Riguardo al peso della normazione originata dalle autorità amministrative indipendenti, si scorgono, secondo Del Prato, due orientamenti:

  1. da una parte vi è l’esigenza di ricostruire il diritto privato senza il condizionamento della preventiva quantificazione delle fonti in senso formale: il diritto privato è il regime delle relazioni intersoggettive anche quando esse sono veicolate e vincolate da potestà pubblicistiche
  2. dall’altra parte vi è il primato della legge: la normazione delle autorità indipendenti opera nella cornice della disciplina primaria che istituisce l’autorità e va interpretata nella prospettiva dei principi costituzionali e della normazione primaria che reggono l’autonomia dei privati.

Un’altra constatazione è data dall’assorbimento da parte della normazione secondaria cogente di fattispecie e materie originariamente coperte dagli usi.

Dunque, se alla sussidiarietà si attribuisce quel significato ampio che oltrepassa il dettato costituzionale, la normazione delle autorità indipendenti ne esprime la negazione, perché sottrae all’iniziativa dei privati la compiuta disciplina delle loro relazioni.

Ma si tratta di scelte normative la cui invasività si giustifica con l’esigenza di incidere su rapporti tra soggetti aventi istituzionalmente posizioni disomogenee per salvaguardare l’interesse della parte meno organizzata e perciò tendenzialmente priva del potere di foggiare il regime del rapporto direttamente o mediante la formazione di una prassi.

Da una prospettiva diversa, la normazione delle autorità indipendenti, per la specialità degli interessi che esse sono chiamate a regolare, si atteggia, invece, come un modello di sussidiarietà, in quanto la normazione primaria crea istituzioni specializzate per reggere determinate materie, istituendo altrettanti ordinamenti sezionali.

Ma anche in questa accezione la sussidiarietà esula dal dettato costituzionale perché qui la sussidiarietà è data dalla devoluzione del potere normativo ad un ente svincolato, almeno formalmente, dal potere esecutivo e dagli enti territoriali minori. Si tratta quindi di una forma di delegificazione a vantaggio della normazione secondaria.

Il principio pone come parametro costituzionale di valutazione della normativa la primaria e di quelle secondarie. Le regole sono conformi al dettato costituzionale quando pongono meccanismi di controllo e vigilanza sull’esercizio dell’autonomia privata funzionali all’interesse generali.

L’ipotesi circa il modo in cui le autorità indipendenti possono occupare lo spazio della sussidiarietà sociale si risolve in una riflessione di carattere generale sulla produzione delle relative discipline sezionali e consente di ricavare principi applicabili agli interventi di normazione secondaria nelle attività comprese nell’ambito della sussidiarietà.

Sovente l’attività di regolazione è attribuita dalla legge all’autorità amministrativa: si tratta di una forma intensa di delegificazione, tale da risolversi in una vera e propria dismissione del potere normativo da parte del legislatore ordinario. Ciò impone di ricercare un criterio di sindacato della conseguente normazione.

Una soluzione potrebbe essere la creazione di un obbligo a carico dell’autorità avente ad oggetto la partecipazione consultiva degli interessati alla costruzione della disciplina.

Questo costituisce un modello partecipativo da applicare agli interventi di normazione secondaria nelle materie rette dal principio di sussidiarietà sociale; tale modello deve operare in assenza di regole predeterminate, per tutte le forme in cui la sussidiarietà si manifesta.