l Art.2050: “Responsabilità per l’esercizio di attività pericolose”.
Stabilisce che: ”Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.”
Il problema è stabilire quando un’attività è pericolosa. In termini generali l’attività pericolosa è un’attività che potenzialmente può arrecare danno.
In questo caso è importante l’attività compiuta dal soggetto nel corso della quale il danno si è verificato.
Nella moderna società industriale l’art.2050 è stato applicato nella maniera sempre più frequente anche ad attività non ritenute pericolose.
Infatti la giurisprudenza ha ritenuto pericolosa l’attività industriale .
Altra attività definita pericolosa di recente, è l’attività di erogazione dell’energia elettrica.
Ancora, attività pericolosa è l’attività di produzione e distribuzione di farmaci.
Ancorala Cassazioneha spesso ritenuto pericolosa l’attività edilizia: in particolare quando si intraprendono particolari opere dalle quali può derivare danno a persone o cose.
Altro caso, è l’attività di trattamento dei dati personali:la legge sulla privacy considera pericolosa l’attività di possedere,divulgare dati personali.
In altri casi la giurisprudenza ha negato l’applicazione dell’art.2050: es.attività bancaria=la banca rispondere delle rapine perché è un’attività pericolosa; es.gestione degli impianti di sci.
Quando si applica l’art.2050 il soggetto risponde indipendentemente da ogni sua colpa. Chi è considerato responsabile non si libera dimostrando di non avere colpa. Si libera dimostrando di aver utilizzato tutte le misure idonee ad evitare il danno.
Si esige la dimostrazione di aver fatto tutto quanto è umanamente e tecnicamente possibile per evitare il danno. Il che significa che la prova liberatoria non è mai raggiunta; c’è sempre qualcosa che poteva essere fatto in più per evitare il danno. La prova in astratto è possibile, in concreto però non viene mai considerata raggiunta.
l Art.2054: “Circolazione di veicoli”.
1°comma: “Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.”
Risponde anche se non è in colpa.
Infatti il conducente si libera non dimostrando di essere libero da colpa, ma dimostrando di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.
Sono casi rarissimi in cui si riesce a dare la prova.
Il carattere oggettivo della responsabilità del conducente è ulteriormente aggravato dal fatto che, a norma dell’ultimo comma dell’art.2054, si risponde del danno anche se il danno deriva da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo. E’ chiaro che poi il proprietario o il conducente potranno rivalersi. Ma cmq essi rispondono del danno.
Nel caso di scontro tra veicoli vale una presunzione relativa (cioè suscettibile di prova contraria): 2°comma, art.2054: “Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli.”
Quando vi è uno scontro, ciascuno dei conducenti è responsabile al 50%. E’ una presunzione relativa, quindi ciascun conducente può fornire la prova o che la responsabilità dell’altro è esclusiva (es. tamponamento), o che la responsabilità è da attribuire all’altro conducente in misura superiore alla metà.
Di fondamentale importanza è la circostanza che l’art.2054 oggi si applica anche nei confronti del terzo trasportato., il passeggero.
Mentre un tempo si applicava l’art.2043, al terzo trasportato il quale doveva dimostrare la colpa del conducente.
Oggi i danni da sinistro stradale sono risarciti dalle compagnie assicurative, non direttamente dal conducente o proprietario.