La curia diocesana

La curia diocesana ha il compito di assistere il Vescovo nella direzione dell’attività pastorale, nell’amministrazione della diocesi e nell’esercizio della potestà giudiziaria. Al vertice della curia c’è il vicario generale, nominato dal Vescovo, a cui spetta di diritto la stessa potestà esecutiva su tutta la diocesi che spetta al Vescovo, cioè la potestà di porre tutti gli atti amministrativi salvo quelli che il Vescovo si sia riservato (can. 479).

E’ una facoltà del Vescovo costituire uno o più vicari episcopali, di sua libera nomina, con la stessa potestà ordinaria che spetta al vicario generale ma circoscritta ad una parte determinata della diocesi, per un determinato genere di affari, per i fedeli di un determinato rito o per un gruppo di persone (cann. 476, 479). Entrambi questi vicari possono essere liberamente rimossi dal Vescovo (can. 477), devono mantenerlo informato sulle attività e non agire mai contro la sua volontà e il suo intendimento (can. 480).

Spetta al Vescovo diocesano coordinare l’attività pastorale dei vicari, curando che l’intera amministrazione risponda al bene della porzione del popolo di Dio che gli è affidata (can. 473). Il cancelliere, invece, provvede alla compiuta redazione degli atti della curia e alla loro custodia nell’archivio o tabularium diocesano (can. 486).

Il consiglio per gli affari economici, presieduto dal Vescovo, è composto da almeno tre fedeli esperti in economia e in diritto civile nominati dal Vescovo per un quinquennio (can. 492); ha il compito ogni anno di predisporre, sotto le indicazioni del Vescovo, il bilancio preventivo della diocesi per l’anno successivo e approvare alla fine dell’anno il bilancio consuntivo delle entrate e delle uscite (can. 493); inoltre è richiesto il suo parere obbligatorio (“consilium”) sugli atti di amministrazione della diocesi di maggiore importanza e il suo consenso (“consensus”) per quelli di amministrazione straordinaria (can. 1277).

L’economo, nominato dal Vescovo sempre per un quinquennio, amministra i beni della diocesi sotto l’autorità del Vescovo, effettua le spese che il Vescovo abbia ordinato e presenta nel corso dell’anno il bilancio delle entrate e delle uscite al consiglio per gli affari economici (can. 494).

 

Il consiglio presbiterale e il collegio dei consultori

Sono due organismi presbiterali che hanno un ruolo nel governo della diocesi, sono previsti dal codice del 1983 e sostituiscono quello che un tempo era il capitolo cattedrale. Il fondamento di questi istituti risiede nel sacramento dell’ordine, in forza del quale i presbiteri sono intimamente associati all’ordine episcopale e chiamati a cooperare con il ministero del Vescovo. Pertanto i sacerdoti costituiscono insieme al loro Vescovo un unico presbiterio destinato a diversi uffici, inoltre nelle singole comunità locali rendono presente il Vescovo e ne prendono gli uffici.

In passato esisteva il capitolo cattedrale, composto dai presbiteri più colti e di maggiore prestigio all’interno della diocesi, a cui veniva concesso l’ufficio di canonico della chiesa cattedrale, realizzando una forma elitaria di senato del Vescovo che aveva importanti funzioni durante la vacanza della sede episcopale e in alcuni casi il compito di eleggere il Vescovo diocesano previa approvazione della Santa Sede. Il codice del 1983 ha introdotto organismi di partecipazione e supplenza al governo fondati su una maggiore rappresentatività del presbiterio.

Il consiglio presbiterale è un gruppo di sacerdoti che, in rappresentanza del presbiterio, formano una sorta di “senato del Vescovo”, cui spetta di coadiuvarlo nell’interesse del bene pastorale dei fedeli (can. 495). E’ un organismo necessario e dotato di propri statuti approvati dal Vescovo, è composto da sacerdoti per la metà eletti dagli stessi sacerdoti della diocesi, altri membri di diritto in virtù del loro ufficio e altri liberamente nominati dal Vescovo (can. 497). La durata in carica è stabilita negli statuti, in modo che il consiglio si rinnovi interamente nel corso di un quinquennio (can. 501). E’ il Vescovo che convoca il consiglio, lo presiede e stabilisce le questioni da trattare. Le funzioni del consiglio sono consultive: il Vescovo deve ascoltarlo negli affari di maggiore importanza e chiede il suo consenso solo in casi espressamente previsti (can. 500).

Fra i membri di questo consiglio il Vescovo nomina liberamente fra i sei e i dodici sacerdoti che per un quinquennio costituiranno il collegio dei consultori. Questo collegio è presieduto dallo stesso Vescovo, ha delle funzioni fondamentali indicate dal diritto, ad es. in caso di vacanza della sede episcopale e per i principali atti di amministrazione dei beni della diocesi. Al capitolo dei canonici, invece, si accede mediante designazione del Vescovo, ha funzioni minori come assolvere alle funzioni liturgiche più solenni e le altre affidategli specificamente dal Vescovo (can. 503, 509).

 

Il consiglio pastorale diocesano

E’ un organismo di rappresentanza dell’intero popolo di Dio, il codice prevede la sua costituzione in ogni diocesi ed è sotto l’autorità del Vescovo. Le sue funzioni sono studiare, valutare e proporre conclusioni operativa su quanto riguarda le attività pastorali della diocesi (can. 511); ha una competenza di carattere generale ma con funzioni meramente consultive (can. 514). Trova il suo fondamento nel sacerdozio comune dei fedeli, che rende corresponsabile l’intero popolo di Dio della missione di salvezza della Chiesa. E’ composto da fedeli in piena comunione con la Chiesa, chierici, religiosi e soprattutto laici, membri per un tempo determinato, scelti per rappresentare tutta la porzione del popolo di Dio tenendo conto delle varie zone del territorio, delle condizioni sociali, delle professioni e delle varie forme di apostolato (can. 512).

Solo il Vescovo ha il compito di convocare e presiedere il consiglio pastorale, almeno una volta all’anno, e di rendere di pubblica ragione le materie trattate (can. 514). Questo organismo porta un rinnovamento conciliare (la Chiesa come popolo di Dio) ma nella nuova codificazione non ha avuto molta considerazione a causa della previsione della sua stessa facoltatività, rendendo opzionale l’istituzione della sola sede di rappresentanza effettiva del popolo di Dio. Il terminale operativo della funzione di governo pastorale della diocesi è la parrocchia, cioè una determinata comunità di fedeli che viene costituita stabilmente nell’ambito di una Chiesa particolare, la cui cura pastorale è affidata ad un parroco quale suo pastore proprio, sotto l’autorità del Vescovo diocesano (can. 515).

 

Il sinodo diocesano

E’ uno strumento di ausilio all’esercizio della funzione legislativa del Vescovo diocesano e, secondo il Vaticano II, meriterebbe di essere maggiormente utilizzato. Nel concilio di Trento si stabilì che il sinodo diocesano doveva essere convocato ogni tre anni, ma col tempo cadde in disuso. E’ l’assemblea dei sacerdoti e degli altri fedeli della Chiesa particolare, per prestare aiuto al Vescovo (can. 460); viene convocato dal Vescovo diocesano, che lo presiede personalmente o tramite il vicario generale o episcopale (cann. 461 – 462). Si tratta quindi di un organismo temporaneo, destinato a cessare una volta esaurita la sua funzione.

Sono membri di diritto, oltre ai vari Vescovi e vicari, i membri del consiglio presbiterale, una rappresentanza di laici eletti dal consiglio pastorale diocesano e alcuni superiori di istituti religiosi, possono essere chiamati anche altri fedeli (can. 463). Il codice prevede che tutte le questioni proposte siano sottomesse alla libera discussione dei membri (can. 465) ma aggiunge anche che nel sinodo diocesano l’unico legislatore è il Vescovo diocesano, infatti gli altri membri hanno solo un voto consultivo ed è solo lui che sottoscrive le dichiarazioni e i decreti sinodali, che possono essere resi pubblici per la sua autorità (can. 466).

Spetta sempre al Vescovo diocesano sospendere o sciogliere il sinodo diocesano (can. 468). Le finalità di questo organismo possono essere: adattare l’applicazione delle leggi generali della Chiesa alle circostanze locali, emanare norme per l’azione pastorale e per il governo della diocesi, stimolare le varie attività e iniziative, correggere gli errori nella dottrina e nei costumi. Vi è un evidente analogia tra il sinodo diocesano e il sinodo dei vescovi, poiché entrambi sono strumenti di ausilio all’esercizio di un ministero conferito ad una persona ma che deve essere svolto al servizio dell’intera comunità ecclesiale o detta communio ecclesiarum.