I soggetti di diritto pubblico che come detto costituiscono nel loro complesso l’amministrazione in senso soggettivo, sono dotati di capacità giuridica, ed essendo idonei ad essere titolari di poteri amministrativi, quindi possono essere definiti come centri di potere.
Accanto all’amministrazione statale, vi sono le amministrazioni regionali e locali.
A sua volta l’amministrazione statale si articola altresì in una serie di enti ad essa collegati ma da questa distinti in quanto provvisti di propria personalità.
Accanto agli enti territoriali tradizionali (in primo luogo lo Stato) si sono aggiunti enti legati ai diversi livelli territoriali da relazioni più o meno stringenti e altri soggetti, anche privati, svolgenti attività rilevanti per l’interesse pubblico (come ordini professionali, enti sportivi ecc.). Questi proprio perchè svolgono servizi di rilievo pubblicistico sono poi stati riconosciuti come enti dall’ordinamento.
Il problema dei caratteri dell’ente pubblico. La definizione di ente pubblico
L’art. 97 Costituzione afferma il principio per cui i pubblici uffici sono organizzati secondo le disposizioni di legge. Inoltre l’art. 4 della L. 70/75 afferma che nessun ente pubblico può essere istituito o riconosciuto se non per legge.
Viene quini affermato il principio per cui spetta all’ordinamento e alle sue fonti individuare le soggettività che operano al suo interno.
Oggi si pone, per molte organizzazioni, il problema di capire se si tratti di ente pubblico o meno.
La complessa questione dell’individuazione degli enti pubblici, è stata risolta dalla giurisprudenza
utilizzando una serie di indici esteriori, nessuno dei quali è di per sé ritenuto sufficiente, ma ritenuti idonei se considerati nel loro complesso.
Tra questi indici di pubblicità si ricordano:
- la costituzione dell’ente ad opera di un soggetto pubblico;
- la nomina degli organi direttivi in tutto o in parte di competenza dello Stato o di un altro ente pubblico;
- l’esistenza di controlli o di finanziamenti pubblici;
- l’attribuzione di poteri autoritativi.
Il problema dell’individuazione dell’ente pubblico sembra risolversi affermando che, al di là della definizione normativa, è ente pubblico quello che la legge ritiene tale.
Occorre osservare, infatti, che pur non disconoscendo l’importanza degli indici esteriori rivelatori della pubblicità, essi non sembrano idonei a consentire l’individuazione di un ente come pubblico, cioè non sono individuano l’elemento essenziale della pubblicità della persona giuridica. Tale elemento va ricercato nella rilevanza pubblicistica dell’interesse perseguito dall’ente (come affermato anche dal Tar Lazio con sentenza n. 2720/2013).
Quindi per qualificare un’organizzazione come ente pubblico occorre verificare se la legge imputa ad essa un’interesse pubblico. Però spesso non è semplice individuare l’imputazione legislativa, pertanto si ritiene che possano soccorrere alcuni elementi rivelatori, tra i quali è particolarmente importante l’utilizzo del denaro pubblico da parte dell’ente.
La circostanza di impiegare risorse provenienti dalla collettività rende responsabile il soggetto nei confronti della stessa ed impone che la sua attività sia svolta nel rispetto dei canoni costituzionali di imparzialità e buon andamento (art. 97Cost.).
Occorre tuttavia considerare altri indici in grado di rivelare l’affidamento della cura doverosa di un interesse pubblico, come la disciplina complessiva applicabile, i poteri attribuiti ecc..
Va evidenziato che qualora venga meno la pubblicità dell’interesse perseguito, la legge può intervenire per estinguere l’ente, o per trasformarlo in soggetto privato.
Infine va detto che l’ente pubblico è inserito nell’organizzazione amministrativa pubblica, infatti a seguito dell’imputazione della cura di interessi pubblici, esso entra a far parte dell’amministrazione pubblica, composta da soggetti che necessariamente perseguono finalità pubbliche. L’amministrazione pubblica può essere considerata in modo unitario avendo il proprio vertice nel Governo.
Da quanto esposto emerge chiaramente che ai fini del riconoscimento della natura pubblica di un ente l’ipotesi più semplice è data dall’espressa previsione normativa.
La qualificazione di un ente come pubblico è importante per le diverse conseguenze giuridiche di rilievo che comporta. Vediamole:
- Soltanto gli enti pubblici possono emanare provvedimenti che , sul piano dell’ordinamento generale, hanno la stessa efficacia dei provvedimenti dello Stato, impugnabili davanti al Giudice amministrativo;
- Altra conseguenza è l’autonomia: si indica la possibilità di effettuare da sé le proprie scelte. L’ente autonomo può operare ed effettuare scelte nell’ambito di quanto riconosciuto o attribuito dall’ordinamento generale. Molti enti dispongono di una autonomia normativa intesa come possibilità di porre in essere norme generali ed astratte che abbiano efficacia sul piano dell’ordinamento generale. Dispongono di tale autonomia, per es. gli enti territoriali.
Nell’ambito del concetto di autonomia si colloca:
- l’ autonomia di indirizzo, cioè la possibilità di darsi degli obiettivi diversi da quelli statali ( es. gli enti territoriali).
- l’autonomia finanziaria: indica la possibilità di decidere in ordine alle spese e di disporre di entrate autonome.
- l’autonomia organizzativa: possibilità di darsi un assetto normativo, diverso dai modelli generali.
- l’autonomia tributaria: indica la possibilità di disporre dei propri tributi.
- l’autonomia contabile: è la potestà di derogare al normale procedimento previsto per l’erogazione di spese e l’introito di entrate.
- Inoltre soltanto agli enti pubblici è riconosciuta la potestà di autotutela, intesa come la possibilità di risolvere un conflitto attuale o potenziale di interessi ed in particolare di sindacare la validità dei propri atti producendo effetti incidenti su di essi. La l. 241/90, disciplinandone i presupposti, riconosce oggi carattere generale ai poteri amministrativi di revoca, sospensione, annullamento e convalida. Le decisioni assunte in autotutela sono pur sempre provvedimenti amministrativi, assoggettati al regime proprio degli stessi e dunque suscettibili di essere impugnati davanti al Giudice amministrativo. L’autotutela è espressione di attività di amministrazione attiva.
Altre caratteristiche degli enti pubblici sono le seguenti:
1. le persone fisiche legate da un rapporto di servizio agli enti pubblici sono assoggettate ad un particolare regime di responsabilità penale, civile ed amministrativa.
2. gli enti pubblici sono tenuti al rispetto dei principi applicabili alla p.a. , alcuni loro beni sono assoggettati ad un regime speciale.
3. l’attività che costituisce esercizio di poteri amministrativa è di regola retta da norme peculiari, quali quelle contenute nella l. 241/90 relativa ai procedimenti amministrativi.
4. gli enti pubblici possono utilizzare procedure privilegiate per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato.
5. nell’ipotesi in cui abbiano partecipazioni in una società per azioni, l’atto costitutivo può conferire agli enti pubblici la facoltà di nominare uno o più amministratori o sindaci, ovvero componenti del consiglio dio sorveglianza( art. 2449 c.c.)
6. gli enti pubblici sono soggetti a particolari rapporti o relazioni la cui intensità varia in relazione all’autonomia dell’ente.
Prima si è parlato di autonomia e di autotutela degli enti. Questi due concetti non vanno confusi con quello di autodichia che consiste nella possibilità, spettante ad alcuni organi costituzionali in ragione della loro peculiare indipendenza, di sottrarsi alla giurisdizione degli organi giurisdizionali comuni, esercitando la funzione giustiziale relativamente alle controversie con i propri dipendenti. Essa è riconosciuta alla Camera, al Senato e alla Corte costituzionale.
Diverso è il concetto di Autogoverno : tale termine è usato dalla dottrina italiana per indicare una situazione che ricorre nell’ipotesi in cui gli organi dello Stato siano designati dalla collettività di riferimento, anziché essere nominati o cooptati da parte delle autorità centrali.