Assai controverso è il tema del risarcimento degli interessi legittimi.
In passato la giurisprudenza da sempre aveva negato tale tipo di risarcimento, sia sulla base dell’interpretazione letterale dell’art. 28Cost. che dell’art. 2043 c.c.
Dal punto di vista legislativo invece, la l. 142/92, recependo una direttiva comunitaria, che imponeva agli stati membri di dotarsi di strumenti di tutela idonei ad accordare un risarcimento danni alle persone lese dalla violazione delle norme sugli appalti , ha per primo introdotto tale principio.
Oggi, l’art. 35 , 5 co. D.llgs. 80/98 come sostituito dalla l. 205/00,abroga l’art. 13 della l. 142/92 e ogni altra disposizione che prevede la devoluzione al g.o. delle controversie sul risarcimento del danno conseguente all’annullamento di atti amministrativi.
Fino al recente passato, in tema di risarcibilità del danno derivante da lesione di interesse legittimo, operava la distinzione di alcune ipotesi.
L’annullamento giurisdizionale di atto amministrativo che comprimesse illegittimamente un diritto consolidato, eliminando la causa di compressione del diritto, apriva la via, in presenza di altri elementi dell’illecito, al risarcimento del danno patito dal privato per il periodo di indebita limitazione della sua situazione di diritto soggettivo. Il risarcimento derivava tuttavia, in tal caso dalla lesione non già dell’interesse legittimo, bensì del diritto.
Analogo discorso valeva nel caso in cui un diritto si fosse costituito o ne fosse stato reso possibile l’esercizio in capo ad un privato mediante un provvedimento amministrativo, poi annullato, facendolo così illegittimamente venire meno.
Nell’ipotesi di lesione di diritti in “attesa di espansione”, nonostante il precedente orientamento negativo della giurisprudenza, non sussistevano ostacoli insormontabili ad ammettere il risarcimento del danno patito dal privato anche in tal caso: il pregiudizio del privato a seguito del ritardato rilascio del provvedimento che già in precedenza l’amministrazione avrebbe dovuto e potuto rilasciare è pur sempre correlato alla violazione di un diritto, seppure in attesa di espansione , e non già dell’interesse legittimo, la cui lesione di per sé non è sufficiente ai fini del risarcimento.
Occorre considerare che l’ordinamento risolve i conflitti intersoggettivi fornendo tutela ad interessi ( diritti soggettivi) dei privati, la cui lesione integra la fattispecie di cui all’art. 2043 c.c. , ma non è affatto escluso che altri interessi meritevoli di tutela, correlati a beni della vita particolarmente importanti , possano essere individuati come protetti e che la loro lesione apra la via al risarcimento.
Tali interessi vivono sul piano dell’ordinamento generale , indipendentemente dall’azione amministrativa e sono protetti da norme diverse da quelle che disciplinano l’attività amministrativa : essi sono risarcibili, come tali, ex art. 2043 c.c.
Finalmente, la corte di cassazione , con la sent. 500/99 , ha riconosciuto la risarcibilità del danno derivante da lesione di interesse legittimo, affermando che “ potrà pervenirsi al risarcimento soltanto se l’attività illegittima della p.a. abbia determinato la lesione di un bene della vita al quale l’interesse legittimo, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, effettivamente si collega e che risulti meritevole di protezione alla stregua dell’ordinamento” e precisa che “ il diritto al risarcimento del danno è distinto dalla posizione giuridica soggettiva la cui lesione è fonte di danno ingiusto che può avere , indifferentemente, natura di diritto soggettivo o di interesse comunque rilevante per l’ordinamento”, onde la relativa questione si presenta come questione di merito, perché la situazione soggettiva lesa non deve essere valutata ai fini della giurisdizione.
L’atto lesivo di interessi meritevoli di tutela risarcibili e collegati ad interessi legittimi, illecito perché causa di danno ingiusto , è tale soltanto se risulta anche illegittimo , sicchè tale illegittimità diventa un presupposto dell’illiceità.
Ora l’art. 35, 4 co. Dlg. 80/98 , come mod. dalla l. 205/00 consente al g.a. , nell’ambito della sua giurisdizione , di “conoscere anche di tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli diritti patrimoniali consequenziali”.
Pertanto è da ritenere che la pronuncia di annullamento , tanto nei casi di giurisdizione esclusiva che in quelli di giurisdizione di legittimità, sia pregiudiziale rispetto a quella di risarcimento del danno, non essendo possibile da parte del g.a. l’accertamento incidentale dell’atto non impugnato nei termini di decadenza(60 gg). Tale indirizzo era stato recepito anche da giurisprudenza del g.o. con riferimento a questioni ancora rientranti nella sua giurisdizione , fermi restando tutti i requisiti dell’illecito civile.
Più in generale la recente riforma introdotta dalla legge 205/00 sembra aver eliminato la giurisdizione del g.o. anche con riferimento a situazioni di mancata impugnazione tempestiva dell’atto, e a prescindere dal carattere consequenziale della tutela risarcitoria.
Le sez.un. , con specifico riferimento alle pretese risarcitorie azionate dinanzi al g.a. , hanno affermato che spetta al g.a. conoscere delle questioni attinenti al risarcimento del danno derivante dall’emanazione dell’atto amministrativo .
La lettura che del sistema ha dato la corte cost. n. 204/04 conferma la concentrazione in capo al g.a. delle questioni risarcitorie connesse all’attività provvedimentale dell’amministrazione.
Sembra sussistere una giurisdizione del g.a. anche in tema di risarcimento del danno derivante da silenzio della p.a. così come dal ritardo (che si qualifica come contrattuale ). Inoltre un problema di situazione risarcibile a fronte di attività discrezionale si delinea anche con riferimento all’attività degli organi nazionali volta a recepire la normativa comunitaria.
La giurisprudenza della Corte di Giustizia ammette infatti la responsabilità dello Stato per danni causati al singolo da violazione del diritto comunitario.