L’essenza della condizione matrimoniale è data dalla comunità per tutta la vita (consortium totius vitae: can. 1055) che comporta il dovere di osservare la coabitazione tra gli sposi, quindi la comunanza di letto, di mensa e di abitazione (communio tori, mensae et habitationis). Questo dovere può venire meno solo per: adulterio, grave compromissione del bene spirituale o corporale di uno dei coniugi o della prole, la durezza della vita comune (cann. 1151 – 1155). La separazione consiste nella possibilità di vivere separatamente per cause legittime mantenendo fermo il vincolo coniugale.

Il diritto canonico tende a favorire sia il perdono sia la riconciliazione tra i coniugi, ferma restando che la separazione non fa venire meno l’obbligo della fedeltà e della indissolubilità come gli obblighi per il sostentamento e l’educazione dei figli. La separazione personale dei coniugi battezzati è di competenza dell’autorità ecclesiastica (can. 1692) anche se non esclude una competenza dell’autorità civile (can. 1692).

Tuttavia la possibilità di deferimento della causa al giudice civile non legittima i coniugi cattolici a separarsi a condizioni diverse da quelle previste dal diritto canonico. Il matrimonio canonico è perpetuo e indissolubile, una volta che sia rato e consumato non può essere sciolto per nessuna ragione e da nessuna autorità, pertanto viene meno solo con la morte di uno dei coniugi (can. 1141). Esistono tuttavia due casi di scioglimento del vincolo matrimoniale, la ragione è che solo il matrimonio rato e consumato è per diritto divino assolutamente indissolubile, gli altri matrimoni non godono di una indissolubilità estrinseca assoluta mancando l’elemento della consumazione o della sacramentalità.

Il primo caso è quello del matrimonio rato e non consumato tra battezzati o tra una parte battezzata ed una non battezzata, viene detta dispensa dal matrimonio rato e non consumato (can. 1142; per il procedimento cann. 1697 – 1706). Se è vero che il matrimonio canonico ha come unica causa efficiente il consenso, è anche vero che solo con la consumazione si realizza quell’una caro in cui gli sposi divengono integralmente una cosa sola e si compie radicalmente il dono reciproco di sé, dono che non può più essere ripetuto.

Nella dispensa super rato la mancata consumazione impedisce l’attuazione nella sua pienezza del segno sacramentale dell’unione fra Cristo e la Chiesa. La non consumazione, per poter essere causa dello scioglimento, non deve derivare da anomalie fisiche o psichiche che impediscono la copula perché si rientrerebbe nella fattispecie tipica dell’impotenza. Per poter ottenere lo scioglimento la non consumazione deve verificarsi dopo la celebrazione del matrimonio, deve essere debitamente accertata dalla Santa Sede e deve inoltre sussistere una giusta causa: ad es. l’odio tra i due coniugi, se è stata chiesta la separazione civile ecc.

Lo scioglimento avviene con provvedimento pontificio di dispensa che può essere richiesto da entrambi i coniugi o da uno solo anche se l’altro sia contrario; è un provvedimento di carattere amministrativo che viene concesso dal Pontefice e si dice dato “graziosamente” cioè come grazia per cui i coniugi non hanno un diritto soggettivo ad ottenerlo ma una mera aspettativa. La facoltà pontificia di sciogliere si estende al di là del solo matrimonio rato; la dispensa si può avere infatti anche nel caso di matrimonio tra un battezzato e un non battezzato.

L’altro caso è il cosiddetto privilegio paolino, perché trova fondamento teologico nella prima lettera ai Corinti di s. Paolo. Il can. 1143 prevede le condizioni per sciogliere un matrimonio naturale anche se sia stato consumato ma che sia contratto: tra non battezzati; se successivamente uno dei coniugi ha ricevuto il battesimo; se la parte non battezzata non voglia farsi battezzare e non viva pacificamente con il coniuge.

Lo scioglimento avviene quando la parte battezzata celebra a norma del diritto canonico un nuovo matrimonio. A questa fattispecie ne viene assimilata un’altra detta privilegio petrino (cann. 1148 – 1149), cioè quando il pagano poligamo riceve il battesimo e non può o gli è gravoso rimanere solo con il primo coniuge, può scegliere uno fra i vari coniugi e sposarlo canonicamente; oppure quando il pagano che riceve il battesimo non può ristabilire la convivenza con il coniuge naturale a causa della prigionia o della persecuzione.

Nel privilegio paolino lo scioglimento è giustificato dal fatto che il bene della fede prevale sull’indissolubilità; è una rescissione del contratto matrimoniale perché concluso a condizioni inique fra i soggetti che erano ottenebrati dall’intelletto in quanto si trovavano in infidelitate; cioè essi da non battezzati non potevano percepire il primato assoluto del bene della fede. Nel caso della dispensa super rato è una risoluzione del contratto per un vizio attinente al funzionamento dello stesso: la mancata consumazione, la dissociatio animorum.