L’analisi del debito pecuniario degli interessi non può dirsi completa senza un riferimento alle previsioni normative e alle regole pretorie specialmente costruite con riguardo a singole categorie di rapporti. Esemplare tra tutti, per la specialità della disciplina e per l’ampia casistica, è il settore dei crediti di lavoro. L’intervento del legislatore è stato guidato dalla finalità di risolvere alle radici il problema dell’adeguamento monetario per l’intera categoria di rapporti.

L’obbligazione retributiva è ormai un debito di per sé indicizzato e soggetto a rivalutazione; né si richiede quella prova del maggior danno che il creditore della retribuzione sarebbe altrimenti tenuto a fornire nei confronti del debitore in mora. La somma capitale dovuta è costituita dall’obbligazione retributiva in quanto rivalutata. Dalla data di scadenza dei singoli crediti relativi alle frazioni di capitale rivalutate decorrono, per regola ormai costante nella prassi delle corti, gli interessi legali.

Tra le norme che sono espressione dell’antica lotta contro le usure e che al tempo stesso sembrano offrire una testimonianza dell’anacronismo delle sue residue tracce può considerarsi esemplare il c.d. divieto dell’anatocismo (1283), ossia dell’esclusione della possibilitĂ  che la somma costituita dalla capitalizzazione degli interessi scaduti produca autonomamente nuovi interessi e renda in tal modo piĂą difficile il controllo sui costi complessivi dell’operazione.

La disposizione del codice prevede che gli interessi scaduti possano produrre ulteriori interessi soltanto se esistano in tal senso specifiche disposizioni di legge, ovvero norme consuetudinarie; altrimenti, alle seguenti condizioni: che si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi; che vi sia un accordo tra le parti e che tale patto non sia anteriore alla scadenza degli interessi stessi; che, in mancanza di accordo, gli interessi siano chiesti per mezzo di una domanda giudiziale con decorrenza dal giorno della domanda stessa (1283).

Riguardo al termine domanda giudiziale si sono formate alcune incertezze in giurisprudenza nel senso di una interpretazione restrittiva o estensiva del termine; dopo le incertezze iniziali,

L’orientamento prevalente fa riferimento alla domanda anche in corso di giudizio, quasi a conferma della tendenza liberale e realista a cui si è accennato. I limiti dell’autonomia privata in materia di patti relativi agli interessi si riferiscono alla proibizione degli interessi usurari, con la clausola generale in cui è testuale la menzione dell’usura (1815 comma 2); all’imposizione di un onere di forma, quando il saggio di interesse, ancorchè non usurario, sia superiore alla misura legale.

Le clausole relative agli interessi sono nulle, seppure siano stipulate in forma scritta, qualora gli interessi pattuiti siano talmente alti da poter essere qualificati come usurari. Se la clausola relativa agli interessi è nulla, si ha una sostituzione automatica della norma di legge di legge sulla misura degli interessi alla contraria previsione privata, secondo un meccanismo simile a quello previsto dagli articoli 1339,1374 e1419. Le clausole relative agli interessi sono difatti valide, purchè siano stipulate in forma scritta, se la misura del saggio pattuito è superiore alla misura legale del dieci per cento, pur senza essere qualificabile come usuraria. (1284 comma 3).

La clausola degli interessi non rientra tra quelle che devono essere puntualmente sottoscritte nei contratti che si stipulano sulla base di condizioni generali unilateralmente predisposte (1341 comma 2). I dubbi interpretativi più forti non si riferiscono all’esistenza e al carattere costitutivo del vincolo di forma ma alla determinazione delle modalità minime richieste dalla legge. La tendenza informale cerca un supporto ulteriore nella regola tramandata secondo cui il versamento degli interessi non usurari, in misura superiore al tasso legale e in mancanza di un patto scritto, non sarebbe ripetibile, poiché costituirebbe adempimento di un’obbligazione naturale.

Se una tale regola venisse generalizzata, si giungerebbe alla conseguenza di considerare irripetibili tutti i pagamenti che non fossero dovuti a causa della nullitĂ  soltanto formale del titolo. La rilevanza della disciplina della forma costitutiva si limiterebbe al patto non ancora eseguito. Tale scelta spetta al legislatore, ove reputi di non dar prevalenza alle esigenze di sicurezza e di uniformitĂ  connesse al vincolo sostanziale di forma.

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