Il pagamento può non essere adeguato al fine di un’effettiva soddisfazione dell’interesse del creditore se sia bensì quantitativamente e qualitativamente conforme al contenuto dell’obbligazione, ma esistano legittime pretese che i terzi siano in grado di far valere contro il creditore sulle cose che sono oggetto della prestazione. Tale è il caso del pagamento eseguito con le cose altrui (1192).
Lo schema presupposto dal codice si riferisce soprattutto ai casi in cui il trasferimento della proprietà delle cose sia l’effetto, oltre che del titolo, del pagamento stesso. Devono distinguersi due ordini di ipotesi: che il creditore consegua ugualmente la proprietà delle cose; che un tale effetto non si produca. Si ha una singolare inesattezza, concettualmente non assimilabile alle ipotesi dell’inesattezza quantitativa e qualitativa.
Si tratta di un riflesso della condizione giuridica dell’oggetto della prestazione, al quale non consegue un’immediata insoddisfazione del credito ma il pericolo di un pregiudizio futuro o comunque di una contestazione destinata a un esito negativo. Il pagamento eseguito con le cose altrui può essere impugnato dal creditore che lo abbia ricevuto in buona fede, salvo il diritto al risarcimento del danno (1192 comma 2).
Anche il debitore può impugnarlo per sottrarsi alla responsabilità nei confronti del terzo proprietario: ma soltanto a condizione che offra di eseguire la prestazione dovuta con cose di cui può disporre (1192 comma 1). Di impugnazione del pagamento si può parlare anche nel caso dell’incapace (1191). Nel caso di impugnazione concessa al creditore è sufficiente l’intimazione al debitore di riprendersi le cose consegnate. Cade il titolo dell’acquisto della proprietà (1153); il debitore è nuovamente nella condizione di essere tenuto a eseguire la prestazione dovuta.
Egli ha diritto alla restituzione delle cose consegnate: il precedente pagamento ha perso la sua giustificazione originaria. Nell’ipotesi dell’impugnazione concessa al debitore è necessaria anche l’offerta reale, con riguardo a cose di cui il debitore possa disporre (1192 comma 1). La singolare impugnativa del debitore è stata identificata con un’azione di ripetizione condizionata all’offerta dell’esatto adempimento.
Le modalità di impugnazione sono diverse, l’effetto sembra identico. Il risarcimento del danno, nel caso di impugnazione del debitore è escluso. Al debitore fanno carico le spese, salvo quelle di giustizia, che si fossero rese necessarie a causa dell’ingiustificato rifiuto del creditore di aderire all’offerta. Dubbi sono stati prospettati con riguardo al coordinamento delle norme di cui agli art. 1479 e 1192; la prima norma consente al creditore ignaro dell’altruità della cosa e al quale il venditore non abbia ancora fatto acquistare la proprietà, di chiedere la risoluzione del contratto; la seconda sembra consentire al debitore di evitare la risoluzione con l’offerta di cose di cui possa disporre.
L’opinione che considera inapplicabile l’art. 1192 è stata respinta in base alla considerazione secondo cui dal sistema della vendita di cose generiche si trarrebbe un primato dell’interesse del debitore a evitare la risoluzione per il tramite di un adempimento esatto. La regola dell’art. 1192, nel prevedere una regolare rinnovazione del pagamento, sarebbe coerente con una tale ricostruzione del sistema.