La privatizzazione ha comportato una generale tendenza ad omologare quanto piĂą possibile l’attivitĂ degli apparati politico amministrativi a quella dei soggetti di diritto privato, soprattutto in vista della realizzazione di una “amministrazione di risultato”, improntata all’esaustivitĂ e alla semplificazione. Tuttavia il “risultato” non è un valore da considerarsi in senso assoluto o astratto, poichĂ© esso è fortemente condizionato, nella sua valutazione, da altri fattori quali il tempo – in cui l’attivitĂ amministrativa deve svolgersi – , la soddisfazione e il rispetto dei beni della vita eccetera. Se dunque il concetto stesso di risultato non è agevolmente individuabile per quanto detto finora, allo stesso modo anche la categoria della “semplificazione amministrativa” (intesa in una prima accezione come insieme di attivitĂ che, nell’ottica dell’economicitĂ e dell’efficacia, mirano ad accelerare ed alleggerire il procedimento) suscita dubbi e perplessitĂ . La legge 241/90, oltre ad enucleare diversi istituti che incarnano il concetto di semplificazione amministrativa (il silenzio assenso, la dichiarazione di inizio attivitĂ …), mostra come anche la delegificazione incarna la semplificazione amministrativa. Inoltre un’altra forma di semplificazione è stata introdotta dal decreto legislativo 112/98 che disciplina il cd. “procedimento amministrativo unico”.
Il silenzio-assenso, o anche decisorio, realizzi dalla sostituzione del provvedimento espresso ad opera dei comportamenti inerziali (omissivi) tenuti dalla pubblica amministrazione procedente, cui l’ordinamento riconosce l’effetto positivo di accogliere l’istanza del privato. La ratio di questo istituto sta nella considerazione che i tempi di azione della pubblica amministrazione, seppure molto importanti, non possono travalicare le altrettanto legittime aspettative dei privati, che hanno il diritto di sapere se e come un procedimento si concluderĂ entro un tempo certo e predefinito. Oggi la legge riconosce all’istituto carattere generale, mentre nella vecchia formulazione dell’articolo 20 si affidava al governo il compito di individuare i casi cui il silenzio decisorio fosse applicabile. La previsione normativa riesce da un lato a tutelare i privati che ricevono una decisione positiva quando il termine finale del procedimento sia inutilmente decorso senza che sia stato notificato loro un provvedimento espresso di diniego, dalla non riesce a “liberare” le amministrazioni da quei procedimenti di scarso rilievo. Tuttavia rimane irrisolto il problema della tutela del terzo, cioè quel soggetto che toccato da un procedimento amministrativo lo veda concludersi con una fattispecie silenziosa anzichĂ© con un provvedimento espresso. La soluzione potrebbe essere offerta da una norma che faccia esplicito divieto di concludere con silenzio-assenso un procedimento al quale partecipino anche soggetti terzi rispetto al destinatario finale del provvedimento.
Mentre la fattispecie silenziosa conclude un procedimento amministrativo che è stato ritualmente avviato, la dichiarazione di inizio attivitĂ (d.i.a.) sostituisce il procedimento ordinario, nel senso che all’attivazione del procedimento su istanza di parte si sostituisce l’autonomo atto di impulso e di iniziativa del privato su cui la pubblica amministrazione ha un limitato tempo di controllo. Naturalmente l’azzeramento del procedimento di controllo surrogato dalla dichiarazione del privato, non sarĂ possibile in tutti quei casi in cui si sia in presenza di atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’amministrazione della giustizia… L’articolo 19 terzo comma fa salvo il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, anche oltre il termine di 30 giorni dalla dichiarazione (potere che potrebbe essere anche attivato su sollecitazione dei “terzi”).
Infine il procedimento amministrativo in materia di autorizzazione all’insediamento delle attivitĂ produttive è unico e l’istruttoria procedimentale ha ad oggetto, in particolare, i profili urbanistici, sanitari, della tutela ambientale e della sicurezza. Soprattutto in questo caso la semplificazione come accelerazione e concentrazione dei procedimenti sembra collidere con il principio di ragionevolezza del procedimento e con una corretta ponderazione degli interessi in gioco (si pensi al problema relativo alla valutazione dell’impatto ambientale), che viene invece assunta solo sul piano della maggiore celeritĂ e tempestivitĂ della decisione finale cui il privato aspira.
Ulteriori considerazioni e rilievi sulla cosiddetta amministrazioni di risultato
Nell’agire dell’amministrazione si fronteggiano da un lato il rispetto della legalitĂ e dall’altro l’efficienza dell’attivitĂ amministrativa. La dequotazione della legalità è un segno della crisi dello Stato di diritto, poichĂ© privilegiare le ragioni dell’efficacia e dell’efficienza dell’attivitĂ amministrativa, ossia il risultato in quanto tale, a scapito del rispetto delle forme appare del tutto inammissibile. La semplificazione amministrativa in funzione del risultato neutralizza sia il fattore tempo che la forma in quanto valore, a scapito dei principi del giusto procedimento e della forma come garanzia dei privati nel rapporto necessariamente impari con le istituzioni. Il fattore fondamentale della semplificazione amministrativa appare la delegificazione, che comporta che fatti e attivitĂ umane, prima assoggettati a forme e strumenti di controllo conformativo, siano interamente o parzialmente liberalizzate. Tale fenomeno è il tragico riflesso della crisi che attraversano le assemblee elettive e sembra poterla dimezzare tempi di risposta alle domande di rapida trasformazione che provengono dalla cd. societĂ civile. La delegificazione si risolve nella libertĂ delle amministrazioni pubbliche di porre è se stesse le regole del gioco, sia con atti normativi in senso proprio che con atti amministrativi generali. Dunque, nel processo di riforma dell’attivitĂ amministrativa, si passa dalla libertĂ “dall’amministrazione” alla libertĂ “dell’amministrazione”.