La ragionevolezza costituisce il parametro di valutazione di una norma: e perciò è elevata a criterio di fondo per valutare un intero sistema giuridico. Così intesa, la ragionevolezza rispecchia un forte sentimento giusnaturalistico in quanto ricava da un indice valutativo non normativo la validazione della norma stessa.
Secondo Del Prato non è necessario stabilire se il criterio di validazione attribuito alla ragionevolezza sia fuori o dentro il sistema: esso non può che essere dentro il sistema, perché in questo si attingono tutti gli elementi della giuridicità. Del resto il primo habitat giuridico della ragionevolezza, almeno nella nostra esperienza, si rintraccia nel giudizio di costituzionalità, dove essa è esplicazione dell’eguaglianza, della razionalità e del bilanciamento, e si esprime mediante i canoni dell’adeguatezza, della congruità e della proporzionalità.
La funzione della ragionevolezza si ricava dalla democrazia, in cui è insito il bilanciamento dei valori; e discende dall’attività interpretativa, correttamente calata nel contesto in cui il dato normativo deve operare e che, perciò, non è mera applicazione delle regole della logica. La ragionevolezza finisce dunque con l’evocare l’antica distinzione tra scientia iuris e iuris prudentia.
Nel bilanciamento, che discende dall’interpretazione, la ragionevolezza risolve i conflitti tra principi là dove non è utilizzabile il criterio gerarchico.
Attribuire alla ragionevolezza la funzione di perseguire la coerenza del sistema consente di coglierne un’esplicazione nella recente affermazione della corte di Cassazione secondo cui la liquidazione del danno biologico deve avvenire facendo applicazione di un criterio uniforme che la stessa decisione ha individuato nella tabella elaborata dal Tribunale di Milano. Per pervenire a questa conclusione, la Sprema Corte ha fatto leva sull’equità richiamata dall’art.1374 c.c.
Non appare necessario stabilire se la ragionevolezza operi come principio, canone, giudizio o clausola generale. Essa è un principio implicito, da impiegare per la concretizzazione l’armonizzazione dei principi coinvolti in un caso concreto.
Uno dei problemi suscitati dalla tecnica argomentativa delle clausole aperte è di contenere il rischio di arbitrio dell’interprete. Secondo Del Prato, se si vuol cercare di attribuire alla ragionevolezza un significato che la demarchi da altri principi, criteri e clausole generali, il dibattito sulla portata va impostato nell’ambito del confronto di norme e principi nella loro applicazione, dove essa serve, tramite il bilanciamento, per risolvere antinomie, apparenti o reali, secondo l’esperienza ricavata dalla dinamica costituzionale. Ciò non significa escluderne la rilevanza normativa, ma coglierne la peculiare, e verosimilmente esclusiva funzione, se si conviene che la valenza normativa vuol dire attitudine ad essere strumento per la risoluzione di un caso concreto.