Nella giurisprudenza amministrativa italiana si fa assai frequentemente riferimento al concetto di ragionevolezza. Tale termine, in particolare, fa riferimento a quel certo modo di pensare che rappresenta l’elemento unificante dell’intera comunità, determinato da caratteristiche storico-antropologiche comuni.

La ragionevolezza viene talvolta indicata come principio autonomo, mentre talaltra viene ricondotta al principio di imparzialità, considerato come divieto di trattamenti arbitrari visti come lesivi del principio di uguaglianza. In linea di massima, comunque, pare più appropriato dare all’imparzialità il significato che si è visto e considerare separatamente la ragionevolezza.

 Il riferimento alla ragionevolezza può considerarsi alternativo al riferimento alla certezza: pretendere ragionevolezza, infatti, significa non chiedere certezze assolute ma ritenere sufficiente quanto può ritenersi attendibile secondo modi di ragionare condivisi in una comunità. La ragionevolezza (o irragionevolezza) di una decisione, inoltre, è definibile non in sé ma solo in relazione ad un risultato, ed equivale ad una presunzione di adeguatezza (o inadeguatezza) della decisione in riferimento allo scopo. Il concetto di ragionevolezza, quindi, sembra essere un criterio mediante il quale si valuta il rispetto delle norme quando non sarebbe possibile raggiungere delle certezze.

Alla ragionevolezza è poi riconducibile la proporzionalità, il criterio mediante il quale si tenta di stabilire l’adeguatezza di un’azione rispetto ad un risultato sulla base di regole che vorrebbero garantire il rigore del ragionamento sulla cui base una decisione viene presa.

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