La disciplina del giudizio di primo grado (libro II), in forza del rinvio interno ex art. 38, ha carattere generale: per tutto quanto non diversamente disposto, vale anche per i giudizi di impugnazione, per i riti speciali e per il giudizio di ottemperanza.

Il giudizio davanti al Tar è introdotto con ricorso (art. 41 co. 1), sebbene questo abbia perso la sua connotazione specifica di reazione ad un provvedimento lesivo e costituisca semplicemente l’atto processuale che introduce il giudizio amministrativo. Nel processo amministrativo, peraltro, il termine ricorso non contraddistingue un atto introduttivo del giudizio presentato all’organo giurisdizionale prima dell’instaurazione del contraddittorio con le parti interessate (opposto all’atto di citazione): il ricorso viene notificato prima alle parti e solo successivamente viene depositato.

 I contenuti necessari del ricorso, descritti nell’art. 40, sono:

  • le generalità del ricorrente, del suo difensore e delle altre parti necessarie;
  • l’oggetto della domanda e, nel caso di azione di annullamento, l’atto impugnato;
  • l’esposizione sommaria dei fatti, i motivi specifici su cui si fonda il ricorso e l’indicazione dei mezzi di prova e dei provvedimenti chiesti al giudice (es. annullamento);
  • la sottoscrizione del ricorrente o del difensore.

Parallelamente l’art. 44 co. 1 stabilisce che il ricorso è nullo in caso di difetto di sottoscrizione e di incertezza assoluta sulle persone o sull’oggetto della domanda. Ai sensi del co. 2, in ogni altra ipotesi il collegio, se riscontra un’irregolarità, può assegnare un termine alla parte per rinnovare l’atto. Quanto all’oggetto della domanda (art. 40 co. 1 lett. b), nell’azione di annullamento questa è identificata dalla richiesta di annullare un atto in base alle censure proposte, costituite dall’enunciazione dei vizi che sono dedotti rispetto all’atto impugnato e in base ai quali è richiesto l’annullamento. Il vizio dell’atto impugnato rileva per stabilire quando la domanda sia stata validamente proposta o per valutare se si sia in presenza di una domanda nuova. Occorre quindi stabilire che cosa si debba intendere a questi fini con vizio dell’atto impugnato e quale sia il contenuto minimo dell’onere di allegazione che il ricorrente deve soddisfare con la domanda. Per vizio di un atto amministrativo si intende uno dei tre ordini di vizi di legittimità che comportano l’annullabilità (incompetenza, violazione di legge e eccesso di potere). Ai fini dell’identificazione dell’azione, tuttavia, per vizio dell’atto va inteso il profilo specifico in cui si sia storicamente concretato il contrasto tra l’atto impugnato e l’ordinamento giuridico (es. inosservanza di una disposizione) e non la categoria di illegittimità (es. violazione di legge). La disciplina appena descritta è propria del ricorso per l’impugnazione di provvedimenti. L’individuazione dell’oggetto della domanda e dei motivi specifici su cui essa si fonda, tuttavia, deve essere adattata all’azione concretamente esperita. Nel giudizio sul silenzio, ad esempio, non è proposta alcuna impugnazione e di conseguenza non sono neppure qualificabili censure per vizi di legittimità. La lesione dell’interesse legittimo, al contrario, è causata dall’omissione del provvedimento.

 Il ricorso per l’annullamento di un provvedimento deve essere notificato all’Amministrazione che ha emanato il provvedimento impugnato e ad almeno uno dei controinteressati, entro sessanta giorni dalla notificazione, dalla comunicazione (diretti interessati), dalla pubblicazione (non diretti interessati) o dalla piena conoscenza del provvedimento stesso (art. 41 co. 2). Può stupire il fatto che un ricorso proposto per far rilevare l’illegittimità di un atto amministrativo sia assoggettato ad un termine perentorio. Tale previsione, tuttavia, riflette l’esigenza di certezza nelle situazioni giuridiche, per l’amministrazione e per i cittadini interessati che possono aver prestato affidamento nel provvedimento in questione. Per i giudizi proposti a tutela di diritti soggettivi che non comportino l’impugnazione di provvedimenti non opera un termine di decadenza per il ricorso: non essendo impugnato un provvedimento, infatti, non valgono le esigenze che hanno determinato l’assoggettamento del ricorso ad un termine decadenziale. Si è discusso a lungo se la stessa logica potesse valere anche per il ricorso nel caso di silenzio dell’amministrazione. Il codice ha tuttavia definitivamente risolto la questione stabilendo che nel caso di silenzio il ricorso può essere proposto fintanto che dura l’inadempimento , ma comunque non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento (art. 31 co. 2).

L’originale del ricorso, con la prova della notifica, deve essere depositato a pena di irricevibilità entro trenta giorni dal perfezionamento dell’ultima notifica, presso la segreteria del Tar adito (art. 45). Con tale deposito si attua la costituzione in giudizio del ricorrente. Esso, peraltro, determina la pendenza del giudizio.

 Quando l’inosservanza del termine è stata determinata da un errore scusabile, il giudice può concedere alla parte la rimessione in termini per consentirle di procedere a una nuova notifica. L’istituto della rimessione in termine per errore scusabile era stato previsto originariamente solo per ipotesi particolari. Il codice, tuttavia, accogliendo le esigenze della giurisprudenza, ha assegnato all’istituto una portata generale (art. 37). L’istituto della rimessione in termini per errore scusabile appare coerente con la convinzione che, in presenza di scriminanti oggettive o di irregolarità minori, il rigore della regola processuale non debba sacrificare il diritto della parte ad una decisione.

Nel caso di nullità della notifica del ricorso, la costituzione delle parti intimate ha effetto sanante, secondo i principi comuni del processo civile sulla salvezza degli atti che abbiano comunque raggiunto il loro scopo. Il codice, pur ammettendo espressamente l’effetto sanante, introduce un limite, rappresentato dalla salvezza dei diritti acquisiti anteriormente alla comparizione (art. 43 co. 3).

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