Altri atti utilizzabili in funzione regolatoria sono quelli definitivi ablatori (privativi). Gli effetti imperativi caratteristici di questo genere di provvedimenti consistono nel privare un soggetto, senza il suo consenso, di un diritto nella sua completezza o di alcuni dei poteri che ne costituiscono il contenuto. Come si vede, gli atti in questione incidono su diritti, tuttavia agli interessi dei soggetti interessati è riconosciuta la tutela propria degli interessi legittimi (oppositivi), dal momento che per la loro soddisfazione bisogna cercare di impedire l’esercizio dei poteri amministrativi.

Il principale dei provvedimenti di questa categoria è l’espropriazione per pubblica utilità. Oggetto dell’ablazione, tuttavia, possono essere non soltanto diritti reali, ma anche altri diritti patrimoniali e personali. È quindi possibile la classificazione dei provvedimenti in tre tipi:

a) personali;

b) reali;

c) obbligatori.

 Provvedimenti ablatori personali

I provvedimenti ablatori personali privano i soggetti di poteri inerenti ai loro diritti personali (costituzionali). Tale categoria è costituita dagli ordini, i quali possono avere:

  • contenuto positivo (comandi);
  • contenuto negativo (divieti).

Alcuni diritti personali non possono essere oggetto di ablazioni (art. 19 Cost.), ma non per tutti i diritti tutelati dalla Costituzione esiste questo tipo di riserva (es. il diritto a non essere obbligato a subire trattamenti sanitari obbligatori subisce il provvedimento ablatorio personale dell’ordine a sottoporsi a vaccinazioni).

 Per questo genere di provvedimenti si pone il problema dell’esecuzione ma certamente, proprio con riferimento ad essi, è da escludere la esecutorietà in mancanza di previsione legislativa delle ipotesi e delle modalità.

 Provvedimenti ablatori reali

I provvedimenti ablatori reali sono quelli che estinguono i diritti reali, privandoli oltre un certo termine del contenuto o costituendone dei nuovi su cosa altrui.

 Il provvedimento più emblematico di questa tipologia è proprio l’espropriazione per pubblica utilità, il cui effetto consiste nel privare coattivamente un soggetto di un diritto attribuendone contestualmente la titolarità ad un altro soggetto (art. 42 co. 3).

L’espropriazione per l’acquisizione coattiva di un suolo per la realizzazione di opere di pubblica utilità costituisce oggetto di una disciplina specifica. Secondo la disciplina originaria (l. n. 2359 del 1865), il provvedimento era preso da un prefetto, a richiesta del soggetto che doveva realizzare l’opera (pubblica amministrazione), dopo che, mediante la “dichiarazione di pubblica utilità”, era stata riconosciuta la necessità, per la realizzazione dell’opera, dell’area che si intendeva acquisire. Il soggetto a cui favore veniva pronunciata l’espropriazione era poi tenuto a versare una indennità di espropriazione, corrispondente al valore di mercato del bene espropriato.

Attualmente, dato che la disciplina dell’espropriazione per la realizzazione di opere pubbliche è stata integrata nel sistema della disciplina urbanistica:

  • la dichiarazione di pubblica utilità è stata sostanzialmente eliminata, venendo considerata implicita nella destinazione di un suolo ad un uso pubblico da parte di un piano urbanistico;
  • la competenza del provvedimento spetta ad un organo dell’amministrazione locale che può coincidere con il soggetto che acquisisce il bene espropriato;
  • l’indennità di espropriazione è determinata in misura inferiore al valore di mercato.

 L’espropriazione consente di ottenere mediante poteri autoritativi la stessa pluralità di effetti che si ottengono con il contratto di compravendita:

  • reali, ossia la privazione della proprietà del bene del soggetto espropriato (effetto privativo) e la contestuale acquisizione della proprietà stessa da parte del soggetto a cui favore si effettua l’espropriazione (effetto appropriativo);
  • obbligatori, ossia l’obbligo dell’espropriante di pagare un’indennità e quello dell’espropriato di consegnare il bene al nuovo proprietario.

 Altri provvedimenti ablatori reali

Vi sono altri provvedimenti ablatori che presentano caratteristiche simili dell’espropriazione:

  • l’occupazione acquisitiva, un istituto privo di fondamento giuridico, introdotto dalla giurisprudenza per salvaguardare le opere pubbliche realizzate su aree non espropriate legittimamente. Tale provvedimento, più volte censurato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, è stato successivamente disciplinato dalla legge (art. 43 TUEPU);
  • la requisizione, un provvedimento ablatorio ad effetti reali il cui presupposto deve consistere in una situazione di emergenza, militare (es. guerra) o civile (es. cataclisma);
  • la prelazione sui beni culturali, prevista dal CBCP (artt. 60-62): se un bene qualificato come d’interesse storico o artistico è oggetto di compravendita tra privati, le parti sono tenute a notificare il contratto all’amministrazione competente che può esercitare il diritto di prelazione, acquistando essa stessa il bene al prezzo convenuto tra le parti.

 Secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (sent. n. 55 del 1968), le prescrizioni urbanistiche che, con riguardo a beni determinati, prevedano un uso a fini pubblici dei suoli o che siano destinate a operare una definitiva incisione sulle facoltà di utilizzabilità sussistenti al momento dell’imposizione, sono da equipararsi ad un’espropriazione e sono dette limitazioni espropriative.

Secondo questa giurisprudenza, quindi, l’espropriazione di cui parla l’art. 43 co. 3 non è in realtà il provvedimento così denominato dalla legge del 1865 (effettivi sia privativi sia appropriativi), ma un provvedimento con soli effetti privativi, non facilmente distinguibile da un provvedimento conformativo.

 Provvedimenti ablatori obbligatori

I provvedimento ablatori obbligatori, che trovano il loro fondamento nell’art. 23 Cost., sono quelli che fanno sorgere imperativamente delle situazioni obbligatorie.

A questa categoria possono essere ricondotti vari tipi di provvedimenti:

  • i tributi, che costituiscono obbligazioni di pagamento di una somma di denaro;
  • le precettazioni, che costituiscono obblighi di fare (es. art. 8 della l. n. 146 del 1990 sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati).

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