Il Collegio dei Vescovi

Il Collegio dei Vescovi è formato da tutti i Vescovi in forza della consacrazione episcopale e della comunione gerarchica con il capo, il Sommo Pontefice, e con i membri, poiché in esso permane perennemente il corpo apostolico (can. 336). Il Collegio dei Vescovi esercita la sua potestà, piena e suprema, sulla Chiesa universale nel Concilio ecumenico ovvero l’azione congiunta dei Vescovi sparsi nel mondo, indetta o liberamente recepita dal Romano Pontefice (can. 337).

Il Concilio ecumenico è la massima espressione della collegialità episcopale, infatti ne sono stati celebrati in tutto 21 dalle origini del cristianesimo ad oggi. Vi partecipano con voto deliberativo tutti e soli i Vescovi membri del Collegio episcopale, anche se possono essere chiamati anche altri soggetti (can. 339). Spetta unicamente al Romano Pontefice convocare il Concilio, presiedendolo o personalmente o attraverso dei delegati, trasferire il Concilio, sospenderlo, scioglierlo e approvarne i decreti (can. 338).

Inoltre sempre al Pontefice spetta il compito di determinare le questioni da trattare nel Concilio, anche se i Padri conciliari possono aggiungere altre questioni che dovranno essere approvate dal Pontefice (can. 338). Il rapporto tra il Concilio e il Pontefice è così stretto che, in caso di vacanza della Sede apostolica, il Concilio viene interrotto ipso iure (can. 340). I decreti del Concilio hanno forza vincolante solo se sono approvati dal Pontefice, da lui confermati e promulgati.

Questa stessa conferma vale anche per i decreti che il Collegio dei Vescovi emana al di fuori del Concilio (can. 341). Il funzionamento e l’operatività del Concilio ecumenico non dipendono però dall’applicazione del mero principio di maggioranza, perché ogni espressione della collegialità episcopale va intesa con la concezione della Chiesa come comunione, forte aspirazione all’unità che si esprime con la ricerca all’interno del Collegio dell’unanimità.

 

Il Romano Pontefice

Il Romano Pontefice è il Vescovo della Chiesa di Roma, l’ufficio concesso dal Signore a Pietro e trasmesso ai suoi successori (can. 331). Il Papa è titolare dell’ufficio episcopale sulla diocesi di Roma, che esercita attraverso il Cardinale vicario e gli uffici del Vicariato di Roma. In quanto successore di Pietro, è anche capo del Collegio dei Vescovi, Vicario di Cristo e Pastore in terra della Chiesa universale (can. 331).

Come capo del Collegio episcopale svolge dei compiti già esaminati; come vicario di Cristo, in quanto capo visibile della comunità dei credenti, è titolare di una potestà ordinaria vicaria o ministeriale, che ha il suo fondamento in una diretta concessione divina che va distinta dalla suprema potestà di governo su tutta la Chiesa universale; come Pastore della Chiesa universale, ha potestà ordinaria suprema, piena immediata e universale sulla Chiesa che può sempre esercitare liberamente (can. 331).

E’ una potestà ordinaria perché è annessa ad un ufficio, suprema perché è al vertice dell’ordinamento, piena perché non riguarda solo la dottrina, immediata perché non necessita di intermediari e universale perché si estende a tutti. Il fatto che questa potestà sia esercitata liberamente significa che non incontra limiti in nessuna autorità umana (can. 333) ma non che sia una potestà illimitata perché incontra i limiti del diritto divino, naturale e rivelato. Il primato della potestà ordinaria si estende su tutte le Chiese particolari e i loro raggruppamenti, inoltre viene rafforzata la potestà che i vescovi hanno sulle Chiese particolari (can. 333).

Come supremo Pastore della Chiesa è sempre congiunto nella comunione con gli altri Vescovi e con tutta la Chiesa salvo il diritto di determinare il modo di esercitare tale ufficio (can. 333). L’ufficio di Sommo Pontefice ha carattere elettivo, ottiene quindi la potestà piena e suprema con l’elezione legittima, da lui accettata, insieme alla consacrazione episcopale; se è gia stato conferito del carattere episcopale ottiene la potestà al momento dell’accettazione (can. 332).

Il compito di eleggere il Papa spetta al collegio dei cardinali riuniti in conclave, al quale hanno diritto di partecipare tutti i cardinali che non hanno compiuto ottant’anni. La costituzione apostolica “Romano Pontifici eligendo” oggi in vigore e promulgata nel 1975, esclude qualsiasi intervento nel conclave di altre autorità e prevede che gli elettori, sottoposti a clausura fino alla proclamazione dell’eletto (“cum clave”), devono mantenere il segreto sulle vicende del conclave. In caso di vacanza della Sede apostolica, quindi in caso di morte del pontefice o per sua legittima rinuncia all’ufficio, il governo della Chiesa è affidato al Collegio cardinalizio, che però non deve apportare nessuna modifica o innovazione (can. 335). L’eventuale rinuncia all’ufficio, per essere valida, deve essere fatta liberamente e debitamente manifestata (can. 332).

 

La Curia romana

Il Pontefice, nell’esercizio delle funzioni di governo sulla Chiesa universale, è assistito dalla Curia romana. Questa è costituita da una serie di dicasteri e organismi coordinati dalla Segreteria di Stato, cui presiede il cardinale Segretario di Stato, nominato dal Pontefice e suo principale collaboratore. Venne istituita da Papa Sisto V con la costituzione apostolica “Immensa aeterni Dei” del 1588; nel corso del tempo ha subito quattro ristrutturazioni e l’ultima è la costituzione apostolica “Pastor Bonus”.

La costituzione apostolica “Pastor Bonus” del 1988 individua due caratteristiche: l’indole strumentale o ministerialità, cioè non ha alcuna autorità o potere al di fuori di quelli che riceve dal Pontefice; carattere vicario, cioè essa non agisce per proprio diritto o per propria iniziativa. La “Pastor Bonus” inoltre attua un processo di internazionalizzazione della Curia romana, già inaugurato da Paolo VI (cost. ap. “Regimini Ecclesiae universae” 1967), e insiste sul carattere di diaconia al servizio del ministero personale dei Vescovi, come membri del collegio episcopale e come pastori delle Chiese particolari. I dicasteri della Curia romana si suddividono in:

  1. Segreteria di Stato, coadiuva il Pontefice, coordina gli altri dicasteri e cura i rapporti con gli Stati, è presieduta da un cardinale prefetto, è composta di due sezioni: la sezione per i rapporti con gli Stati e la sezione per gli affari generali.
  2. Congregazioni, rappresentano una sorta di ministeri, sono nove in tutto: Congregazione per la dottrina della fede (tutela la dottrina sulla fede e i costumi in tutta la Chiesa), Congregazione per i Vescovi (nomina dei Vescovi per le Chiese particolari), Congregazione per le Chiese orientali, del culto divino, della disciplina dei sacramenti, per le cause dei santi, per l’evangelizzazione dei popoli, per il clero, per gli istituti di vita consacrata, per l’educazione cattolica.
  3. Tribunali, in particolare la Penitenzieria apostolica, competente per il foro interno e le indulgenze e presieduta da un cardinale penitenzierie, non è un tribunale in senso proprio poiché non si chiede giustizia ma si implora una grazia; il Supremo Tribunale della Segnatura apostolica, la massima istanza della giustizia amministrativa nella Chiesa, composta da due sezioni: una giudica la validità degli atti amministrativi canonici, l’altra giudica i conflitti di competenza tra i vari dicasteri; il Tribunale della Rota romana, organo superiore di giustizia nell’ordinamento della Chiesa, ha due competenze: in 2° e 3° istanza è un tribunale ordinario per gli appelli; in 1° istanza è un tribunale per le cause dei Vescovi.
  4. Pontifici Consigli, dalla “Pastor Bonus” sappiamo che sono dodici, ricordiamo il Pontificio Consiglio per i laici, per l’unità dei cristiani, per la famiglia, per il dialogo interreligioso.
  5. Uffici, come la Camera Apostolica, che amministra il patrimonio del Pontefice, o l’APSA che amministra il patrimonio della Sede Apostolica.

Questi dicasteri si differenziano anche per il tipo di potestà esercitata, per le Congregazioni è quella esecutiva, per i Tribunali è quella giudiziaria, per i Pontifici Consigli il potere è meramente consultivo e promozionale. Nonostante ciò tutti i dicasteri della Curia si trovano in una situazione di parità giuridica e agiscono in nome del Pontefice con potestà ordinaria vicaria. Questo significa che i loro atti non sono imputabili direttamente al Pontefice o alla Santa Sede anche se soggetti titolari della potestà. Per evitare questo inconveniente sono stati introdotti due criteri generali:

  • riguardo alla potestĂ  esecutiva e giudiziaria, le decisioni di maggiore importanza sono soggette all’approvazione del Pontefice con due eccezioni: quelle per cui sono state attribuite speciali facoltĂ , le sentenze dei Tribunali della Rota e della Segnatura apostolica pronunciate entro i limiti di competenza; perciò queste due eccezioni sono direttamente imputabili ai dicasteri.
  • riguardo alla potestĂ  legislativa, i dicasteri non possono emanare leggi o decreti generali aventi forza di legge, nĂ© derogare alle prescrizioni del diritto universale vigente, se non in singoli casi e con specifica approvazione del Sommo Pontefice.

Per quanto riguarda la diplomazia della Chiesa, una funzione importante è svolta dai legati pontifici che hanno il compito di rappresentare il Pontefice presso le Chiese particolari per rendere sempre più saldi ed efficaci i vincoli di unità (can. 364). Inoltre esistono dei legati particolari detti nunzi, che hanno il compito di rappresentare il Pontefice presso gli Stati e le autorità pubbliche presso cui sono inviati per promuovere e sostenere le relazioni con le autorità civili dei singoli Stati (can. 365).

 

Il Sinodo dei Vescovi

Il Sinodo dei Vescovi è uno dei vari modi con cui i Vescovi cooperano con il Pontefice, esso realizza una forma di partecipazione dell’episcopato alle funzioni di governo sulla Chiesa universale (can. 334). Il Sinodo dei Vescovi è un’istituzione di diritto umano istituita da Paolo VI con la “Apostolica Sollicitudo” del 1965 per associare una rappresentanza dei Vescovi all’esercizio del governo supremo della Chiesa da parte del Papa.

E’ un’assemblea di Vescovi scelti dalle diverse regioni del mondo che si riuniscono per favorire una stretta unione tra il Romano Pontefice e i Vescovi, per prestare aiuto con il loro consiglio al Romano Pontefice nella salvaguardia e nell’incremento della fede e dei costumi, per studiare i problemi riguardanti l’attività della Chiesa nel mondo (can. 342). Ha una funzione di carattere consultivo poiché deve discutere delle questioni proposte ed esprimere dei voti, non può però emanare decreti salvo  nei casi in cui non sia il Pontefice a concedergli tale potestà (can. 343).

Il Sinodo è interamente sottoposto all’autorità del Pontefice, cui spetta di convocarlo (non è un istituto permanente), di ratificare l’elezione dei suoi membri elettivi e procedere alla nomina degli altri, di stabilirne gli argomenti di discussione, di definirne l’ordine dei lavori, di presiederlo, di concluderlo, trasferirlo, sospenderlo o scioglierlo (can. 344). La composizione di questa assemblea varia a seconda degli argomenti da trattare e delle circostanze. Si riunisce in assemblea generale quando si trattano argomenti che riguardano direttamente il bene della Chiesa universale.

A sua volta l’assemblea generale si suddivide in ordinaria e speciale: nel caso di assemblea generale ordinaria la maggior parte dei membri sono eletti dalle singole conferenze episcopali, altri sono membri in ragione della loro funzione (es. membri di dicasteri competenti della Curia romana), altri sono nominati dal Pontefice, altri sono eletti da istituti religiosi clericali; nel caso di assemblea generale straordinaria la maggior parte dei membri sono designati dal diritto stesso in ragione della loro funzione, altri sono nominati dal Pontefice e altri sono eletti da istituti religiosi clericali (can. 346). L

a differenza sta nel fatto che si convoca un’assemblea generale straordinaria per trattare affari che richiedono una soluzione sollecita. Quando invece si tratta di affari che riguardano direttamente una o più regioni determinate il Sinodo si riunisce in assemblea speciale (can. 345) e i membri sono scelti dalle conferenze episcopali del luogo per il quale viene convocata l’assemblea. Quando il Pontefice dichiara conclusa l’assemblea, cessa l’incarico per i suoi membri. Ma il Sinodo è dotato di una segreteria generale permanente presieduta dal Segretario generale, nominato dal Pontefice e assistito da un consiglio di segreteria composto di Vescovi, il cui incarico cessa con una nuova assemblea; per ogni assemblea il Pontefice nomina dei segretari speciali che restano in carica fino al termine dell’assemblea (can. 348).

 

I Cardinali

Il Collegio cardinalizio è stato istituito con il Sinodo romano del 1150 perciò è un’istituzione di diritto umano a cui compete l’elezione del Pontefice. Oltre a questa funzione i Cardinali assistono il Romano Pontefice, sia collegialmente quando si riuniscono per trattare le questioni di maggiore importanza (concistori), sia singolarmente nei diversi uffici dove prestano la loro opera nella cura quotidiana della Chiesa universale (can. 349). Hanno origine da quei chierici che fin dai primi secoli collaboravano a vario titolo con il vescovo di Roma. I

n base a questa origine si suddividono in tre ordini (can. 350): i Cardinali vescovi, stavano alla guida delle diocesi suburbicarie (come Ostia e Velletri) ed eleggono al loro interno il Decano che presiede come primus inter pares il Collegio cardinalizio (can. 352); i Cardinali preti, i sacerdoti incardinati nelle piĂą antiche chiese romane (o titoli cardinalizi); i Cardinali diaconi, titolari di altre chiese romane (o diaconie cardinalizie).

La nomina o promozione dei membri spetta al Pontefice, che sceglie liberamente uomini costituiti almeno dell’ordine del presbiterato e che si siano distinti in modo eminente per dottrina, costumi, pietà e prudenza; chi non è Vescovo riceve la consacrazione episcopale (can. 351). Il Pontefice procede alla nomina mediante proprio decreto, reso pubblico davanti al Collegio cardinalizio (nomina in pectore) riservandosi il nome quando ad esempio potrebbe esporre la persona a pericolo. I Cardinali agiscono principalmente in modo collegiale attraverso i Concistori, nei quali si riuniscono su convocazione del Papa e sotto la sua presidenza.

Esistono due tipi di concistori: il Concistoro ordinario in cui vengono convocati tutti i cardinali che si trovano a Roma per trattare questioni di più comune accadimento o per compiere atti della massima solennità, ed in quest’ultimo caso esso può essere anche pubblico; il Concistoro straordinario in cui vengono convocati tutti i cardinali, quando lo suggeriscono peculiari necessità o si devono trattare questioni particolarmente gravi (can. 353). In forza dell’obbligo di collaborazione assidua con il Pontefice, tutti i Cardinali che non sono Vescovi diocesani e che ricoprono un ufficio nella Curia romana sono tenuti all’obbligo di risiedere nell’Urbe; i Cardinali che invece hanno la cura di una Diocesi devono recarsi a Roma quando sono convocati dal Pontefice (can. 356).

 

Le Chiese particolari

La dottrina della collegialità e sacramentalità dell’ufficio dei Vescovi e la visione della Chiesa come popolo di Dio, portano una rinnovata concezione dei rapporti tra Chiesa universale e Chiese particolari. In particolare anche per la forte valorizzazione delle Chiese particolari da parte del Concilio Vaticano II, che le definisce come formate ad immagine della Chiesa universale, espressione ripresa poi nel canone 368.

Le Chiese particolari tendono oggi ad assumere la dignità di veri e propri soggetti costituzionali, ispirando un processo di adeguamento giuridico – canonico, esaltando il carattere di comunione della Chiesa e il metodo collegiale nel governo della stessa. Poiché la valorizzazione delle Chiese particolari si fonda anche sulla riscoperta della centralità dell’elemento personale, implica un processo di maggiore coinvolgimento di tutte le componenti del popolo di Dio nel governo pastorale della Chiesa particolare; ad esempio la previsione di alcuni consigli consultivi, rappresentativi dei fedeli, all’interno delle diocesi (consiglio pastorale diocesano) e delle parrocchie (consiglio pastorale parrocchiale).

La natura della Chiesa particolare è connessa all’ufficio dei Vescovi, il cui compito è reggere la porzione del popolo di Dio loro singolarmente affidata. Fin dai primi secoli le esigenze della evangelizzazione su territori sempre più estesi hanno portato ad una progressiva suddivisione territoriale in più Chiese particolari, la cui erezione spetta oggi unicamente al Papa (can. 373). Il modello assunto è la diocesi, definita come la porzione del popolo di Dio che viene affidata alla cura pastorale del Vescovo con la collaborazione del presbiterio (can. 369). La diocesi è costituita da un elemento personale (il popolo di Dio), da uno gerarchico – istituzionale (la potestas del Vescovo) e da un nucleo costitutivo rappresentato dalla parola di Dio e dall’eucarestia.

Alla diocesi oggi sono assimilate altri tipi di Chiese particolari:

  1. la prelatura territoriale o l’abbazia territoriale: una determinata porzione del popolo di Dio, circoscritta territorialmente, la cura della quale viene affidata ad un Prelato o ad un Abate che la governa come suo pastore (can. 370);
  2. il vicariato apostolico o la prefettura apostolica: una determinata porzione del popolo di Dio la quale non è stata ancora costituita come diocesi ed è affidata alla cura pastorale di un Vicario apostolico o di un Prefetto apostolico, che la governa in nome del Sommo Pontefice (can. 371);
  3. l’amministrazione apostolica: una determinata porzione del popolo di Dio che, per ragioni speciali e gravi, non viene eretta come diocesi dal Sommo Pontefice e la cura pastorale della quale viene affidata ad un Amministratore apostolico, che la governa in nome del Sommo Pontefice (can. 371).

Le Chiese particolari sono individuate in base ad un criterio territoriale, tuttavia nello stesso territorio possono essere erette chiese particolari sulla base del rito dei fedeli o per altri simili motivi (can. 372).

Le prelature personali sono organizzazioni formate da presbiteri e diaconi del clero secolare, erette dalla Santa Sede che ne forma anche gli statuti, per promuovere o attuare speciali opere pastorali o missionarie per le diverse regioni o per le diverse categorie sociali (can. 294). Viene proposto un Prelato come ordinario proprio, che ha il diritto di erigere un seminario nazionale o internazionale, di incardinare gli alunni e di promuoverli agli ordini del servizio della prelatura (can. 295). Anche i laici possono dedicarsi alle opere apostoliche della prelatura mediante delle convenzioni (can. 296). Un esempio di prelatura è l’Opus Dei.

 

L’ufficio dei Vescovi

E’ un istituto di diritto divino in quanto i Vescovi sono successori degli Apostoli (successione apostolica), la loro autorità discende dall’appartenenza al Collegio episcopale. Nella costituzione “Lumen Gentium” troviamo che i Vescovi assunsero il servizio della comunità con i loro collaboratori presiedendo in luogo di Dio al gregge quali maestri di dottrina, sacerdoti del sacro culto, ministri del governo (i tria munera).

La nomina

I requisiti per essere nominati Vescovi sono: aver raggiunto almeno 35 anni di età e la posizione di chierico, una buona reputazione, una fede salda, doti morali, avere un dottorato o una licenza in Teologia, diritto canonico o Sacra scrittura. Il codice prevede che i Vescovi sono nominati liberamente dal Pontefice, oppure da lui confermati se eletti in base a legittime consuetudini (can. 377). Le relative pratiche sono istruite all’interno della Curia romana dalla Congregazione per i vescovi, con una procedura definita dal codice (can. 377).

Con la consacrazione episcopale i Vescovi ricevono l’ufficio di santificare e l’ufficio di insegnare e governare, questi ultimi però non possono essere esercitati se non nella comunione gerarchica con il Capo e con gli altri membri del Collegio (can. 375). Oltre alla consacrazione episcopale occorre che intervenga anche la missione canonica (missio canonica) da parte dell’autorità gerarchica (il Pontefice).

Questo ulteriore requisito è richiesto ex natura rei, trattandosi di uffici che devono essere esercitati da più soggetti, per volontà di Cristo gerarchicamente cooperanti; senza la comunione gerarchica l’ufficio sacramentale – ontologico non può essere esercitato.

Sono detti Vescovi diocesani quelli a cui viene affidata la cura di una diocesi; gli altri sono detti Vescovi titolari (can. 376) a cui viene assegnato il titolo di una diocesi soppressa e a cui sono affidati incarichi che non comportano di regola la cura delle anime. Fanno parte di quest’ultima categoria anche i Vescovi coadiutori e i Vescovi ausiliari.

I Vescovi coadiutori sono costituiti d’ufficio dalla Santa Sede quando lo ritiene opportuno, sono forniti di speciali facoltà e godono ipso iure del diritto di successione al Vescovo diocesano (can. 403) infatti in caso di vacanza della sede episcopale il Vescovo coadiutore diviene immediatamente Vescovo della diocesi (can. 409). I

Vescovi ausiliari sono privi del diritto di successione, vengono costituiti su richiesta del Vescovo diocesano quando lo suggeriscono le necessità pastorali della diocesi, salvo che circostanze gravi suggeriscano l’assegnazione di un Vescovo ausiliare fornito di speciali facoltà (can. 403). Entrambi prendono possesso del loro ufficio mostrando la lettera apostolica di nomina al Vescovo diocesano (can. 404). Inoltre sono i principali collaboratori del Vescovo diocesano, che li consulta nelle questioni di maggiore importanza, ad essi spetta la funzione di vicario generale della diocesi o, per i Vescovi ausiliari, quella di vicari episcopali (can. 405 – 407).

 

I poteri del Vescovo diocesano

Il Vescovo diocesano gode nella sua diocesi di tutta la potestĂ  ordinaria, propria e immediata, fatta eccezione per quelle cause che dal diritto o da un decreto del Pontefice sono riservate alla suprema o ad altra autoritĂ  ecclesiastica (can. 381). Sono giuridicamente equiparati al Vescovo diocesano coloro che presiedono le altre Chiese particolari (can. 381).

Per poter esercitare l’ufficio deve prima prendere possesso canonico della diocesi cioè il momento in cui esibisce (personalmente o tramite procuratore) la lettera apostolica al collegio dei consultori a cui compete il governo della diocesi durante il periodo di vacanza e alla presenza del cancelliere della curia che ne redige un verbale; ciò deve avvenire entro quattro mesi dalla ricezione della lettera apostolica se non è già stato consacrato Vescovo ed entro due mesi se è gia stato consacrato.

Nel caso di una diocesi di nuova erezione, la presa di possesso canonico avviene mediante comunicazione di tale lettera al clero e al popolo presenti in cattedrale, con verbalizzazione da parte del presbitero piĂą anziano, inoltre secondo il codex tutto deve avvenire durante un atto liturgico in cattedrale (can. 382). Il Vescovo diocesano deve mostrarsi sollecito nei confronti di tutti i fedeli, come pure deve mostrare umanitĂ  e caritĂ  nei confronti dei fratelli che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica e dei non battezzati (can. 383).

Inoltre deve rivolgere particolare attenzione ai suoi presbiteri (can. 384). Fra i principali doveri troviamo: proporre e spiegare ai fedeli le verità della fede, predicando personalmente e curando che il ministero della parola venga opportunamente assicurato all’interno della diocesi (munus docendi, can. 386); offrire un esempio di santità nella carità, nell’umiltà e nella semplicità di vita promuovendo con ogni mezzo la santità dei fedeli (can. 387); celebrare frequentemente la messa per il popolo (cann. 388 – 389); è tenuto a visitare la diocesi (visita pastorale) in modo da visitarla tutta almeno ogni cinque anni (can. 396). Ogni cinque anni deve presentare una relazione al Pontefice sullo stato della diocesi e recarsi a Roma per venerare le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo e presentarsi al Romano Pontefice (visita ad limina) (cann. 399 – 400).

Nell’ambito della sua funzione di governo (munus regendi) esercita la funzione legislativa personalmente, quella esecutiva sia personalmente che mediante i vicari generali o episcopali, quella giudiziaria sia personalmente che mediante il vicario giudiziale e i giudici (can. 391). In forza dei vincoli di comunione che lo legano al Pontefice e agli altri membri del collegio, è tenuto a difendere l’unità della Chiesa universale promuovendo la disciplina comune ed esigendo l’osservanza di tutte le leggi ecclesiastiche, deve inoltre vigilare che non si insinuino abusi nella disciplina ecclesiastica (can. 392).

Quanto all’apostolato, deve favorire nella diocesi le sue diverse forme e curare che le diverse opere di apostolato siano coordinate sotto la sua direzione (can. 394). Inoltre è tenuto per legge alla residenza personale nella diocesi (can. 395) e una volta compiuti i settantacinque anni è invitato a presentare la rinuncia all’ufficio del Sommo Pontefice che provvederà ad accettarla (can. 401).

 

La vacanza della sede episcopale

La sede episcopale diviene vacante con la morte del Vescovo diocesano, con la rinuncia accettata dal Pontefice, con il trasferimento o la privazione. Se manca il Vescovo coadiutore, cui compete la successione ipso iure, il governo della diocesi passa, fino alla costituzione dell’amministratore diocesano, al Vescovo ausiliare o se manca quest’ultimo al collegio dei consultori (can. 419). Entro otto giorni dalla notizia, il collegio dei consultori deve eleggere l’Amministratore diocesano, che ha il compito di reggere la diocesi fino alla presa di possesso del nuovo Vescovo. Se questo termine decorre la sua nomina spetta al Metropolita (can. 421). A tale ufficio si può candidare solo un sacerdote con almeno trentacinque anni di età (can. 425).

L’amministratore diocesano è tenuto agli stessi obblighi e ha la potestà del Vescovo diocesano, escluso ciò che non gli compete ex natura rei o per il diritto (can. 427). Ottiene la relativa potestà dal momento in cui accetta l’elezione (can. 427). La sua eventuale rimozione è riservata alla Santa Sede (can. 430). La frase “Sede vacante nihil innoventur” significa a coloro che provvedono interinalmente al governo della diocesi è proibito compiere qualsiasi atto che possa arrecare pregiudizio alla diocesi, in particolare di sottrarre, distruggere o modificare qualsiasi documento della curia diocesana (can. 428).