I provvedimenti c.d. di “secondo grado”sono caratterizzati dal fatto di essere espressione di autotutela e di avere ad oggetto altri e precedenti provvedimenti amministrativi o fatti equipollenti. Si distinguono :
– poteri di riesame, sotto il profilo della validità , di precedenti provvedimenti o di fatti equipollenti (silenzio significativo)
– poteri di revisione , relativi all’efficacia di precedenti atti.
Il procedimento di riesame può avere esiti differenti: conferma della legittimità, riscontro dell’illegittimità (ma sanabile) dell’atto, riscontro dell’illegittimità non sanabile dello stesso.
Indipendentemente dalla misura adottata, l’amministrazione deve comunque dare conto in ogni caso della sussistenza di un interesse pubblico specifico che la giustifichi: l’autotutela è infatti pur sempre esercizio di amministrazione attiva, e rivolta alla tutela di un interesse pubblico.
Il provvedimento che viene adottato allorché l’amministrazione verifichi l’insussistenza dei vizi nell’atto sottoposto a riesame viene tradizionalmente definito come conferma o atto confermativo.
Una situazione simile si ha quando l’amministrazione adotti autonomamente un nuovo provvedimento che sostituisca integralmente un precedente atto impugnato dinanzi al giudice, implicitamente eliminato: il nuovo atto deve venire impugnato (Cons. Stato sez. III n. 4742/14)
All’atto confermativo in senso proprio può essere accostato il rifiuto preliminare, che consiste nel rifiuto di porre in essere un procedimento che costituisca esercizio della funzione; tale atto, non impugnabile, consegue ad un’attività preliminare volta alla verifica dell’esistenza dei presupposti dell’esercizio del potere.
L’annullamento d’ufficio (o annullamento in sede di autotutela)è il provvedimento mediante il quale si elimina un atto invalido e vengono rimossi ex tunc ossia retroattivamente, a partire dal momento dell’emanazione, gli effetti prodotti, ancorché questi consistano nella costituzione di un diritto soggettivo in capo al destinatario.
Ai sensi dell’art. 21-nonies, c. 1 l. 241/90 il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico , entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati.
A differenza dell’annullamento posto in essere dal giudice amministrativo, che è previsto in vista della tutela delle situazioni giuridiche dei privati, l’annullamento d’ufficio ha la funzione di tutelare l’interesse pubblico:
il rilievo concorre a spiegare perché, accanto alla illegittimità dell’atto , occorra anche la sussistenza di un interesse pubblico che giustifichi l’eliminazione dell’atto medesimo e dei suoi effetti.
I presupposti per esercitare il potere di annullamento d’ufficio sono costituiti dall’illegittimità del provvedimento e dalla sussistenza , come in ogni esercizio della potestà di autotutela, di ragioni di interesse pubblico. Pertanto l’amministrazione deve valutare se l’eliminazione del provvedimento invalido sia conforme con l’interesse pubblico, anche tenendo conto degli interessi nel frattempo sorti sia in capo ai privati che sul provvedimento abbiano fatto affidamento, sia in capo ai controinteressati. L’annullamento va posto in essere entro un termine ragionevole , decorso il quale i suoi effetti vanno comunque considerati consolidati.
Vanno poi individuate alcune situazioni in cui l’annullamento sarebbe doveroso, quindi non discrezionale, ed indipendente dalla valutazione di interessi pubblici e privati, assumendo caratteri assai prossimi all’esercizio della funzione di controllo.
In questo contesto si ricorda la fattispecie disciplinata dall’art. 211 d.lgsl. 50/2016 (Codice Contratti Pubblici) che prevede che l’ANAC, nell’esercizio delle proprie funzioni, ove ritenga sussistente un vizio di legittimità in uno degli atti della procedura ad evidenza pubblica, invita ad agire in autotutela e a rimuovere gli eventuali effetti degli atti illegittimi. Il mancato adeguamento comporta l’applicazione di una sanzione.
Discussa è la sorte degli atti che seguono il provvedimento annullato e di cui lo stesso costituisce il presupposto: sicuramente essi sono affetti da illegittimità derivata. Secondo un indirizzo giurisprudenziale e dottrinale la caducazione dell’atto presupposto determinerebbe l’automatica caducazione degli atti consequenziali.
Un effetto caducante automatico potrebbe ravvisarsi nell’ipotesi in cui l’atto annullato costituisca non solo un presupposto di validità dell’atto successivo, ma addirittura un suo presupposto di esistenza.
Il potere di annullamento può essere dunque esercitato entro un termine ragionevole. L’eccessivo decorso del tempo, rapportato all’affidamento ingenerato nei terzi, può dunque causare l’illegittimità del relativo atto.
In questa ipotesi ricorre la figura della convalescenza dell’atto per decorso del tempo la quale impedisce appunto l’annullamento d’ufficio di atti illegittimi qualora essi abbiano prodotto i loro effetti per un periodo adeguatamente lungo.
Il potere di annullamento spetta all’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge.
Ove la parte annullata sia sostituita da altro contenuto si ha la figura della riforma, avente efficacia ex nunc. Questa è la riforma “sostitutiva”, perché esiste anche la riforma “aggiuntiva”che consiste nell’introduzione di ulteriori contenuti a quello originario. Ai sensi dell’art. 14 t.u.p.i. il ministro non può riformare i provvedimenti dei dirigenti.
La convalida è un provvedimento di riesame a contenuto conservativo : ai sensi dell’art. 21 nonies l. 241/90 l’amministrazione ha la possibilità di convalida del provvedimento annullabile , sussistendo le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole. Il relativo potere è applicazione del principio di conservazione degli atti giuridici. L’amministrazione rimuove il vizio che inficia il provvedimento di primo grado e pone in essere una dichiarazione che espressamente riconosce il vizio ed esprime la volontà di eliminarlo, semprechè tale vizio sia suscettibile di essere rimosso. Gli effetti della convalida retroagiscono al momento dell’emanazione dell’atto convalidato.
Dalla convalida si distingue la sanatoria in senso stretto, la quale ricorre allorché il vizio dipende dalla mancanza , nel corso del procedimento, di un atto endoprocedimentale la cui adozione spetta a soggetto diverso dall’amministrazione competente ad emanare il provvedimento finale. L’atto può essere sanato da un provvedimento tardivo che dà luogo ad una sostanziale inversione dell’ordine procedimentale.