Anche la Cassazione (6507/2001) ha affermato che in materia di diritti della persona la prova della lesione è in pari tempo prova dell’entità della perdita e che, provata la lesione, il danno è in re ipsa.

Una linea di tendenza simile si coglie in common law, nella categoria del damage per se, cioè di una lesione dalla quale origina un’azione risarcitoria senza che sia necessaria la prova del danno.

Ciò in base all’affermazione che il danno non è solo di natura pecuniaria (noi diremmo patrimoniale), perché la lesione di un diritto implica come tale un danno quando si traduce nell’impedimento all’esercizio del diritto stesso, ovvero esiste un principio più ampio di quello che prevede il risarcimento del danno (provato), e cioè che l’offesa di un diritto fa presumere il danno.

{Neuner nel teorizzare il concetto normativo di danno, identificandolo con la lesione di un interesse giuridicamente protetto, richiamava proprio la categoria dei torts actionable per se, nei quali il danno finisce con l’identificarsi con la lesione di un diritto, costituendo l’illecito senza la necessità di un danno inteso come perdita patrimoniale}.

È da rilevare tuttavia una precisa caratteristica del risarcimento nel damage per se: la funzione non riparatoria che in questo caso esso assume fa sì che la condanna sia solo ad un risarcimento puramente di nome.

In common law, dunque, si parla di lesione del diritto quando parlare di danno appaia superfluo od incongruo, con una sostanziale assimilazione dell’offesa al danno.

Si neutralizza in tal modo l’esigenza di prova del danno e la tutela della vittima viene ancorata direttamente all’affermazione del diritto che si assume leso.

Allora la responsabilità civile assume un ruolo di tutela dei diritti, oltre a quello tradizionale di riparazione del danno.

E questa funzione di tutela dei diritti viene chiamata costituzionale da Tony Weir.

Ciò è accaduto pure nel nostro ordinamento relativamente al danno biologico con la sentenza 184/1986.

Questa ha adottato un modello alternativo che tende a diventare generale nella materia dei diritti della persona, con la neutralizzazione del danno come conseguenza della violazione di una situazione soggettiva e l’identificazione di esso con la violazione medesima.

A tale modello, che sul piano teorico può essere ascritto alla concezione normativa del danno {risalente a Neuner, il quale mise in evidenza una serie di ipotesi nelle quali non si rinviene un danno come perdita patrimoniale e perciò il risarcimento che pur se ne fa derivare si fonda in presa diretta sulla lesione dell’interesse protetto dalla norma}, sembra ora richiamarsi la Cassazione nella sentenza 6507/2001, quando afferma che nella lesione dei diritti della persona il danno è in re ipsa.

Ma un modello del genere, plausibile per il danno biologico, poiché esso come lesione dell’integrità psico-fisica suscettibile di accertamento medico-legale consente una rilevazione empirica che in pari tempo associa l’an ed il quantum, non è applicabile, come invece dice la Cassazione, a diritti diversi da quello alla salute, come l’onore e gli altri diritti il cui oggetto è la personalità, che è categoria immateriale.

Qui si pone allora un’alternativa: o si teorizza ancora una volta l’identità del danno con la lesione o si dice che la prova del danno non è dovuta perché non è possibile.

Ma in questo secondo caso, poiché ciò che non è provato non ha dimensione, la conseguenza sarebbe l’impossibilità del risarcimento, dato che questo invece ha bisogno di un valore col quale commisurarsi.

D’altra parte pure nella prima alternativa, quella dell’identificarsi del danno con la lesione, il risarcimento non trova il proprio oggetto, perché la lesione di un diritto come tale non ha alcun valore economico, questo attestandosi sul piano dell’essere, quello sul piano del dover essere.

Eppure un risarcimento deve esserci perché un danno si dice esservi prima e a prescindere dalla prova.

Siamo nella medesima aporìa nella quale da sempre si trova il danno non patrimoniale disciplinato dal 2059 (Danni non patrimoniali), per definizione irriducibile alla valutazione economica e però costretto in essa dalla volontà della legge quando lo si deve risarcire.

Ma questo nuovo danno non patrimoniale, che ha in comune con quello disciplinato dal 2059 il profilo negativo della insuscettibilità di valutazione economica, in quanto danno costituito dalla lesione dei diritti della persona, trova nella Costituzione e nel catalogo dei diritti in essa presente l’innesto di diritto positivo che renderebbe il risarcimento compatibile col limite dei casi determinati dalla legge.

La Cassazione però ritiene più prudente seguire il modello adottato dalla Corte costituzionale per il danno alla salute nella sentenza 184/1986, ed àncora la tutela risarcitoria di tali diritti al 2043.

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