Ci si deve chiedere se, considerando che la l. 990/1969 assicura la responsabilità civile, quest’ultima sia appropriatamente disegnata nella disciplina del 2054 (Circolazione di veicoli).
La risposta sembra obbligata in senso negativo.
Il criterio di imputazione attorno al quale ruotano le varie fattispecie di responsabilità previste dal 2054, tranne quella di cui all’ultimo comma per i vizi di costruzione e i difetti di manutenzione, è la colpa.
In una situazione normativa nella quale la responsabilità civile funge da unica disciplina del danno ai fini dell’individuazione del soggetto che ne dovrà sopportare il costo, la colpa può costituire un criterio ragionevole per risolvere la partita a due tra danneggiato e convenuto perché dal punto di vista distributivo, specialmente in un’età di motorizzazione diffusa attorno a livelli medi o medio-bassi di reddito, il ricadere del costo del danno sull’uno o sull’altro non presenta grandi differenze.
Si aggiunga che quando entrò in vigore il codice del 1942 la relativa diffusione della motorizzazione rendeva più ragionevole pensare che la diligenza più intensa imposta dal 2054 al conducente (il quale deve provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno) fosse idonea a risolvere il problema della responsabilità da circolazione sotto il profilo della prevenzione del danno che potesse derivare dalla circolazione del veicolo, mentre per le défaillances di quest’ultimo provvedeva senz’altro lo stesso 2054 ad imporre una responsabilità, questa sì oggettiva, a tutti i soggetti individuati dalla norma stessa.
Diventata obbligatoria l’assicurazione, la prospettiva muta radicalmente.
Se la colpa serviva in passato per giustificare un aggravio economico anche disastroso per il responsabile al fine di sollevare il danneggiato dal costo tendenzialmente identico che in mancanza di responsabilità finirebbe col gravare su di esso con effetti parimente destabilizzanti, essa perde la funzione di fondare la responsabilità nel momento in cui la questione risarcitoria si risolve per vie completamente diverse, comunque cadendone il costo fuori dalla sfera dell’autore del fatto dannoso.
L’instaurazione dell’assicurazione obbligatoria rende attuale la domanda se, considerato il danno da circolazione automobilistica nel suo complesso come un costo dell’intero sistema che si tratta di allocare nella maniera più opportuna e cioè economicamente e socialmente più conveniente, abbia ancora senso il permanere di quelle sacche di danno che resta non risarcito secondo il modello tradizionale di responsabilità nelle ipotesi in cui sia provata l’assenza di colpa del conducente del veicolo coinvolto nell’incidente e non si provi che il danno sia derivato da difetto di manutenzione del veicolo.
La risposta è evidentemente no, nel momento in cui l’esigenza che si pone semmai è che il costo dell’assicurazione per il singolo automobilista, e cioè il premio, rifletta il costo degli indennizzi.