Le pubbliche Amministrazioni sono soggette ad una disciplina differenziata, sia sotto il profilo dell’organizzazione sia sotto il profilo, dell’attività, rispetto alle altre organizzazioni di diritto comune. Tale disciplina differenziata si applica, nello specifico, alle pubbliche Amministrazioni di cui all’art. 1 D.lgs. 165/2001 e, tra esse, agli enti pubblici non economici descritti in precedenza. La disciplina generale delle Pubbliche Amministrazioni, come derogatoria rispetto a quella di diritto comune applicabile alle altre organizzazioni, è caratterizzata da una serie di istituti legati, direttamente o indirettamente, al principio costituzionale di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione (art. 97 CosU). Il concetto di buon andamento coincide con quello di corretto funzionamento dell’amministrazione, tanto sotto il profilo dell’organizzazione quanto sotto quello dell’attività. L’attività della pubblica Amministrazione si svolge sulla base di regole e vincoli posti dalla legge, al fine di garantire che il suo agire risponda agli scopi di pubblico
interesse per i quali essa è stata costituita. Buona amministrazione significa efficienza e razionalità nella distribuzione delle competenze tra i vari uffici pubblici, con una adeguata utilizzazione del personale in relazione agli obiettivi attribuiti ai singoli uffici; sotto questo profilo, l’efficienza dell’amministrazione si concretizza nella adeguata e coerente differenziazione delle strutture pubbliche, onde evitare inutili duplicazioni, incertezze o precarietà. Ancora, amministrazione efficiente è quella capace di dosare correttamente il rapporto tra personale ed effettiva entità dei servizi indispensabili, al fine di evitare eccessivi ampliamenti d’organico, con conseguente spreco di denaro pubblico. Nell’analizzare la disciplina generale applicabile alle pubbliche Amministrazioni, occorre porre l’attenzione sull’elemento fondamentale che le distingue dalle persone giuridiche private, vale a dire il fatto che le prime sono sempre determinate per legge, e da essa o da altri atti normativi dipende l’assetto organizzativo fondamentale dell’organizzazione stessa. Tale caratteristica delle organizzazioni pubbliche si concretizza in una deminutio di
capacità degli enti, vale a dire nell’incapacità dell’ente stesso di porre in essere determinati atti o operazioni, in deroga al diritto comune. Tra questi istituti di deminutio della capacità ricordiamo, ad esempio, l’incapacità di disporre della propria liquidità monetaria se non nell’ambito della cd. tesoreria unica; l’inalienabilità di atti e documenti; l’obbligo di fornire dati statistici all’ISTAT. Ancora, all’ente non è consentito di estinguersi se non per legge e nei modi da essa stabiliti. Per altro verso, alle organizzazioni pubbliche sono applicati una serie di istituti di privilegio, derogatori di determinate norme di diritto comune, operanti nei rapporti con terzi, sia sotto il profilo sostanziale sia sotto il profilo giurisdizionale: sottrazione al regime fallimentare, la sottrazione dei beni dell’ente all’applicazione di istituti che incidano sulla destinazione di essi (esecuzione forzata dei creditori, le procedure privilegiate a carattere coattivo per la riscossione delle entrate). Ancora, le pubbliche amministrazioni sono titolari di poteri amministrativi in senso tecnico, stabiliti caso per caso dalla legge: si tratta di atti amministrativi, talvolta anche di natura regolamentare, necessari all’ente per esercitare la propria potestà organizzativa. Sono, infine, previsti nei confronti di tutti gli enti pubblici una serie di istituti di inferenza, vale a dire la soggezione di detti enti ad una serie di poteri amministrativi esercitabili dallo Stato, tra cui quello di annullamento straordinario degli atti amministrativi illegittimi, nonché il potere di controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria. Per quanto riguarda la disciplina del personale alle dipendenze delle pubbliche Amministrazioni, i prestatori di
lavoro erano legati all’ente da un rapporto di lavoro subordinato disciplinato, fino alle recenti riforme, dalle norme di diritto pubblico. La disciplina introdotta nel 1993, assieme ad altre norme disciplinanti la materia, sono confluite in un testo unico, che ha radicalmente trasformato il rapporto di lavoro nelle pubbliche Amministrazioni. Tale rapporto di lavoro, fatta eccezione per una serie di categorie privilegiate (magistrati, forze armate, personale diplomatico), è stato trasformato in rapporto di diritto privato, con una serie di norme che derogano alla disciplina codicistica e delle leggi civili.