Il matrimonio sacramento è un patto mediante il quale l’uomo e la donna pongono in essere un consorzio per tutta la vita. Se il matrimonio è elevato a sacramento significa che il matrimonio validamente contratto tra battezzati produce gli effetti della grazia sacramentale. La dottrina sul matrimonio è stata elaborata dal Concilio di Trento, essa indica che tra i battezzati non può sussistere un valido contratto matrimoniale che non sia esso stesso un sacramento (can. 1055). Quindi contratto e sacramento non sono opposti ma dal contratto scaturiscono effetti sacramentali. Il matrimonio è l’alleanza fra un uomo ed una donna che danno vita ad una comunità di vita e di amore, ordinata al bene dei coniugi ed alla procreazione ed educazione dei figli (can. 1055).

Per assumere pienamente queste finalità, le caratteristiche essenziali del matrimonio sono: l’unità, esclusione della poligamia, e l’indissolubilità, l’impossibilità di scioglimento del vincolo matrimoniale durante la vita dei coniugi. I fini e le proprietà del matrimonio sono considerati i “bona matrimonii”, espressione derivata da s. Agostino che parla di “bonum prolis, fidei et sacramenti” cioè i tria bona, che nello specifico riguardano la sostanza del matrimonio: il “bonum prolis“ attiene alla procreazione ed educazione della prole; il “bonum fidei” alla fedeltà vicendevole tra i coniugi; il “bonum sacramenti” alla indissolubilità. Il Concilio Vaticano II con la costituzione pastorale “Gaudium et spes” parla del matrimonio come intima comunità di vita e di amore e ha rivalorizzato il rapporto interpersonale, sottolineando la connessione tra la felicità dell’individuo nella società e il buon rapporto coniugale.

Quindi, se il matrimonio è sia contratto sia sacramento, ne deriva che qualora il contratto sia valido sussiste anche il sacramento, se invece il contratto fosse invalido sarà invalido anche il sacramento. Per il matrimonio fra battezzati, la competenza a disciplinarlo giuridicamente spetta alla Chiesa, competenza che ha sempre rivendicato rispetto ai poteri civili, soprattutto dalla fine del Settecento in poi quando gli Stato hanno iniziato ad intromettersi con una disciplina propria (matrimonio civile). La Chiesa rivendica in particolare la competenza a disciplinare il matrimonio dei battezzati cattolici, infatti il can. 1059 afferma che il matrimonio dei cattolici è retto non soltanto dal diritto divino ma anche da quello canonico, salva la competenza dell’autorità civile circa gli effetti puramente civili.

Le fonti normative che regolano il matrimonio canonico sono: il diritto divino naturale, che forgia la struttura del matrimonio in maniera comune a tutti gli uomini (la diversità sessuale, l’unità e l’indissolubilità, le finalità del bene dei coniugi e della procreazione ed educazione dei figli; il diritto divino positivo o rivelato, che riguarda tutti i battezzati e indica ad esempio la peculiare stabilità in ragione del sacramento (can. 1056), in questo senso si può anche intendere il precetto evangelico “l’uomo non separi ciò che Dio ha unito (Marco); il diritto ecclesiastico, l’insieme delle norme che hanno la funzione di regolamentare dettagliatamente l’istituto matrimoniale; il diritto civile, poiché il diritto canonico riconosce che il matrimonio produce anche effetti meramente civili.

A questo proposito il can. 1061 afferma che il matrimonio validamente contratto tra battezzati si dice “matrimonio rato” (matrimonium ratum) e una volta che sia intervenuta la consumazione, cioè gli atti sessuali, si dice “matrimonio rato e consumato” (matrimonium ratum et consummatum). Secondo il diritto canonico la consumazione deve avvenire in modo umano (can. 1061) cioè secondo natura e con libera accettazione e si configura anche nel caso in cui all’atto non segua la procreazione. Si chiama invece “matrimonio canonico” quello celebrato a norma dal diritto canonico da due battezzati nella Chiesa cattolica o da un cattolico e un non cattolico.

La dottrina distingue inoltre tra “matrimonium in fieri”, quindi come atto costitutivo della famiglia, e il “matrimonium in facto esse” cioè il rapporto matrimoniale che dura nel tempo o famiglia. Per il diritto canonico è prevalente il suo interesse per l’atto costitutivo della famiglia, nel quale tutto il vissuto successivo è voluto dagli sposi, minore invece è l’attenzione per la famiglia come insieme di rapporti. Bisogna precisare che il diritto canonico coglie soltanto alcuni aspetti, attinenti alla validità del contratto, lasciando gli altri all’attenzione e cura dell’attività pastorale della Chiesa.