La causa è un elemento essenziale del contratto e la sua mancanza comporta di regola la nullità dell’atto. Essa è la ragione pratica del contratto, cioè l’interesse che l’operazione contrattuale è diretta a soddisfare.
La causa, si può affermare, è alla base del riconoscimento dell’autonomia contrattuale. Le parti possono anche concludere contratti non appartenenti ai tipi legali purché diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Pertanto, non qualsiasi interesse giustifica il contratto, in quanto l’interesse che il contratto è diretto a realizzare deve essere meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Per meritevolezza si intende, dunque, la non contrarietà all’ordinamento giuridico.
In generale la causa deve essere sempre presente nel contratto sia esso tipico che atipico.
Il codice civile non chiarisce che cosa si debba intendere come causa del contratto. Questa circostanza ha indotto numerosi studiosi ad elaborare varie teorie su di essa.
Innanzi tutto a venire in considerazione sono due contrapposte teorie: La teoria oggettiva classica e La teoria soggettiva.
La teoria soggettiva: secondo i teorici della causa in senso soggettivo, questa [cioè la causa] si dovrebbe identificare nel motivo ultimo e determinante della volontà negoziale, ossia nel concreto scopo per il quale il soggetto assume l’obbligazione. Tuttavia, così intesa, la causa non appare nulla di diverso se non l’enunciazione tautologica [= ripetizione dello stesso concetto con parole diverse] del motivo, ciò che solitamente viene opposto come concetto antitetico rispetto a quello attinente all’elemento causale.
La teoria oggettiva classica: secondo i teorici della causa in senso oggettivo, essa non tanto corrisponderebbe ad un elemento psicologico, soggettivo rispetto ai contraenti, quanto ad un elemento avente natura oggettiva, proprio della struttura dell’atto: in questo senso la causa si dovrebbe identificare nel fondamento di ciascuna singola attribuzione dedotta nel sinallagma contrattuale.(ç la tesi viene anche contrastata per il fondamento della donazione vedere a riguardo il Bianca)
A queste concezioni, la cui enunciazione può essere fatta risalire a tempi non più recenti, si è contrapposta, in esito all’emanazione del vigente codice civile (1942), l’opinione che identifica la causa nella funzione economico-sociale del contratto.
In questo caso si prescinde sia dal concreto fondamento del nesso corrispettivo delle attribuzioni (aspetto che è proprio della teoria oggettiva), sia dalla considerazione dello scopo, del motivo ultimo per il quale la parte si obbliga. L’atto deve essere valutato in sé e per sè, per la funzione tipica (e astratta) che esso svolge.
Per comprendere la nozione di causa come funzione economico-sociale del contratto è opportuno fare un esempio: consideriamo, al riguardo, il contratto di compravendita disciplinato dagli artt. 1470 e segg. Il codice definisce questo contratto come “il contratto con il quale le parti realizzano il trasferimento della proprietà di un bene un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo” la causa della vendita (art. 1470), cioè la funzione economico-sociale di questo contratto, è lo scambio di cosa con prezzo.