Un soggetto è chiamato a rispondere di un illecito altrui.
I primi due casi sono: art.2047 (=responsabilità sorveglianti di incapaci) e art.2048 (=responsabilità genitori-tutori-precettori).
Quando un illecito è incapace di intendere e di volere non risponde, ma a norma dell’art.2047 risponde chi è tenuto alla sorveglianza incapace o a norma dell’art.2048 il suo tutore.
Va delimitato l’ambito di applicazione dell’art.2047: riguarda casi di responsabilità che nasce quando l’incapace sia un minore incapace di intendere e di volere.
Per gli altri casi (=incapace maggiorenne che non sia interdetto) è venuto meno da oltre 30 anni.
Ci sono solo casi rari di applicazione perché questi soggetti non sono più sottoposti a sorveglianza perché non ci sono più i manicomi. Casi che raramente si verificano: è il caso delle persone temporaneamente ricoverate per osservazione in ospedale psichiatrici.
L’art.2048 prevede responsabilità genitori per illeciti dannosi commessi dai figli che con essi coabitano; responsabilità tutore per minore o interdetto affidato a sua tutela sempre che ci sia coabitazione; responsabilità precettori del danno cagionato da allievi nel tempo in cui sono sottoposti alla loro sorveglianza.
Per responsabilità del genitore è orientamento pacifico quello secondo cui risponderà del danno solo se il figlio era capace di intendere e di volere: se è incapace, allora risponderà a norma dell’art.2047.
Questa distinzione rileva sotto il profilo della prova liberatoria: il diverso contenuto deriva da applicazione della giurisprudenza.
Non aver potuto impedire il fatto, nell’art.2047 significa dimostrare la mancanza della “culpa in vigilando” = il dannosi è verificato nonostante la sorveglianza, oppure dimostrare lo specifico ostacolo che ha loro impedito di esercitare l’attività di sorveglianza. Praticamente mai si ritiene raggiunta questa prova contraria. L’unica serie di casi in cui si è raggiunta è quando si dimostra che temporaneamente il soggetto era stato affidato a qualcun altro (es.figlio affidato a genitore dell’amichetto).
Quando i genitori sono chiamati a rispondere a norma dell’art.2048: il genitore risponde in quanto tale per danno di figlio capace di intendere e di volere. Non si liberano dimostrando la mancanza di culpa in vigilanza, ma sono responsabili per non aver impartito al figlio minore, ma capace, una idonea educazione (= “culpa in educando”): possono liberarsi solo dimostrando di aver impartito una buona educazione al figlio. Questa prova è talmente vaga e incerta che in sostanza è impossibile da fornire.
Ma l’art.2048 si riferisce anche ad altri soggetti: precettori per danni causati dal fatto illecito degli allievi ed apprendisti nel momento in cui sono sottoposti alla loro sorveglianza. Anche gli insegnanti possono liberarsi per non aver potuto impedire il fatto (=devono aver adeguatamente sorvegliato).
Il termine precettori si riferisce ad insegnanti sia di scuola privata, sia pubblica, più altri soggetti, ad es.istruttori sportivi, addetti alla vigilanza nelle colonie estive.
Anche gli insegnanti possono essere chiamati a rispondere a norma dell’art.2047 se incapace e a norma dell’art.2048 se capace. La giurisprudenza di recente ha cambiato un orientamento che riteneva che i minori di 14 anni si presumono incapaci di intendere e di volere. Oggi bisogna valutare caso per caso.
Se l’illecito è fatto da un minore capace e affidato temporaneamente ad un precettore, bisogna precisare che alla responsabilità dell’allievo capace si aggiunge la responsabilità dell’insegnante, secondo la giurisprudenza a questa si aggiunge la responsabilità del genitore perché si dice che l’aver affidato il minore alla custodia della scuola non esclude la culpa in educando.
Se l’insegnante è di scuola statale pubblica c’è una norma speciale: art.61 l.n.312/1980: prevede che nei confronti del danneggiato è responsabile non l’insegnante, ma direttamente l’amministrazione scolastica che dopo aver risarcito il danno, se c’è stato dolo o colpa grave, ha azione di rivalsa sull’insegnante. Bisogna chiamare in giudizio l’amministrazione scolastica, eventualmente in concorso con l’alunno e i genitori. Si si chiama l’insegnante la domanda viene respinta per carenza di legittimità passiva.
Si è discusso se l’alunno che ha cagionato danno a se stesso mentre era a scuola, si possa applicare la presunzione di responsabilità dell’insegnante per mancata sorveglianza.
Parte della dottrina/giurisprudenza sono favorevoli all’applicazione dell’art.2048: l’onere probatorio danneggiato si esaurisce dimostrando che il danno si è verificato a scuola.
Altro orientamento, avvalorato da sentenza delle Sezioni unite della cassazione, è di segno opposto: hanno escluso che si applichi il 2°comma art.2048 per varie ragioni tra cui il riferimento ad un fatto illecito che non può avvenire contro sé stessi. A che titolo il minore e il genitore possono ottenere il risarcimento? Art.2043, il danneggiato potrebbe invocare la regola generale per omessa vigilanza. Però il regime probatorio è molto più difficile per il danneggiato: deve anche dare in concreto dimostrazione della prova l’insegnante.
Tuttavia esiste un’ulteriore possibilità di sottrarsi alle difficoltà probatorie dell’art.2043. Tra alunno e amministrazione c’è un contratto al momento dell’iscrizione in cui c’è l’obbligo di sorveglianza: l’amministrazione può essere chiamata a risarcire i danni anche a titolo di responsabilità contrattuale. E’ una responsabilità diretta dell’amministrazione nei confronti dell’alunno.
I genitori potranno limitarsi a provare che il danno si è verificato in un orario scolastico all’interno della scuola: onere dell’amministrazione sarà provare una causa a lui non imputabile che gli ha impedito di vigilare sugli alunni.