La parte destinataria dell’azione di rescissione, può evitare quest’ultima offrendo alla parte danneggiata di modificare il contenuto del contratto riconducendo il valore economico delle prestazioni contrattuale ad un giusto valore di scambio, riconducendolo così ad equità. L’esercizio di questo potere estingue il diritto del contraente leso alla rescissione del contratto.
L’offerta di riduzione ad equità è in sostanza un potere di rettifica, infatti, come per la rettifica del contratto viziato da errore anche in questo caso si tratta di un negozio unilaterale e recettizio con cui si modifica il contenuto del contratto secondo un giusto criterio di scambio.
La riduzione ad equità, occorre precisare, non esige una rigorosa equivalenza di valori delle prestazioni ma richiede, comunque, che il contratto sia riportato ad un giusto rapporto di scambio, rapporto di scambio che deve essere uniformato quanto più possibile ai valori attuali di mercato (e cioè ai prezzi normalmente praticati per i beni e servizi simili tenendo conto anche delle particolari condizioni del contratto).
Secondo la dottrina maggioritaria la rettifica del contratto rescindibile non richiede l’accettazione della controparte, per cui il contratto risulta modificato ed è efficace non appena l’offerta giunge a conoscenza della parte danneggiata; se quest’ultima rifiuta l’offerta, in quanto ne contesta la congruità, è il giudice che deve decidere se la modifica è sufficiente a ricondurre il contratto ad equità.
La riduzione ad entità evita la rescissione ma non presuppone necessariamente che la relativa azione sia stata già proposta. Il potere di rettifica può quindi essere esercitato anche in mancanza di un processo; se invece, la causa è in corso il potere di rettifica può essere fatto valere in via processuale. Questo potere di rettifica è sempre esercitato dalla parte e non dal giudice.
Anche la rettifica del contratto rescindibile trova il suo fondamento nel principio di conservazione del contratto ne della buona fede.