Resta opportuno, comunque, riprendere l’esame della collocazione dell’effetto reale nella dinamica negoziale. Fondamentale al riguardo è la regola contenuta nell’art. 1376 c.c. (Contratti con effetti reali) che attribuisce immediata efficacia traslativa al consenso legittimamente manifestato. Si è già detto che il principio di sufficienza del nudo patto alla produzione dell’effetto traslativo rende quest’ultimo estraneo all’area assegnata dal novero dei rapporti obbligatori che si riannodano al contratto (nella compravendita: consegna della cosa/pagamento del prezzo; il contratto di compravendita è validamente concluso a prescindere dalla consegna della cosa o dal pagamento del prezzo). Per dare correlazione all’obbligo di pagamento del prezzo, che la sola consegna non riesce a giustificare, si è soliti allora scindere il negozio ad efficacia reale in due tronconi:

  • Il primo, che traduce all’esterno l’effetto attributivo assicurato direttamente dalla legge in presenza di una dichiarazione negoziale perfezionata;
  • Il secondo, che compendia la sintesi delle posizioni specifiche assunte dalle parti in ordine al bene.

Non è facile spiegare perché il nostro codice riserva ai terzi una speciale tutela anche nel caso in cui il negozio di trasferimento sia affetto da invalidità. Citiamo l’art. 1445 c.c. secondo il quale “l’annullamento che non dipende da incapacità legale non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso da terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di annullamento”, nonché l’art 1415 c.c., dettato in tema di acquisti dal simulato acquirente, secondo il quale “la simulazione non può essere opposta, né dalle parti contraenti, né dagli aventi causa o dai creditori del simulato alienante, ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare apparente, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione”.

Le due norme sembrano accordare al fenomeno della circolazione dei beni una sorta di maggiore favor verso la stabilità delle modificazioni intervenute rispetto al contratto che sostiene il fenomeno stesso. Ci sembra allora di condividere l’indirizzo di ritiene che l’effetto reale sia il prodotto di una situazione legale determinata dal semplice verificarsi del fatto contrattuale, così che il rapporto di causalità giuridica tra dichiarazione ed effetto va ricercato nella legge, al di fuori di ogni riferimento alla volontà.

In alcune ipotesi riferibili alla figura della vendita obbligatoria viene sottratto alla predeterminazione legale e ricondotto ad eventi generati dalle parti secondo la sequenza, propria dei contratti ad effetti obbligatori, situazione mezzo/situazione risultato. In queste ipotesi l’effetto traslativo sarebbe il risultato della necessaria cooperazione dell’alienante a che l’oggetto del contratto venga ad esistenza (art. 1472, vendita di cosa futura); sia specificato (art. 1378, vendita di cosa generica); o venga acquistato dal terzo proprietario (art. 1478, vendita di cosa altrui).

Nella vendita obbligatoria il venditore non impegna un proprio comportamento in funzione del passaggio della proprietà della cosa in quanto questo è oggettivamente impossibile in ragione di vicende collegate all’oggetto e non alla produzione dell’effetto traslativo. Se si vuole parlare, nella vendita obbligatoria, di una cooperazione richiesta al venditore è chiaro che questa ha la funzione di rimuovere l’ostacolo derivante dalla consistenza oggettiva del bene, rimanendo estranea allo schema causale dell’atto [lo schema obbligatorio risulta allora contraddistinto dall’impegno di realizzare quegli eventi materiali che fungano da presupposto per l’operatività traslativa del consenso].

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