I fedeli laici possono essere chiamati a collaborare con i ministri sacri (chierici) all’esercizio delle loro tre funzioni. Per quanto riguarda la funzione profetica, o di insegnare, appartiene a tutto il popolo di Dio in ragione del carattere missionario della Chiesa. Esistono infatti modi diversi di partecipare alla funzione di insegnare (munus docendi): è esercitata in modo ufficiale, autentico, autorevole, pubblico dai chierici; in modo non ufficiale e privato dai fedeli comuni. Esistono dei casi però in cui i fedeli laici sono chiamati a cooperare al munus docendi della gerarchia, come si afferma nel can. 759. Si configura una partecipazione del laicato all’insegnamento pubblico della Rivelazione divina, ad esempio il can. 766 dispone che i fedeli laici possono in certe circostanze predicare in una chiesa o in un oratorio, escludendo l’omelia che è riservata ai chierici. Invece il can. 776 afferma che la formazione catechetica è funzione del parroco ma può farsi aiutare anche dai fedeli laici, in particolare dai catechisti che sono chiamati in modo speciale alla prima predicazione del cristianesimo ai non cristiani (can. 784).
Un altro caso si ha nelle associazioni pubbliche di fedeli con lo scopo di insegnare la dottrina cristiana (can. 301), poiché queste associazioni possono essere presiedute da laici (can. 317) ma hanno finalità che si connettono con il munus docendi della gerarchia, quindi sono di diritto pubblico, vengono costituite dalla competente autorità e ricevono la missio per i fini che si propongono di conseguire. Una modalità di insegnamento della gerarchia è l’insegnamento scientifico o dottorale di scienza sacra e secondo il can. 229 anche i laici idonei possono insegnare le scienze sacre.
La funzione di santificare gli uomini (munus sanctificandi), per renderli partecipi della santità di Cristo, è partecipata da ogni fedele in virtù del sacerdozio comune; una speciale funzione di santificazione (es. celebrazione dei sacramenti) spetta solo ai chierici. Questa funzione si trova nel can. 835 in cui sono precisate le varie funzioni che spettano alla gerarchia, in particolare ai Vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, e poi è distinta la particolare forma in cui tutti i fedeli partecipano a questa funzione. Il diritto canonico prevede anche casi in cui i fedeli comuni possono cooperare alla funzione di santificare propria della gerarchia. Il can. 230 dispone ad esempio che i laici di sesso maschile, con l’età e le doti giuste, possono essere stabilmente assunti, mediante rito liturgico, ai ministeri di lettori e di accoliti, cioè dei ministeri istituiti (ufficialmente determinati per speciali compiti e mansioni) distinti dai ministeri di fatto (categoria aperta di servizi alla comunità ecclesiale). Lo stesso canone permette ai laici di svolgere temporaneamente delle funzioni come lettore, commentatore o cantore, nonché, in caso di mancanza di chierici, di svolgere uffici non richiedenti l’ordine sacro. I laici possono inoltre assistere alla celebrazione del matrimonio e amministrare alcuni sacramentali.
Più complessa la cooperazione dei laici alla funzione regale o di governo della Chiesa (munus regendi). Nel can. 129 troviamo che sono abili alla potestà di governo (nella Chiesa per istituzione divina) coloro che hanno ricevuto l’ordine sacro, cioè i chierici, aggiungendo che i fedeli possono cooperare a norma del diritto. A questa disposizione occorre aggiungere il can. 228 secondo cui i laici che risultano idonei sono giuridicamente abili ad essere assunti in quegli uffici ecclesiastici secondo le disposizioni del diritto. Poi sulla base del can. 145, l’ufficio ecclesiastico è qualunque incarico, costituito per disposizione sia di diritto divino sia di diritto umano, da esercitarsi per un fine spirituale. Nel diritto canonico vigente gli uffici ecclesiastici non sono riservati ai chierici ma possono essere conferiti anche ai laici, dunque tra gli uffici si devono distinguere quelli strettamente clericali (stricte clericalia) e quelli meramente laicali per i quali non è richiesto l’ordine sacro.
Esistono casi nei quali il diritto canonico configura la possibilità di conferire ai laici uffici ecclesiastici che comportano la titolarità della potestas regiminis, sia nell’ambito amministrativo che in quello giudiziario. Ad esempio nell’ambito amministrativo la partecipazione dei laici ai consigli pastorali (can. 512), ai consigli per gli affari economici (can. 492) e ai consigli in genere (can. 228); nell’ambito giudiziario i laici possono essere assunti all’ufficio di giudice (can. 1421) così come possono svolgere l’ufficio di assessore (can. 1424). Non è facile quindi comprendere il canone 274 secondo il quale solo i chierici possono ottenere uffici il cui esercizio richieda la potestà di ordine o la potestà di governo, perché sembra contraddire le altre disposizioni.
Per risolvere questo problema la dottrina ha trovato varie soluzioni. Secondo alcuni solo i chierici avrebbero un’abilità permanente alla potestas regiminis e i laici possono solo collaborare con i chierici titolari. Secondo altri nella Chiesa esiste una duplice giurisdizione: una sacramentale e l’altra non sacramentale, detta ecclesiale, che potrebbe essere conferita anche a chi non ha l’ordine sacro. Altri ancora sostengono che solo gli ordinati in sacris avrebbero una pretesa giuridicamente tutelata nell’ordinamento ad ottenere uffici ecclesiastici e i laici di conseguenza potrebbero ottenere uffici ecclesiastici con tale potestà senza che ciò risponda ad un preciso diritto. Si potrebbe più semplicemente dire che in via generale gli uffici ecclesiastici che comportano esercizio della potestà di governo sono riservati ai soli chierici, fatta eccezione per i casi in cui il diritto ammette anche i fedeli laici. In questi casi si tratta di una potestà di governo per il cui esercizio non è necessaria la sussistenza del presupposto dell’ordine sacro. In conclusione possiamo dire che la cooperazione dei fedeli laici alle funzioni dei ministri sacri possono essere considerate come forme di supplenza.