È una categoria di personale professionale creata, negli anni 70 dello scorso secolo per separare dagli altri dipendenti l’alta burocrazia. Essa comprende i funzionari amministrativi di vertice, titolari degli uffici di livello più elevato.

La dirigenza è oggetto di una disciplina speciale e particolarmente importante perché si colloca al crocevia del rapporto fra politica e amministrazione. La disciplina sull’alta burocrazia definisce infatti l’equilibrio fra il principio democratico e il principio di imparzialità.

Il primo impone il controllo dell’amministrazione da parte degli organi politici, il secondo postula un’amministrazione al servizio dell’intera collettività anziché della parte politica al governo. Questo equilibrio dipende da due elementi:

– dal punto di vista funzionale, l’equilibrio dipende dal modo in cui sono distribuiti i poteri fra gli uffici affidati a titolari politici (non professionali) e gli uffici affidati a titolari professionali (i dirigenti). Qui il rapporto gerarchico tra i due uffici favorisce il controllo politico, mentre la separazione delle rispettive competenze limita gli effetti della politicizzazione.

– dal punto di vista strutturale l’equilibrio dipende dal modo in cui è configurato il rapporto fra titolare dell’ufficio dirigenziale e il suo datore di lavoro (che è poi l’organo politico). Qui la precarietà assicura la prevalenza politica, mentre la stabilità garantisce maggiormente l’imparzialità.

 

La distribuzione fra politica e amministrazione

La distribuzione delle funzioni fra gli uffici politici e quelli dirigenziali risponde al principio di separazione o distinzione delle rispettive competenze. Ai primi spettano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo e di controllo, ai secondi sono affidati i compiti di gestione amministrativa. Con riguardo alle attribuzioni finali dell’amministrazione gli organi politici adottano gli atti normativi e quelli di carattere programmatico, spetta invece alla dirigenza l’adozione degli atti e dei provvedimenti amministrativi compresi tutti gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno.

Con riguardo alle attribuzioni strumentali, gli organi politici definiscono con atti di diritto pubblico l’organizzazione di vertice cioè gli uffici di livello dirigenziale; essi ripartiscono quindi fra questi il personale e le risorse finanziarie.

I dirigenti invece, mediante atti di diritto privato definiscono la parte bassa dell’organizzazione degli uffici. Questa distinzione funzionale ha trasformato il rapporto fra politica e amministrazione, cioè tra uffici politici e uffici burocratici. Questo era in passato un rapporto gerarchico, la competenza dell’organo politico sovraordinato comprendeva anche quella degli uffici amministrativi subordinati; ora il rapporto è di direzione: non tutte le funzioni possono essere esercitate dal ministro perché alcune di esse sono sottratte agli organi politici e riservate al personale professionale.

Per questo il ministro non ha poteri di ordine nei confronti dei dirigenti ma solo di indirizzo. Gli atti di indirizzo sono adottati anche in base alle proposte dei dirigenti. Il vertice politico ha anche compiti di controllo sulla gestione e sui risultati raggiunti oltre che valutare se le direttive impartite indirizzano correttamente l’attività gestionale dei dirigenti.

 

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