L’invalidità è oggetto di diritto positivo, è di varia natura ed in quanto affezione, malattia dell’atto, può essere più o meno grave, in alcuni casi inguaribile, fino a condurre la radicale eliminazione dell’atto dall’ordinamento. Secondo la teoria generale, formalizzata dal codice civile, si distinguono 2 ipotesi tipiche di invalidità : la nullità, dove si ricomprendono le affezioni più gravi dell’atto, e l’annullabilità dove si ricomprendono le affezioni di minore gravità (tali però sempre da dar luogo a invalidità, mentre le affezioni lievi danno vita a mere irregolarità).

Queste 2 forme di invalidità si possono considerare poi sotto 2 profili, quello degli effetti, e quello della rilevazione dell’invalidità. Per quanto riguarda il primo, si ha nullità quando ci si trova di fronte ad una imperfezione insanabile ed è incapace di dar luogo a effetti dell’atto perfetto, neppure in forma precaria. Mentre si ah annullabilità quando l’imperfezione si pone come sanabile in principio e gli effetti sono possibili anche se in forma precaria .l’annullabilità caratterizza sempre un atto idoneo comunque a spiegare i propri effetti.

Circa il secondo profilo la nullità può rilevarsi d’ufficio (dal giudice) o da qualunque interessato, è rilevabile senza limite temporale, e con ogni mezzo procedurale disponibile. L’annullabilità invece è rilevabile solo da soggetti portatori di interessi qualificati, entro limiti stabiliti e mediante mezzi procedurali tipici .

 

Nullità

Art. 21-septies. Nullità del provvedimento.

1°  comma: è nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che adottato in violazione del. giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge.

2° comma: le questioni inerenti alla nullità dei provvedimenti amministrativi in violazione o elusione del giudicato sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. L’esistenza della nullità a proposito degli atti amministrativi è stata a lungo messa in discussione e, solo di recente, la giurisprudenza ha di fatto superato questi dubbi. La nuova norma recepisce gli orientamenti giurisprudenziali, trasformandoli in prescrizioni legislative. Per quanto riguarda la mancanza di elementi essenziali la norma riprende l’art. 1418, 2° comma del codice civile, il quale stabilisce la nullità del contratto per mancanza di uno dei requisiti previsti dall’art. 1325, come nel caso del provvedimento privo di oggetto o forma che, quando prescritta, sicuramente determina la nullità del provvedimento stesso.

Differente è invece la categoria della inesistenza ascrivibile alla teoria generale che indica i casi in cui in un determinato fallo o fenomeno della realtà non è ravvisabile un atto giuridico. Per la dottrina l’atto in tali casi non è riconoscibile come tale neanche nella sua apparenza esteriore e perciò resta giuridicamente irrilevante. Quando si fa riferimento alla mancanza di elementi essenziali, ci si riferisce ad un difetto gravissimo, ma non tale da rendere l’atto privo di identificazione,  ad esempio non imputabile ad alcun soggetto direttamente,  o indirettamente riferibile ad una pubblica amministrazione. La nullità per mancanza di elementi essenziali può essere attribuita a tutti gli atti della fase decisoria e non solo al provvedimento finale.

Per  quanto  riguarda la seconda causa  dì  nullità,   la norma fa riferimento  alla tradizionale  elaborazione giurisprudenziale di carenza di potere, ma limitando l’applicazione solo ai casi di difetto assoluto di attribuzione, cioè ai casi più gravi in cui il potere di cui si traila non sussiste in generale o non sussiste in capo ad una determinata autorità, intesa come soggetto giuridico (ente, persona) o unità organizzativa dello Stato (Ministero, Agenzia). Restano escluse quelle ipotesi in cui il potere sussiste in capo ad una determinata autorità, ma senza i presupposti per il suo esercizio.

 

Annullabilità

Art 21 octies. Annullabilità del provvedimento.

1° comma: è annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza.

2° comma: non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

In gergo giuridico illegittimità degli alti amministrativi equivale ad annullabilità degli stessi.

La legge fissa i casi tipici di annullabilità che sono: a) violazione di lesse, b) eccesso di potere, c) incompetenza.

Tuttavia,  questa classificazione ha assunto  una funzione solo descrittiva,  essendo venula meno ogni norma limitativa della impugnabilità di atti amministrativi in riferimento al tipo di vizio, ciò perché l’art. 113, 2° comma, della costituzione dispone che la-tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione.

La. classificazione dei vizi assume ancora un ruolo ancorché marginale ma di rilievo, dove è prescritta l’indicazione dei motivi del ricorso.

L’incompetenza (n.b.: configura vizio di illegittimità solo l’incompetenza relativa, non quella assoluta, che determina non annullabilità ma nullità del provvedimento) indica la violazione della norma circa la competenza dell’organo.   L’atto  è emanato da un organo diverso  da quello cui la legge conferisce il relativo potere. Normalmente il vizio di incompetenza attiene propriamente al profilo soggettivo e quindi comprende non solo le norme sulla competenza in senso tecnico, ma anche quelle relative alla formazione del soggetto,  nonché al verificarsi dei presupposti per l’esercizio in concreto del potere doparle dell’organo.

Ancora l’incompetenza può aversi per materia, cioè l’organo non è titolare della relativa funzione che spella ad un altro organo; per territorio, dove gli organi a competenza territoriale non possono adottare provvedimenti relativi ad oggetti compresi nel territorio rientrante nella competenza di un altro organo; per valore o per grado, dove la competenza circa la medesima funzione è distribuita tra i diversi organi a seconda dell’entità della spesa che comporta.

Violazione di legge indica invece ogni altra violazione di norme giuridiche, normalmente relative al procedimento.

Eccesso di potere è una figura sintomatica tipica degli atti discrezionali perché la facoltà di scelta spettante all’amministrazione non è correttamente esercitata o è esercitata discostandosi dai principi di logicità – congruità applicati al caso concreto, per cui gli atti affetti da questo vizio, pur legittimi, evidenziano un cattivo uso del potere discrezionale. Es. : costruzione di un inceneritore, a parità di condizioni e di utilità, nel centro della città, anziché in un posto lontano dalle abitazioni.

Forma tipica con cui si manifesta l’eccesso di potere è quella dello sviamento (del poterei, cioè il potere viene esercitalo per un fine diverso da quello imposto dalla legge (violazione della regola del vincolo del fine). Es. : il licenziamento di un funzionario per esigenze di organizzazione è viziato da eccesso dì potere se il licenziamento è stato effettuato per eliminare un personaggio scomodo.

La giurisprudenza ha elaborato una serie’ di casi (figure sintomatiche) tali che. in loro presenza, si può ben presumere che l’allo sottostante sia viziato da eccesso di potere. Questo accade quando vi sia ad esempio contrasto palese tra due atti del procedimento; contrasto con altre manifestazioni di attività amministrativa da parte  della stessa autorità con lo stesso oggetto; quando vi sia illogicità formale del provvedimento.

Le figure di eccesso di potere possono estrinsecarsi nell’ assenza di motivi o di motivazione; per il contrasto dell’azione amministrativa con i principi di natura sostanziale cui l’azione amministrativa deve ispirarsi, che sono il principio di completezza e veridicità dell’istruttoria per cui l’amministrazione deve conoscere e/o prendere in considerazione nella loro realtà e verità tutti i fatti e gli interessi che costituiscono la situazione concreta; nel principio di imparzialità dell’agire, in cui l’amministrazione deve trattare in maniera uniforme situazioni omogenee; nel principio di giustizia sostanziale, in cui l’amministrazione deve agire in modo tale da non produrre fatti di evidente e intollerabile ingiustizia.

La violazione di questi principi comporta figure di eccesso di potere che sono: l’erroneità ed il travisamento dei fatti; il vizio di incompleta istruttoria; la disparità di trattamento e l’ingiustizia manifesta. In questi ultimi casi, il vizio emerge non da un mero sintomo di irragionevolezza dell’agire, ma da un risultato sostanziale dell’azione concreta.

Il secondo comma dell’articolo si occupa di quei vizi formali dell’atto amministrativo, come quelli che, pur comportando violazioni di norme per se stesse cogenti, non danno luogo, in concreto, ad una situazione di invalidità del provvedimento adottato. Si tratta o di violazioni che producono mere anomalie, che danno luogo a semplice irregolarità dell’atto, o di violazioni formali non idonee ad alterare lo scopo della norma. Ancora possono individuarsi in questa categoria quelle violazioni che non influiscono sul contenuto del provvedimento adottalo, il quale, ancorché imperfetto, è indifferente alla violazione.

Ancora, il secondo comma della norma prevede i casi di mancata comunicazione dell’avvio del procedimento. Questa violazione non dà luogo ad annullabilità del provvedimento Qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che: il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato. Sicuramente la norma investe i casi di provvedimento vincolato, ma consente all’amministrazione, anche con riferimento a provvedimenti discrezionali, di dimostrare in giudizio che lo stesso non avrebbe potuto essere diverso anche se il privato, ad esempio, fosse stato avvisato ed invitato a partecipare al procedimento.

Ripercussioni del giudicato penale sulla legittimità amministrativa di un atto

L’accertamento dell’illegittimità amministrativa di un atto in sede penale, ad esempio ex art. 319 c.p., 323 c.p., 479 c.p., non dà luogo ad annullamento dell’atto ma a mera disapplicazione, tuttavia l’amministrazione ha l’obbligo di annullare l’atto (annullamento d’ufficio doveroso).