Da quanto abbiamo detto in materia di doppia alienazione derivano sul piano generale una presa d’atto ed una implicazione.
La presa d’atto è che anche il danno meramente patrimoniale, che non consegua cioè alla lesione di una situazione soggettiva, può risultare risarcibile in sede aquiliana (la condotta del secondo acquirente che cagiona un danno meramente patrimoniale, nei termini e nei limiti in cui genera responsabilità, non può dare àdito però a risarcimento in forma specifica: si tratta infatti di una pura diminuzione patrimoniale).
L’implicazione è che la tipicità degli illeciti risulta superata solo in ipotesi precisamente previste dalla legge in considerazione di connotazioni particolari della condotta o dell’agente o di gravità specifica dell’azione.
Emerge a questo punto che la questione del risarcimento del danno meramente patrimoniale viene a coincidere con quella della clausola generale.
Se infatti le conclusioni appena illustrate nel diritto tedesco sono ricavabili dal § 826 BGB e perciò hanno come modello di riferimento la tipicità degli illeciti, rispetto ad essa caratterizzandosi come deviazioni eccezionali, l’idea che la nostra responsabilità civile invece sarebbe costruita intorno ad una clausola generale di responsabilità risulta inconciliabile con questa constatazione.
Perché la clausola generale dovrebbe per coerenza implicare una risarcibilità generale del danno meramente patrimoniale, laddove una regola come il § 826 dimostra che nei sistemi ad illeciti tipici il danno meramente patrimoniale si risarcisce solo nei casi determinati dalla legge.
Mentre l’illecito del terzo che concorra con l’inadempimento del debitore prende forma unicamente da questo, onde la responsabilità conseguente, anche per il terzo, non può non avere natura contrattuale.
La doppia alienazione, nella quale il terzo (secondo acquirente) interpone il proprio acquisto trascritto e prevalente alla conservazione degli effetti acquisitivi in favore del primo acquirente dopo avere contratto con l’alienante al solo scopo di impedire l’acquisto precedente, si configura nei termini di una vera induzione all’inadempimento.
Si tratta solo di precisare che in tale ipotesi quest’ultimo non riguarda una obbligazione contrattuale ma la lex contractus nel suo insieme.
E ciò per l’operare del principio consensualistico (1376), che ha procurato in forza del semplice accordo l’acquisto del diritto in capo al primo acquirente.
È vero che il danno per il primo acquirente si produce solo mediante la trascrizione del secondo acquisto, ma tale trascrizione non può esser pensata alla stregua di un illecito autonomo del terzo, dal momento che essa senza il secondo acquisto non sarebbe nemmeno ipotizzabile: con la trascrizione il terzo porta a compimento la fattispecie dannosa, che trova il suo elemento di qualificazione nell’accordo fedifrago al quale lo stesso terzo (secondo acquirente) ha indotto l’alienante.