Probabilmente l’idea che il possesso si traduca in un valore organizzativo delle fortune che fanno capo al possessore supera l’ambiguo ricorso al requisito dell’animus. Questo requisito ha il compito di percepire il fatto materiale come valore giuridico. Il soggetto quindi diventa elemento di raccordo tra fatto e conseguenze volute dall’ordinamento. Il valore organizzativo invece consente di collocare un insieme di atti e fatti in un contesto di relazioni che prescindono da apprezzamenti soggettivi. Un esempio della utilità di una prospettiva che utilizzi i significati organizzativi del possesso è ritrovabile in tema di azienda, dove non è richiesta l’appartenenza formale dei beni all’imprenditore essendo sufficiente il semplice possesso.
Ispirati alla medesima ratio sono i criteri di soluzione del conflitto che viene a determinarsi tra l’autore dello sfruttamento di un bene e il proprietario, orientati a fornire protezione al possessore in buona fede che ha svolto la gestione produttiva del bene; ovvero il regime delle indennità dovute dal proprietario al possessore per le riparazioni, miglioramenti e addizioni. Crediamo che tale prospettiva assecondi le ipotesi nelle quali il potere esercitato su di una cosa si riannodi ad una trama di interessi che sono espressione di contesti organizzativi della vita individuale. Basti pensare all’estensione della tutela possessoria al convivente more uxorio della legittimazione attiva all’azione di reintegrazione o di manutenzione recuperatoria contro l’altro convivente che lo abbia estromesso dall’abitazione comune.
A questo punto è opportuno riprendere il tema della definizione di possesso contenuta nell’art. 1140 c.c., che costruisce il possesso come un potere sulla cosa che si manifesti in un’attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà o di altro diritto reale. Autorevole dottrina (Fedele, Belvedere) avanzarono dubbi sul valore normativo della fattispecie descritta dall’art. 1140 che: 1) unifica possessi qualitativamente diversi; 2) ostacola l’interpretazione estensiva della nozione di “potere sulla cosa”; 3) non dice nulla sull’acquisto, all’esercizio del diritto e alla perdita del possesso. Recenti tendenze della giurisprudenza garantiscono sempre di più, in chiave possessoria, la figura del detentore, secondo una prospettiva nella quale sembrano prevalere interessi e valori legati all’organizzazione economica, lavoro e famiglia.
In altri termini, si ha l’impressione di una relativizzazione del possesso nella quale l’antica possessio rei ne è parte ma non il tutto.