La tecnica dell’interesse legittimo

La tecnica dell’interesse legittimo nasce da schemi pubblicistici: si mimano tecniche di tutela che sono tipiche della posizione soggettiva del singole verso i pubblici poteri. Il nesso tra la sfera pubblicistica e quella privatistica è dato che entrambi i poteri (pubblici e privati) non si collocano nell’ambito del rapporto e necessitano di regole di azione.

Ciò vuol dire che indipendentemente dalla natura del potere si potrà far ricorso allo schema dell’interesse legittimo. Tale schema è caratterizzato dal fatto che il singolo non rivendica utilità che il diritto gli assicura nella forma del diritto pretesa ma chiede che siano rispettati criteri o parametri guida.

La giurisprudenza a riguarda è stata realistica in quando ha affermato che anche nei poteri privati può sorgere l’esigenza di verificare se il soggetto investito del potere abbia ecceduto dal potere medesimo. In altre parole la giurisprudenza ha introdotto figure tipiche del diritto amministrativo quali il vizio di sviamento o il vizio di procedimento. Così facendo si abbandona l’ottica del rapporto per abbracciare un’impostazione pubblicistica.

 

Parte della dottrina non è d’accordo con questo sistema affermando che l’adozione di questo sistema finisce con l’introdurre un rimedio di tutela rappresentato dall’annullabilità di atti per eccesso di potere che non trova riscontro nella disciplina privatistica.

La tecnica del giusto procedimento

La tecnica del giusto procedimento ha avuto successo tra i giuslavoristi. Tale tecnica prevede il rispetto di regole procedurali che riguardano i processi decisionali di coloro che sono investiti di poteri privati: sia i datori di lavori che i sindacati.

Attraverso l’inserimento di regole e procedimenti l’esercizio del potere è vincolato e i destinatari dell’atto finale hanno maggior possibilità di evidenziare i loro interessi. In altre parole il processo decisionale si complica e si aggrava ed i contenuti discrezionali sono limitati e corretti.

Un esempio è dato dal modello procedurale fornito dalla legge sulla cassa integrazione che prevede obblighi di consultazione e informazione in capo al datore di lavoro.

La dottrina ha esaminato tale strumento ed è giunta alla conclusione che il tasso di discrezionalità non sempre è ridotto e a causa dei vuoti in alcuni procedimenti si creano addirittura delle zone franche.

L’esistenza di oneri e obblighi di procedimentalizzazione, se complica le decisioni dell’imprenditore rendendole meno arbitrarie, non è in grado tuttavia di eliminare i contenuti di discrezionalità di esse. In qualsiasi forma di auto-limitazione rimarrà il problema di verificare se i procedimenti possono realmente garantire i principi di eguaglianza, di non discriminazione, di pari trattamento, ecc…

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