La Chiesa è una societas gerarchicamente ordinata, ha ricevuto dal suo Fondatore il compito di predicare il Vangelo a tutte le genti (munus docendi) e di amministrare i sacramenti (munus santificandi). La parola di Dio e i sacramenti sono dunque il bene più prezioso e la fonte più autentica dell’ordinamento ecclesiale e della sua organizzazione. Questa missione e i mezzi di salvezza differenziano la Chiesa da qualsiasi altra società o associazione. Infatti la Chiesa non solo fonda e organizza su questa base la sua struttura gerarchica e la potestas sacra, ma costituisce una comunità di persone legate tra loro da vincoli di comunione. La Chiesa quindi vista come comunione istituzionale gerarchicamente ordinata, nata dalla chiamata del suo Fondatore.

 

La “sacra potestas”

La predicazione del Vangelo, l’amministrazione dei sacramenti e la finalità suprema della salvezza delle anime (suprema lex, can. 1752), manifestano una dimensione di giustizia nei rapporti interpersonali all’interno della Chiesa. Nel Concilio Vaticano II infatti si dice che Cristo ha stabilito nella sua Chiesa i vari ministeri, i ministri sono rivestiti di sacra potestà e servono i loro fratelli. La sacra potestas discende dall’originario mandato apostolico e ne sono titolari supremi il Collegio episcopale e il Pontefice.

Si distingue in potestà di ordine (munus sanctificandi), potestà di magistero (munus docendi) e potestà di giurisdizione (munus regendi), dette tria munera Ecclesiae, corrispondenti al triplice ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo. Infatti in questa triplice potestà si manifesta il prolungamento dell’azione di Cristo nella Chiesa.

Si può entrare a far parte del Collegio episcopale in virtù della consacrazione episcopale (la pienezza dell’ordine) e con la comunione gerarchica con il Capo del Collegio e con gli altri membri. Nella consacrazione troviamo un’ontologica partecipazione dei sacri uffici o munera, ma per essere liberi nell’esercizio della potestà (ad actum expedita) deve accedere la canonica o giuridica determinazione (iuridica determinatio) o missio canonica. Quest’ultima può consistere nella concessione di un particolare ufficio o nell’assegnazione di una parte di fedeli per il loro governo pastorale.

Dunque il potere della Chiesa ha carattere personale in forza della consacrazione (la persona ordinata in sacris), ma presenta anche una forte dimensione istituzionale in virtù degli stretti vincoli di comunione. L’ordinato compimento dei tria munera richiede una complessa organizzazione ecclesiastica, nella quale tali funzioni sono divise in distinte sfere di competenza, con un’unità elementare detta “ufficio ecclesiastico”, definito come “qualunque incarico, costituito stabilmente per disposizione sia divina sia ecclesiastica, da esercitarsi per un fine spirituale” (can. 145). L’assegnazione di un ufficio avviene mediante libero conferimento, istituzione, conferma o ammissione, per libera elezione, per accettazione dell’eletto (can. 146 ss).

 

La potestĂ  di ordine

La potestà di ordine è ordinata alla santificazione degli uomini mediante l’azione liturgica e l’amministrazione dei sacramenti (can. 834). Viene conferita mediante il sacramento dell’ordine e ha carattere personale perché viene conferita ad una persona imprimendole un carattere indelebile. Essa conferisce al suo titolare la facoltà di compiere segni sacramentali o segni sensibili istituiti da Cristo, che producono la grazia ex opere operato. Questi segni realizzano alcune funzioni specifiche dell’azione di Cristo come capo della Chiesa, infatti il culmine di queste funzioni è agire impersonando Cristo nell’eucarestia (in persona Christi Capitis). Si tratta di una facoltà che si traduce in capacità di carattere ontologico a realizzare atti capaci di generare la vita soprannaturale.

 

La potestĂ  di magistero

La potestà di magistero è il compito di predicare il Vangelo a tutte le genti e di annunciare sempre e dovunque i principi morali, è ricevuto dalla Chiesa e affidato agli Apostoli e ai suoi successori. Si tratta quindi di un duplice compito: l’annuncio della verità rivelata o depositum fidei; la riaffermazione di quei principi morali, insiti nella natura dell’uomo (diritto divino naturale). Nel passato si rivolgeva essenzialmente ai credenti per insegnare loro le verità di fede, contrastare gli errori dottrinali e richiamarli all’osservanza dei precetti della morale cristiana.

Oggi il magistero della Chiesa si rivolge anche all’esterno della comunità dei credenti per riaffermare i principi morali insiti nell’uomo, quindi vincolanti per tutti gli uomini a prescindere dall’adesione di fede alla verità rivelata (per questo oggi vengono attenuati gli originari caratteri di potestas). Tutti i fedeli hanno il diritto e il dovere di contribuire all’annuncio della salvezza (can. 211), questo vale soprattutto per i laici, impegnati nei vari ambiti della realtà temporale. L’ufficio di insegnare, o munus docendi, è esercitato dalla gerarchia e assume carattere vincolante per i fedeli, cioè sono tenuti ad osservare con cristiana obbedienza ciò che i sacri Pastori dichiarano come maestri della fede o dispongono come capi della Chiesa (can. 212).

Esistono diverse gradazioni: il livello supremo è l’infallibilità di cui gode il Pontefice in forza del suo ufficio; analoga prerogativa spetta al Collegio episcopale quando i Vescovi si riuniscono in Concilio Ecumenico e dichiarano in un’unica sentenza da tenersi come definitiva per tutta la Chiesa una dottrina sulla fede o sui costumi (can. 749). Nessuna dottrina è infatti infallibilmente definita se ciò non consta manifestamente (can. 749). Oggetto della fede sono tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio scritta o tramandata e che sono proposte come divinamente rivelate sia dal magistero solenne della Chiesa (verità infallibile divina e cattolica) che dal suo magistero ordinario e universale (verità divina e cattolica) (can. 750).

La fede è adesione piena dell’intelletto e della volontà a Dio, ha dunque un duplice fondamento: la rivelazione e il magistero della Chiesa. Ad un gradino inferiore troviamo il magistero autentico del Pontefice e del Collegio dei Vescovi, ossia l’insegnamento circa la fede e i costumi impartito senza proclamarlo con atto definitivo; in questo caso i fedeli sono tenuti a prestare un religioso ossequio dell’intelletto e della volontà (can. 752). Quindi questo è un magistero ordinario ma non infallibile. I Vescovi non godono dell’infallibilità ma, in comunione con il Capo e i membri del Collegio, sono autentici dottori e maestri della fede per i fedeli a loro affidati (can. 753).

 

La potestĂ  di giurisdizione

La potestà di giurisdizione, o potestas regiminis, è il potere di governare i fedeli nella vita sociale della Chiesa ed esiste per istituzione divina (can. 129). In passato, a causa del processo di assimilazione della Chiesa agli Stati, si era affievolita la coscienza dell’unitarietà della potestas sacra, portando ad una divaricazione tra potestà di ordine (riservata agli ordinati in sacris) e potestà di giurisdizione, ritenuta funzionale alle esigenze di governo della societas cristiana.

Il Vaticano II opera un recupero della duplice e inscindibile natura misterico-sacramentale e gerarchico-istituzionale della Chiesa, ciò ha comportato la riaffermazione dell’unitarietà della sacra potestas e del fondamento sacramentale del potere della Chiesa. L’origine della sacra potestas discende dall’appartenenza al Collegio episcopale; una partecipazione ontologica spetta ai presbiteri in forza del sacramento dell’ordine, che li costituisce principali collaboratori del Vescovo.

Anche la potestà di giurisdizione risulta quindi indissolubilmente legata alla dimensione ontologica del sacramento dell’ordine, l’ordinamento stesso della Chiesa si sviluppa sulla base del sacramento dell’ordine. Infatti riserva agli ordinati in sacris gli uffici con potestà di governo a cui i fedeli laici possono solo cooperare a norma del diritto (can. 129).

Una tecnica di trasferimento di funzioni è l’istituto della delega dei poteri, cioè una parte delle funzioni inerenti ad un ufficio di governo vengono affidate, dal diritto stesso o dal titolare del potere, ad un altro soggetto perché le svolga in nome o per conto del primo. Si fa quindi una distinzione tra potestà ordinaria e potestà delegata.

La potestà ordinaria è quella che dallo stesso diritto è annessa a un ufficio (can. 131) e può definirsi propria se è esercitata dalla persona titolare dell’ufficio, o vicaria se è esercitata in rappresentanza di altri (es. il vicario generale nella curia diocesana).

La potestà esecutiva ordinaria è ipso iure riconosciuta ad una serie di soggetti destinati unitariamente con il termine di Ordinario (can. 134), questi soggetti sono:

a) il Romano Pontefice, i Vescovi diocesani e quelli preposti ad una chiesa particolare;

b) coloro che godono di una potestĂ  esecutiva ordinaria generale, ossia i vicari generali ed episcopali;

c) per i propri membri, i superiori maggiori degli istituti religiosi e della societĂ  di vita apostolica, dotati almeno di potestĂ  esecutiva ordinaria. Per Ordinario del luogo si intendono tutti quelli sopra elencati eccetto la lettera c) (can. 134).

La potestà delegata viene trasferita per ragioni di urgenza, utilità o necessità, ad una persona o ad un ufficio avente carattere transitorio (delegato); è un mandato conferito alla persona stessa, non in ragione dell’ufficio (can. 131).