In questa prospettiva ben si può ammettere che nell’ acÂcollo, sebbene nei rapporti interni il peso economico del debito possa passare dall’accollato all’accollante, il terzo sia in grado di decidere di non porsi, nei confronti del creditore, quale debitore di pari grado con l’obbligato principale e di suborÂdinare il proprio adempimento all’ avvenuta infruttuosa richieÂsta nei confronti di quest’ultimo. Al riguardo non sembra decisiva l’opinione di chi, anche di recente, ha ritenuto che l’effetto comune alle tre fattispecie di cui all’ art. 1268 ss. cod. civ. è semplicemente l’obbligarsi, «nel senso di far proprio il debito altrui», verso il credito re, si faccia proprio o no il peso del debito anche nei confronti del debitore: «assumere il deÂbito altrui», nell’accezione comune alle tre fattispecie di cui all’art. 1268 ss., «significa farlo proprio (almeno) verso il creÂditore ».
In tal modo, pur cogliendosi la distinzione dei neÂgozi di assunzione del debito rispetto a quelli di garanzia, non si chiarisce se, nei confronti del creditore, vi sia o no paritĂ di grado tra terzo assuntore e debitore originario. In proposito, si può osservare che il legislatore non solo ha preÂvisto differenti modi di realizzazione degli interessi sottesi all’ espromissione ed all’ accollo, ma ha consentito che le parti potessero disciplinare i propri interessi in maniera puntuale, rendendo solidale ciò che non è nato come tale.
Conseguentemente, soltanto i primi (e non anche i secondi), non incidendo sulla situazione giuridica soggettiva del debitore principale, non pongono il problema della sua partecipazione alla formazione della fatti specie (v., infatti, l’art. 1936, comma 2, cod. civ.). Da tale circostanza, come si vedrĂ piu dettagliatamente fra poco, discendono anÂche conseguenze che incidono sul contenuto delle situazioni giuridiche soggettive del garante e dell’ assuntore. Ne conseÂgue una loro differenza sostanziale, rilevante sotto vari proÂfili: si pensi, ad esempio, alla remissione del debito, al potere di eccepire la compensazione, alla possibilitĂ di mettere in mora il creditore che non si pongono in modo identico se riguardano l’assuntore od il garante.
In particolare, il potere di cui all’art. 1206 ss. cod. civ., trovando sicuramente appliÂcazione in favore di chi è titolare del debito, potrĂ essere riconosciuto all’assuntore, ma non al garante al quale la disciÂplina dettata dall’ art. 1936 ss. cod. civ. riconosce un (prevalenÂte) interesse alla liberazione, piuttosto che all’adempimento. PoichĂ© la prestazione del garante ha quale punto di riferimenÂto oggettivo l’altrui prestazione, al pari dell’eccezione di comÂpensazione, soltanto il debitore principale è titolare dell’inteÂresse all’ adempimento. Diversamente, si dovrebbe ammettere che il garante possa mettere in mora il creditore, anche surÂrogandosi nella posizione del debitore. La possibilità è, però, esclusa dall’art. 2900, comma 1, cod. civ. che ammette l’azioÂne surrogatoria soltanto in favore di chi è credito re, circoÂstanza esclusa nell’ipotesi che interessa perchĂ© il garante non può essere considerato tale nei confronti del debitore princiÂpale.
La possibilitĂ prospettata dovrebbe, inoltre, essere esclusa perchĂ© l’art. 2900, comma 1, cod. civ. non prevede che, m surrogatoria, possano essere esercitati diritti od azioni che, per loro natura, sono esercitabili soltanto dal titolare. In tale contesto si colloca l’interesse all’ adempimento che non può che spettare al debitore principale e non al garante che è terzo rispetto all’ obbligazione garantita. Ancora: se si considerasse esistente un interesse all’ adempimento meritevole di tutela in favore del fideiussore, si dovrebbe negare al credito re la possibilitĂ di rimettere il debito all’ obbligato principale senza il consenso del garante.
Il profilo strutturale, tuttavia, non può essere utile criteÂrio discretivo perchĂ© la duplicitĂ dei rapporti, conseguente ai negozi di garanzia, può non discendere dai negozi di assunÂzione di debito: infatti, assente nell’ espromissione e nell’ acÂcollo che comportano il subingresso nel rapporto di valuta, è presente nella delegazione che è ugualmente idonea a modiÂficare il lato passivo dell’obbligazione. Una vicenda struttuÂralmente analoga a quella fideiussoria è rinvenibile nella figuÂra di cui all’art. 1268 cod. civ. ove l’intervento del terzo, anche nella forma non privativa, pone in essere un autonomo rapÂporto pur se riferito, di norma, a quello di valuta. L’unitarietĂ o la complessitĂ strutturale non è criterio utile per distinguere i negozi di assunzione del debito da quelli di garanzia, perchĂ© la differenza va ricercata, essenzialmente, valutando gli effetti delle differenti fattispecie.