L’adempimento presuppone che sia soddisfatto l’interesse del creditore, quale è dedotto nell’obbligazione. Il rapporto si estingue in maniera regolare quando il creditore consegna direttamente la prevista utilità per effetto dell’esatto compimento della prestazione: una disposizione in tal senso è espressamente prevista nel codice civile tedesco. Nel caso in cui la prestazione è rivolta alla persona del creditore non sempre è necessario né sempre è possibile che egli stesso la riceva.

Nel linguaggio del codice si usa la generica denominazione di destinatario. L’identificazione del destinatario legittimato a ricevere e l’esecuzione in sue mani della prestazione contribuiscono a determinare il contenuto dell’obbligo, con riguardo alla direzione soggettiva dell’adempimento. Una prestazione quantitativamente e qualitativamente regolare e tale anche nelle modalità di tempo e di luogo sarebbe sempre non dovuta se fosse ricevuta da un soggetto non legittimato. Costui dovrebbe restituirla secondo la regola della ripetizione dell’indebito (2033).

A sua volta, chi l’ha eseguita dovrebbe nuovamente porla in essere nei confronti del vero destinatario legittimato a riceverla. L’ipotesi più semplice si riferisce al caso in cui il pagamento debba essere fatto al creditore in persona (art. 1188). Al debitore incombe l’onere di accertare la capacità legale di ricevere la prestazione (1190). Quando il creditore abbia un rappresentante, legale o volontario, quest’ultimo è legittimato a ricevere il pagamento in nome e nell’interesse del creditore.

Se la rappresentanza ha fonte volontaria, l’atto che conferisce la legittimazione rappresentativa deve attribuire al rappresentante la facoltà di ricevere la prestazione considerata nella sua specificità. Una procura generale giustificherebbe soltanto la legittimazione a ricevere pagamenti rientranti nella categoria degli atti di ordinaria amministrazione. Le riscossioni di capitali, in quanto atti eccedenti l’ordinaria amministrazione richiederebbero un’investitura che contempli espressamente tali ipotesi, ossia una procura speciale.

Nel caso della rappresentanza legale, fermo restando il carattere non liberatorio del pagamento eseguito al creditore, l’atto di riscossione dei capitali presuppone l’autorizzazione del giudice cautelare. Il destinatario nei confronti del quale il pagamento ha un’efficacia liberatoria può limitarsi ad agire, a differenza del rappresentante, nell’interesse o per conto del creditore, ma in nome proprio, non già in nome di lui.

La legge usa una formula ancor più generica: si parla di persona indica dal creditore (art. 1188 comma 1). La differenza rispetto all’ipotesi della rappresentanza spesso è già nella fonte. L’indicazione è fatta nell’atto che dà vita al rapporto: il debitore si impegna a pagare al terzo indicato e, quando abbia eseguito tale prestazione, è liberato nei confronti del creditore.

Deve dirsi pertanto che il riferimento al terzo, il quale resta pur sempre tale e non si trasforma in creditore, è un elemento necessario per l’individuazione della prestazione dovuta. Tale singolare configurazione del rapporto obbligatorio deriva dall’accordo stesso, che è qualificabile nei termini di un contratto con prestazione al terzo: il debitore infatti non acquista nessun diritto nei confronti del debitore ma è il destinatario dell’esatto adempimento. Può anche accadere naturalmente che la designazione del terzo risulti da un incarico successivo alla nascita del rapporto.

Tale può essere anche il caso della delegazione di pagamento: difatti il debitore (delegato) è invitato a pagare al soggetto (delegatario) indicato dal creditore (delegante) quel che il delegato stesso deve al delegante e che quest’ultimo deve, a sua volta, al delegatario.

L’ambito dei possibili destinatari diversi dal creditore si completa con le persone autorizzate dalla legge o dal giudice (1188 comma 1). L’esempio forse più noto è costituito dalla disposizione nella quale si prevede che il debitore, al fine di sottrarsi al pignoramento dei suoi beni, possa versare l’importo dovuto, insieme con le spese della procedura esecutiva, all’ufficiale giudiziario, che consegnerà la somma al creditore.

Al posto del creditore sono inoltre legittimati a ricevere pagamenti anche il curatore fallimentare e il curatore dello scomparso. Il pagamento a favore di un soggetto non legittimato può avere effetto liberatorio per il debitore in due ordini di ipotesi: quando sia eseguito in buona fede e in base a circostanze univoche a un soggetto che abbia l’apparenza di una legittimazione a ricevere (1189); quando, pur essendo eseguito a favore di un soggetto che non sia legittimato a ricevere e neppure abbia l’apparenza di una legittimazione, il creditore abbia ugualmente profittato del pagamento o l’abbia ratificato (1188 comma 2).

Al primo ordine di ipotesi si riferisce la rubrica dell’art. 1189 con la denominazione pagamento al creditore apparente. A differenza della rubrica, l’art. 1189 prende in considerazione, con previsione di carattere più generale, il pagamento eseguito a chi è legittimato a riceverlo. L’applicazione della norma ai soli pagamenti al creditore apparente presuppone che si attribuisca al titolo dell’art. di legge un significato precettivo più forte del suo stesso enunciato: la formulazione legale sarebbe interpretata restrittivamente a causa della sola intitolazione della norma.

La letteratura è ormai unanime nel riferire l’art. 1189 al pagamento al legittimato apparente, ovvero, sulla base di un opportuno collegamento con la rubrica dell’art. 1188, al destinatario apparente. Nella formula destinatario apparente possono ricomprendersi sia il rappresentante vero del creditore apparente sia il rappresentante apparente del creditore vero. Le massime ancora parzialmente risentono di un indirizzo tramandato, non privo d’incertezze e di equivoci.

Discutibili sono le pronunce che limitano la tutela del debitore ai casi in cui la legittimazione apparente del terzo sia imputabile a un comportamento del creditore, anche omissivo. Per comprendere il fondamento dell’effetto liberatorio previsto nel caso del pagamento al creditore o al legittimato apparente deve tenersi presente che il debitore è tenuto a identificare il destinatario della prestazione e a controllarne la legittimazione secondo un criterio di ragionevolezza e sulla base della regola generale della diligenza (1176).

Se l’apparenza di legittimazione ha un indubbio rilievo oggettivo, non vi è ragione di imporre al debitore ulteriori oneri di accertamento. Si è tuttavia affermato che la norma ha subito un’interpretazione correttiva, volta a salvaguardare le ragioni del creditore incolpevole: il debitore che paghi nelle mani del truffatore non è liberato, secondo i nostri giudici, per quanto fosse in buona fede, non in colpa.

Tale orientamento merita approvazione poiché troverebbe conforto nella disciplina della rappresentanza apparente e della cessione del credito; difatti in quei casi il debitore sopporta le conseguenze derivanti dal suo stesso comportamento, poiché non ha saputo dare adeguata pubblicità alla modifica o alla regola del potere di rappresentanza ovvero al mutamento della titolarità del credito.

La prova liberatoria è posta a carico del debitore e si basa sugli stessi elementi dello schema previsto all’art. 1189 comma 1: l’essere stato in buona fede nell’eseguire il pagamento a chi appare legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche. Occorre dimostrare: la buona fede; l’apparenza di legittimazione; il concorso di un complesso di circostanze che rafforzano un tale convincimento e escludono per il loro carattere univoco che possa valutarsi come negligente il controllo del debitore.

La mala fede toglie qualsiasi rilievo alla contraria situazione di apparenza, quand’anche quest’ultima sia oggettivamente non equivoca. Se la prestazione è eseguita a favore del possessore di un titolo di credito. L’efficacia liberatoria del pagamento è esclusa, oltre che nel caso della mala fede, ove il debitore versi in colpa grave. In tal caso il debitore non ha l’onere di fornire alcuna prova liberatoria: per espressa previsione legale, il possesso del titolo integra i presupposti da cui dipende l’estinzione dell’obbligo.

Il diverso contenuto dell’onere della prova nelle ipotesi degli art. 1189 e 1992 si spiega agevolmente se su considera la struttura dei fatti estintivi e modificativi che sono dedotti in giudizio. Se il pagamento avviene dietro presentazione di un titolo di credito, un tale evento è necessario e sufficiente a considerare liberato il debitore, salvo il fatto impeditivo rappresentato dal dolo o dalla colpa grave di lui: la prima prova spetta al debitore; la seconda al creditore. Se il pagamento non avviene in base alla presentazione di un titolo di credito, è necessario provare la buona fede, che qui non si presume, poiché è un momento della prova del fatto da cui deriva la liberazione del debitore.

 

 

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