Il termine “autoritatività” viene utilizzato per indicare poteri dagli aspetti più diversi che si è detto essere inerenti alla funzione di regolazione:
- imperatività: il provvedimento che costituisce manifestazione di un potere imperativo ha un effetto caratteristico, ossia quello di incidere nella sfera giuridica del destinatario senza che abbiano rilievo la volontà, le intenzioni, le condizioni psicologiche o di altro genere di quest’ultimo (es. imposizione di un limite di velocità). Nei rapporti tra privati, per ottenere gli stessi effetti di un provvedimento imperativo di un’amministrazione pubblica sarebbe necessario un accordo, e in particolare il consenso di colui la cui libertà risulta limitata. L’amministrazione pubblica, al contrario, può ottenere unilateralmente tali risultati perché tali poteri sono espressione di una particolare autorità.
Per essere considerato esercizio di imperatività, peraltro, non è necessario che un provvedimento abbia effetti svantaggiosi, bastando semplicemente che si prescinda dal consenso di chi ne subisce gli effetti;
- esecutività e esecutorietà: il provvedimento che costituisce manifestazione di un potere esecutorio è quello che permette ad un’amministrazione pubblica di provvedere direttamente ad un’esecuzione forzata (es. provvedimento con il quale l’amministrazione ordina al proprietario di un terreno la demolizione di un muro), senza rivolgersi al giudice né per far accertare l’effettiva esistenza dell’obbligazione (provvedimento esecutivo), né per ottenere l’uso della forza per costringere il debitore ad adempiere (provvedimento esecutorio). Nei rapporti tra privati, al contrario, per ottenere gli stessi effetti di un provvedimento esecutivo, il creditore dovrebbe far accertare da un giudice l’esistenza di un’obbligazione e successivamente ottenere l’uso della forza per costringere il debitore ad adempiere tale obbligazione, nei termini accertati dalla sentenza. Esecutorietà del provvedimento ed esecutività, che ne è il presupposto, vengono correttamente denominate forme di autotutela dell’amministrazione pubblica.
L’art. 21 ter LPA stabilisce che le pubbliche amministrazioni possono imporre coattivamente l’adempimento degli obblighi nei loro confronti [solo] nei casi e con le modalità stabiliti dalla legge . L’articolo continua disponendo che qualora l’interessato non ottemperi, le pubbliche amministrazioni, previa diffida, possono provvedere all’esecuzione coattiva nelle ipotesi e secondo le modalità previste dalla legge .
Il tema dell’esecutorietà può talvolta indurre in equivoci:
- non bisogna credere che di fronte a provvedimenti esecutori il cittadino sia privo di tutela giurisdizionale: quel che si verifica, infatti, è soltanto un’inversione dell’onere dell’iniziativa di richiedere l’intervento del giudice, onere che, diversamente da quanto è ordinariamente previsto, graverà, invece che su chi avanza la pretesa (pubblica amministrazione), sul destinatario della pretesa (soggetto privato);
- non bisogna credere che l’esecutorietà possa darsi esclusivamente con riferimento ad un provvedimento imperativo: in certi casi, infatti, l’amministrazione può procedere autonomamente all’esecuzione forzata per imporre l’esecuzione di obbligazioni dei privati che nascono non da atti imperativi ma da atti sottoposti al regime del diritto privato (es. l’amministrazione che dà in locazione un bene che possiede a titolo di proprietà privata può procedere autonomamente in esecuzione forzata se il conduttore non paga il canone);
- bisogna parlare di esecutorietà con esclusivo riferimento agli effetti obbligatori: gli atti che producono effetti reali, infatti, sono evidentemente auto-esecutivi;
- revocabilità: il provvedimento che costituisce manifestazione di un potere revocatorio è quello che, con decisione unilaterale, elimina un atto, facendone venir meno l’efficacia e quindi vanificando le posizioni giuridiche soggettive fondate sull’atto stesso.
Secondo la dottrina preminente, la revocabilità dei provvedimenti amministrativi troverebbe giustificazione implicita nella finalizzazione del provvedimento all’interesse pubblico, cosicché, qualora per circostanze sopravvenute un provvedimento dovesse risultare non più conforme all’interesse pubblico, esso potrebbe essere revocato