Nella responsabilità contrattuale il risarcimento in forma specifica non viene sempre opportunamente distinto dall’esecuzione in forma specifica.

Già vigente il Codice del 1865 Salvatore Romano avvertì che le due figure sono diverse.

Anche nella situazione attuale non è sempre chiara la consapevolezza delle differenze: una ricerca sulla giurisprudenza ha messo in luce come all’affermazione di una generale applicabilità del risarcimento in forma specifica nella responsabilità per inadempimento corrispondesse in concreto il riferimento all’esecuzione in forma specifica (Maria Cristina Ebene Cobelli).

{Di recente Cass. 6/1994 ha ricercato un’autonomia per il risarcimento in forma specifica nella responsabilità contrattuale, in realtà chiamando però risarcimento in forma specifica qualcosa di diverso.

La Suprema corte ha confermato infatti la condanna di un notaio che aveva rogato un atto senza aver proceduto alle dovute visure ipotecarie (consentendo con ciò al venditore di dichiarare libero da ipoteca un immobile in realtà gravatone) a procedere alla cancellazione dell’ipoteca o a pagare la somma necessaria a ciò.

Ora, la cancellazione non costituisce riparazione in forma specifica della violazione dell’obbligo di verifica dei registri immobiliari.

La Cassazione ritiene a torto che l’obbligazione di cancellazione del vincolo non scoperto dal notaio sia “speculare” all’obbligazione di controllo dei registri immobiliari.

Invece la cancellazione è speculare all’iscrizione, ma di questa non è autore né responsabile il notaio.

Un notaio che non ha proceduto alle visure ipotecarie dovrebbe essere obbligato in forma specifica a farle, ma dopo stipulato il contratto ciò non ha senso, sicché in tale circostanza, nella quale si verifica l’impossibilità contemplata dal 2058 (Risarcimento in forma specifica), non rimane che il risarcimento per equivalente.

Successivamente Cass. 6035/1995 ha affermato che il 2058.1, che consente al danneggiato di chiedere la reintegrazione in forma specifica qualora sia in tutto od in parte possibile, è applicabile anche alla materia contrattuale.

Nella specie i giudici di merito avevano condannato il convenuto all’abbattimento di parte di un fabbricato “per avere violato gli obblighi contrattualmente assunti”.

La pronuncia conferma che il risarcimento in forma specifica è in realtà il cosiddetto adempimento dell’obbligazione situato in un momento successivo al verificarsi dell’inadempimento.

Infatti con esso, come con l’adempimento, si consegue il soddisfacimento in natura dell’interesse del creditore, ma quando il vinculum iuris è diventato titolo del risarcimento, dato che il debitore è già inadempiente}.

Gli autori che non cadono nella confusione tra esecuzione in forma specifica e risarcimento in forma specifica ritengono che nella responsabilità per inadempimento dell’obbligazione sia ipotizzabile unicamente il risarcimento per equivalente, e che il conseguimento in natura del dovuto non ammetta tertium genus tra adempimento ed esecuzione in forma specifica {così Cesare Giuseppe Massimo Bianca, il quale però si pronuncia in senso favorevole al risarcimento in forma specifica; secondo Alessandra Bellelli il risarcimento in forma specifica potrebbe esplicare in qualche ipotesi una funzione sostitutiva dell’esecuzione forzata in forma specifica}.

Tra la negazione assoluta e l’affermazione di uno spazio proprio del risarcimento in forma specifica nella responsabilità contrattuale, ultimamente si è avanzata l’ipotesi che il risarcimento in forma specifica nella responsabilità contrattuale si dia come sanzione della violazione delle cosiddette positive Vertragsverletzungen della dottrina germanica (Maria Cristina Ebene Cobelli).

Ma le positive Vertragsverletzungen costituiscono una categoria disomogenea dal punto di vista dogmatico, in quanto ad esse vengono ricondotti da un lato l’inesatto adempimento, dall’altro la violazione degli obblighi accessori alla prestazione, onde non risulta agevole comprendere in che modo il risarcimento in forma specifica sia riferibile al primo ed alla seconda, ed in particolare all’inesatto adempimento: si rivela plausibile solo il riferimento alla violazione degli obblighi accessori, ed in particolare degli obblighi di protezione.

Poiché però quest’ultima è l’illecito aquiliano assoggettato alla responsabilità contrattuale in forza del principio di buona fede, ancora una volta il risarcimento in forma specifica, pur recuperato alla responsabilità ex contractu, resterebbe fuori dalla responsabilità per inadempimento della prestazione.

A me invece pare che proprio con riguardo alla prestazione si rinvenga ampia traccia del risarcimento in forma specifica.

Anzitutto la condanna all’adempimento, nei contratti con prestazioni corrispettive, è in realtà una condanna al risarcimento in forma specifica.

Il presupposto sostanziale della relativa domanda giudiziale infatti è che uno dei contraenti non adempia le sue obbligazioni (1453.1), dunque l’inadempimento, sia che l’adempimento sia totalmente mancato, sia che si tratti di adempimento inesatto {la distinzione tra le due ipotesi, tentata da Giorgio Lener, non è plausibile, perché ambedue costituiscono inadempimento (come risulta dalla lettera del 1218 (Responsabilità del debitore), e perciò fonte di responsabilità}.

E l’effetto giuridico indefettibile dell’inadempimento è la responsabilità, concretizzantesi nell’obbligazione di risarcimento del danno (1218).

Il cosiddetto esatto adempimento dunque non può essere che risarcimento e, per la corrispondenza in natura all’interesse violato, risarcimento in forma specifica.

Ciò non basta a rendere di pari contenuto tale risarcimento con quello per equivalente domandato con la risoluzione del contratto.

Oltre ad essere diversi nella forma, questi due risarcimenti lo sono pure nel contenuto in quanto il danno al quale si riferiscono è differente, in corollario della diversità di interesse perseguito: per il primo l’interesse all’adempimento giustificato dal permanere del rapporto voluto dalle parti, e specificamente della controprestazione; per il secondo, l’interesse deluso dall’inadempimento dell’altra parte, interesse che però non può più esser quello alla prestazione, sia pure da soddisfare per equivalente.

Infatti in seguito alla risoluzione è venuta meno anche la controprestazione.

{Questa differenziazione non significa smentita della tesi – da noi sostenuta – dell’identità di valore che deve caratterizzare il risarcimento del danno in ciascuna delle due forme, specifica e per equivalente.

L’identità infatti presuppone identità del danno, al quale le due forme di risarcimento facciano riferimento o, se si vuole, l’identità di interesse.

Solo, si chiarisce che l’interesse perseguito mediante la domanda di adempimento è diverso da quello fatto valere mediante la domanda di risoluzione del contratto, anche se identico è il presupposto di inadempimento}.

In seguito all’introduzione del risarcimento in forma specifica come forma di tutela nei confronti della p.a., anche tra i cultori di diritto amministrativo si è posta la questione se quello che il d. lgs. 80/1998 al 35.1 e la l. 205/2000 al 7 (Modifiche al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80) chiamano “reintegrazione in forma specifica” sia un’azione di adempimento nei confronti della p.a.

A simile prospettazione si è opposto che mentre l’azione di adempimento è volta ad indurre la p.a. ad adempiere la sua obbligazione, il risarcimento in forma specifica consisterebbe in una prestazione diversa da quella dovuta (così Roberto Chieppa).

Ma il risarcimento in forma specifica è previsto dal 2058 (Risarcimento in forma specifica) solo per la responsabilità aquiliana, relativamente alla quale non ha senso parlare di prestazione diversa, per il fatto che una prestazione non preesiste rispetto all’obbligazione risarcitoria.

Sicché, volendo trasporre il risarcimento in forma specifica in àmbito contrattuale, si tratta di individuare quali fattezze esso possa avere; non si può cioè partire da una definizione precostituita, tanto più esemplata su un presupposto, l’esistenza di un rapporto obbligatorio inadempiuto, che non è quello al quale fa riferimento il 2058 (Risarcimento in forma specifica).

Il fatto poi che con riguardo all’azione di adempimento non si possa porre una questione di eventuale eccessiva onerosità (Salvatore Mazzamuto), visto che si tratta proprio della prestazione dovuta che il creditore domanda al debitore in seguito all’inadempimento, mette in luce solo gli adattamenti necessari ai quali la figura va incontro nel trasporsi in àmbito contrattuale.

Infine, quanto all’argomento che l’azione di adempimento, diversamente dal risarcimento in forma specifica, può proporsi anche quando non vi sia danno (Andrea Nicolussi), esso prova troppo: perché se non vi è danno, vuol dire che non vi è interesse alla prestazione e perciò nemmeno l’azione di adempimento può essere esercitata, atteso che l’obbligazione presuppone l’interesse del creditore ed in mancanza di questo si estingue [1174: Carattere patrimoniale della prestazione].

Alla conclusione che l’azione di adempimento è domanda di risarcimento in forma specifica non può opporsi che il 1453 (Risolubilità del contratto per inadempimento) fa salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno, con il che – si potrebbe ritenere – viene testualmente esclusa la possibilità di identificare col risarcimento (in forma specifica) l’adempimento che si verifichi all’interno di una situazione di inadempimento, cioè dopo che il debitore si sia reso inadempiente (invece si pronuncia in questo senso Adolfo di Majo).

Il legislatore assume nella specie il risarcimento come quello per equivalente, ma l’interprete deve riconoscere la vera natura giuridica degli effetti previsti dalla legge, al di là del nomen iuris adoperato dal legislatore.

Il risarcimento per equivalente non solo non esclude quello in forma specifica, ma si accompagna a quest’ultimo quasi necessariamente per ristorare il danno che la misura specifica non è in grado di “coprire” {evidentemente Pier Giuseppe Monateri non ha letto questa frase quando ha ritenuto di potermi imputare il pensiero opposto; il risarcimento in forma specifica non può costare più di quello per equivalente, ma certamente può costare di meno del danno da risarcire, quando sia in grado di coprire il danno solo in parte, come pure prevede il 2058.1, sicché l’ammanco va integrato per equivalente}.

Infatti il risarcimento in forma specifica consente al creditore di conseguire ugualmente quanto gli spetta, ma oltre il termine previsto.

In questa prospettiva il cosiddetto adempimento tardivo eseguito da un debitore in mora, e perciò responsabile per inadempimento, è risarcimento in forma specifica.

In questo caso la prestazione, apparentemente identica a quella dovuta (ma ad essa occorrerà aggiungere il risarcimento per equivalente del ritardo) ha mutato titolo e risulta fondata sull’inadempimento.

Verificatosi quest’ultimo, infatti, “l’originario dovere di prestazione si estingue” e ad esso si sostituisce l’obbligazione risarcitoria {Luigi Mengoni; l’adempimento tardivo invece dovrà considerarsi vero e proprio adempimento nell’ipotesi in cui il creditore, ricevendo la prestazione, rinunci al risarcimento del danno, ma in tal caso si sarà operata una purgazione della mora}.

Ma il ritardo in sé non potrà che essere sanzionato col risarcimento per equivalente.

Il cosiddetto esatto adempimento non è più adempimento, per il presupposto che gli è necessario, l’inadempimento.

Maria Rosaria Marella ritiene incoerente con l’idea che le due forme di risarcimento non possono rappresentare costi diversi l’identificazione dell’esatto adempimento col risarcimento in forma specifica, perché l’esatto adempimento comporterebbe un sacrificio diverso rispetto al risarcimento (per equivalente).

Ma l’argomento è assiomatico: in ogni caso non tiene conto della necessità di associare alla misura specifica il risarcimento per equivalente, al fine di ristorare integralmente il danno}.

Ciò anche nel caso in cui dall’inadempimento risulti come conseguenza immediata e diretta una degenerazione reale che, pur nei limiti della non eccessiva onerosità e della possibilità, il risarcimento in forma specifica sia in grado di risolvere (si pensi all’obbligazione di rifare il tetto di una casa, dal cui inadempimento derivino danni all’edificio che comportino ulteriori opere di manutenzione).

Più in generale, si accolga o meno la tesi autorevolmente prospettata da Michele Giorgianni secondo cui si deve affermare un diritto del creditore ad un nuovo esatto adempimento o all’eliminazione, ove possibile, dei difetti della prestazione già effettuata, quantomeno nelle ipotesi nelle quali è la legge a prevedere la “ripetizione” dell’adempimento od una prestazione correttiva che consenta al creditore di conseguire il risultato dovuto, il comportamento al quale il debitore viene ulteriormente obbligato non può essere confuso con l’adempimento, che in ipotesi è mancato per l’inesattezza della prestazione: perché si tratta di risarcimento in forma specifica, essendo l’obbligazione risarcitoria la prevista sanzione dell’inadempimento (e non l’adempimento).

Rimane confermato anche da questa prospettiva che nella responsabilità contrattuale, verificatosi l’inadempimento, sul piano formale non si può più parlare di adempimento, perché l’inadempimento fa nascere la responsabilità, la quale consiste nell’obbligazione di risarcimento: è sempre tale la condotta solutoria successiva all’inadempimento.

Dunque la domanda di adempimento, sia che questo non sia stato eseguito sia che abbia avuto esecuzione inesatta, realizza l’interesse specifico del creditore in quanto gli permette di conseguire, con il ritardo che non consente più di chiamare adempimento la prestazione poiché ormai essa è dovuta a titolo di risarcimento, ciò che il creditore aveva il diritto di attendersi dal debitore.

Per questo profilo, che formalmente si traduce nel principio dell’adempimento in natura, il risarcimento in forma specifica nella responsabilità contrattuale, diversamente dalla responsabilità aquiliana, risulta prioritario rispetto al risarcimento per equivalente.

Al novero del risarcimento in forma specifica va ascritto anche il nuovo adempimento sanante come è previsto dai Principi di diritto europeo dei contratti per l’ipotesi in cui essendo stata rifiutata dal creditore l’offerta della prestazione per difetto di conformità con quella prevista dal contratto, il debitore può offrire una nuova prestazione conforme ovvero il creditore pretenderla.

Lo stesso deve dirsi per il caso di riparazione o sostituzione del bene ad opera del venditore, come prevede il 1519-quater (Diritti del consumatore), ora 130 Cod. cons. (Diritti del consumatore), nella disciplina della vendita di beni di consumo, introdotta in attuazione della direttiva 44/1999.

Ciò sembra confermato anche dal punto di vista testuale, perché il 1519 quater comma I esordisce con l’affermazione generale, sotto la quale si collocano i rimedi previsti dai commi successivi, secondo cui “il venditore è responsabile nei confronti del consumatore”.

Tra le ipotesi tipiche di risarcimento in forma specifica vanno poi annoverate quelle degli artt. 1515 [Esecuzione coattiva per inadempimento del compratore; il quale al I comma dichiara che Se il compratore non adempie l’obbligazione di pagare il prezzo, il venditore può far vendere senza ritardo la cosa per conto e a spese di lui] e 1516 [Esecuzione coattiva per inadempimento del venditore; il cui I comma così recita: Se la vendita ha per oggetto cose fungibili che hanno un prezzo corrente […], e il venditore non adempie la sua obbligazione, il compratore può fare acquistare senza ritardo le cose, a spese del venditore […]], ove il riferimento testuale al risarcimento (per equivalente) del maggior danno sta ad indicare che il rimedio previsto dalle norme menzionate va ascritto complessivamente al genus risarcimento, non potendo che rientrare in quest’ultimo il rimedio relativo al danno-base.

Ora il 135 Cod. cons. (Tutela in base ad altre disposizioni) in materia di vendita di beni di consumo fa salvi i diritti derivanti da altre norme e perciò anche quello al risarcimento del danno (per equivalente) della disciplina generale della vendita, previsto al 1494 (Risarcimento del danno).

{È forse un’aggiunta che era opportuno evitare precisare che in favore del consumatore rimane la tutela derivante in generale dal 2043 (Risarcimento per fatto illecito) e dal d.p.r. 224/1988 nel caso di danno imputabile al produttore (così ad es. Giovanni De Cristofaro).

Sarebbe stato opportuno evitare questa aggiunta perché da un lato è ovvia, dall’altro può risultare fuorviante in quanto rischia di non mettere abbastanza in evidenza che i presupposti di applicabilità di queste norme sono diversi da quelli che riguardano la vendita di beni di consumo: in quest’ultima il consumatore ha di fronte il suo venditore, mentre negli artt. 114-127 Cod. cons. (cioè nel Titolo II, Responsabilità per danno da prodotti difettosi, della Parte IV, Sicurezza e qualità) ha di fronte il produttore e nel 2043 (Risarcimento per fatto illecito) qualunque soggetto al quale sia imputabile il fatto doloso o colposo che gli abbia cagionato un danno.

Se diversi sono gli elementi di fattispecie, è ovvio che quando essi si presentino si applichino le norme che li contemplano.

Il problema diventa veramente tale invece quando gli stessi elementi di fatto sono contemplati da norme diverse: in questo caso si ripropone il problema del concorso tra norme e si tratta di stabilire se esso sia apparente, nel qual caso avrà applicazione una sola delle discipline astrattamente applicabili, od invece l’una o l’altra alternativamente o l’una e l’altra cumulativamente.

Tale questione si presenterà quando il venditore del bene ne sia anche produttore.

I punti di riferimento per risolverla sono due.

Da un lato il 114 Cod. cons. (Responsabilità del produttore), nel prevedere che Il produttore è responsabile del danno cagionato da difetti del suo prodotto, non distingue secondo che il produttore sia o no controparte contrattuale di colui che subisce il danno: la responsabilità dunque potrà riguardare anche il produttore-venditore del bene di consumo nei confronti del consumatore-acquirente diretto.

Dall’altro gli artt. 128 ss. Cod. cons. non disciplinano il risarcimento, sicché il consumatore potrà far valere il danno ex 114 ss. Cod. cons. quando questo sia cagionato dal bene acquistato, del quale sia produttore colui che glielo ha venduto}.

Questo conferma il cumulo tra risarcimento in forma specifica e risarcimento per equivalente, quest’ultimo riferito al maggior danno, secondo la dicitura degli artt. 1515 (Esecuzione coattiva per inadempimento del compratore) e 1516 (Esecuzione coattiva per inadempimento del venditore), il primo costituito invece dall’adempimento sanante di cui al 130 Cod. cons. (Diritti del consumatore).

 

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