Nel dibattito sul sistema del contenzioso amministrativo da un lato si afferma l’esigenza di un giudice speciale, avente un’esperienza specifica in un settore del diritto diverso da quello comune, e dall’altro si teme che l’introduzione di un giudice speciale si risolva in un regime processuale privilegiato per l’amministrazione. Il dibattito raggiunse il suo culmine nelle discussioni alla Camera sull’assetto della giustizia amministrativa subito dopo il 1861, le quali condussero all’approvazione di una legge che aboliva i giudici ordinari del contenzioso amministrativo, la legge di abolizione del contenzioso amministrativo n. 2248 del 1865, allegato E.
La l. n. 2248 del 1865 attuò l’unificazione dell’ordinamento amministrativo italiano, abrogando le discipline degli Stati preunitari che erano rimaste in vigore. Era costituita da sei testi normativi, designati come allegati, tra i quali occorre ricordare quelli contraddistinti dalle lettere D ed E:
- allegato D ( legge sul Consiglio di Stato ): non erano previste particolari garanzie di indipendenza a favore del Consiglio di Stato, il cui legame con l’amministrazione era sottolineato dalla possibilità per i Ministri di intervenire alle sedute direttamente o attraverso delegati. Fu confermata l’articolazione nelle tre sezioni precedenti (interno, grazia giustizia e culti, finanze), che in alcuni casi operavano collegialmente in adunanza generale.
Al Consiglio di Stato erano tipicamente assegnate funzioni consultive, in alcuni casi obbligatorie. In alcune ipotesi tassative (es. controversie in materia di debito pubblico) il Consiglio di Stato esercitava anche funzioni giurisdizionali come giudice speciale, potendo determinare l’annullamento dell’atto amministrativo. Oltre a tali competenze minori, comunque, al Consiglio di Stato come giudice speciale fu conferita la competenza a risolvere i conflitti tra amministrazione e autorità giurisdizionale, cosa questa che sembrava realizzare un certo equilibrio tra l’esigenza di evitare una prevalenza dell’ordine giudiziaria rispetto all’amministrazione e l’esigenza di assicura una decisione giurisdizionale e non politica del conflitto;
- allegato E ( legge sul contenzioso amministrativo): disponendo la soppressione dei giudici ordinari del contenzioso amministrativo (art. 1), l’allegato E delinea il seguente assetto della giustizia amministrativa:
- tutte le cause per contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile e politico sono assegnate al giudice ordinario, la cui competenza non può subire eccezioni per il fatto che parte in giudizio sia un’amministrazione (art. 2). Secondo molti, tuttavia, l’espressione diritti civili e politici non poteva ritenersi onnicomprensiva. Era percepito in modo chiaro che vi erano anche posizioni soggettiva di altro tipo (diritti minori o interessi) che risultavano non protette dalla giurisdizione ordinaria;
- gli affari non compresi nell’art. 2 sono riservati alle autorità amministrative (art. 3). In tale ambito riservato all’amministrazione, comunque, vengono introdotte alcune garanzie per i cittadini:
- le autorità amministrative devono provvedere con decreti motivati, con l’osservanza del contraddittorio con le parti interessate e previa acquisizione del parere di organi consultivi;
- nei confronti dei decreti assunti dall’amministrazione viene consentito il ricorso gerarchico;
- nelle controversie di competenza del giudice ordinario le ragioni della specialità dell’amministrazione non scompaiono, ma trovavano riscontro nei limiti interni della giurisdizione civile (art. 4 co. 1):
- il giudice ordinario può sindacare solo la legittimità dell’atto amministrativo, e non anche la sua opportunità o convenienza;
- il giudice ordinario, pur potendo disapplicare l’atto, sindacandone la legittimità, non può annullarlo, revocarlo o modificarlo;
- la valutazione del giudice ordinario circa la legittimità di un atto amministrativo può rilevare solo ai fini del giudizio in corso e non può produrre effetti generali;
- l’amministrazione è tenuta a conformarsi al provvedimento emanato dal giudice (ottemperanza al giudicato) (art. 4 co. 2). Tale supposta prevalenza del potere giurisdizionale rispetto a quello amministrativo, tuttavia, non viene reso effettivo e coercibile in alcun modo, perdendo quindi parte del suo significato.