotto un elemento di distinzione a seconda che l’atto dispositivo lesivo consista in una donazione ovvero in una disposizione testamentaria, posto che:

– nel caso di donazione, il dies a quo della prescrizione viene a decorrere dal giorno di apertura della successione, risultando la donazione giĂ  perfezionata e lesiva fin da tale momento,

– nel caso di disposizione testamentaria, la lesione viene ad attuarsi,  solo ed esclusivamente dal momento della accettazione della ereditĂ .

 Infatti, osserva la Corte, che ben potrebbe il destinatario della disposizione (lesiva), rinunciare alla eredità, così eliminando la lesione a danno dei legittimari. Ed a seguito della rinuncia, si aprirebbe la successione legittima, che vede chiamati alla eredità i legittimari lesi.

Pertanto, si osserva che, prima della accettazione, poiché risulta incerta la sussistenza della lesione, il legittimario non potrà agire in riduzione per carenza di interesse (art. 100 cpc).

 Per la ipotesi nella quale l’erede istituito per testamento non sia in possesso dei beni della eredità e non si pronunci circa la accettazione, il legittimario leso ben può procedere, ai sensi dell’art. 481 c.c., alla introduzione della c.d. actio interrogatoria, con la quale richiede al giudice di fissare un termine al chiamato per accettare l’eredità, decorso il quale il chiamato perde il diritto di accettare.

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