In Italia, in virtù dell’ applicazione del sistema dualistico, non esiste un giudice competente per ogni controversia amministrativa, ma occorre individuare, di volta in volta, il giudice dinanzi al quale la causa deve essere proposta; con tale sistema, ovviamente, i problemi di giurisdizione sono ricorrenti, perché non è sempre agevole applicare i criteri di ripartizione stabiliti dall’ ordinamento.

L’ attuale sistema di riparto giurisdizionale trova fondamento nell’ art. 103, co. 1 Cost., il quale stabilisce che il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela, nei confronti della pubblica amministrazione, degli interessi legittimi e, in particolari materie, anche dei diritti soggettivi. Il criterio ordinario, quindi, è quello della posizione soggettiva fatta valere in giudizio: se si tratta di un diritto soggettivo la giurisdizione è del giudice ordinario, mentre se è di interesse legittimo la giurisdizione è del giudice amministrativo [come sappiamo, sussiste interesse legittimo quando l’ ordinamento, allo scopo di tutelare interessi pubblici, conferisce alla pubblica amministrazione il potere di incidere unilateralmente, con un proprio atto o provvedimento, nella sfera giuridica altrui, sacrificandola o espandendola: nel primo caso, il soggetto terzo è titolare di una posizione di interesse legittimo oppositivo (volto a salvaguardare l’ integrità della propria sfera giuridica lesa dall’ azione amministrativa); nel secondo caso, invece, il terzo vanta una posizione di interesse legittimo pretensivo (volto ad ampliare la propria sfera giuridica per opera della pubblica amministrazione)].

La coesistenza di due diversi ordini di giurisdizioni ha posto notevoli problemi in ordine all’ identificazione dei criteri idonei ad operare il necessario riparto; in questa prospettiva, la Cassazione, con sent. 1657/49 ha stabilito con chiarezza il criterio discretivo tra i due ordini di giurisdizioni, osservando che: tutte le volte che si lamenta il cattivo uso del potere dell’ amministrazione si fa valere un interesse legittimo e la giurisdizione è del giudice amministrativo, mentre si ha questione di diritto soggettivo e giurisdizione del giudice ordinario quando si contesta la stessa esistenza del potere (in tal modo, si è posto il collegamento seguente: carenza di potere-diritto soggettivo, cattivo uso del potere-interesse legittimo). La soluzione adottata dalla giurisprudenza si spiega in virtù del fatto che il provvedimento amministrativo, per quanto illegittimo (cioè, adottato con cattivo uso del potere), è pur sempre efficace, ossia dotato di autoritatività ed esecutività (comportando, laddove incida su di un diritto soggettivo, la degradazione del diritto ad interesse legittimo, con conseguente competenza del giudice amministrativo).

Il tradizionale riparto di giurisdizione per posizioni soggettive, però, non trova applicazione laddove il legislatore disponga il cd. riparto per blocchi di materie: qualora, cioè, attribuisca alla giurisdizione esclusiva del giudice ordinario o del giudice amministrativo una determinata materia, indipendentemente dal fatto che si faccia valere una posizione di diritto soggettivo o di interesse legittimo.

È bene precisare, infine, che il nostro ordinamento (accanto ai rimedi giurisdizionali) prevede e disciplina anche strumenti di tutela di carattere amministrativo, azionabili di fronte alla stessa autorità amministrativa attraverso procedimenti interni, senza l’ intervento del giudice.

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