L’ efficacia del genus provvedimento amministrativo

In dottrina ci si chiede se accanto agli effetti peculiari del singolo provvedimento amministrativo (autorizzazione, concessione, etc.) possa essere configurata un’ efficacia del genere provvedimento, che sia capace di accomunare le singole specie di provvedimento.

Per rispondere a tale quesito, occorre procedere analiticamente, partendo dai singoli provvedimenti amministrativi; in tal modo, infatti, ci si potrà rendere conto che gli effetti di questi provvedimenti hanno perfetti equivalenti in altri rami del diritto: si pensi, ad es., all’ espropriazione per pubblica utilità, che rappresenta il provvedimento amministrativo per eccellenza; eppure la sua efficacia non è diversa dalla pronuncia del giudice dell’ esecuzione, che trasferisce all’ aggiudicatario il bene immobile espropriato (art. 586 c.c.).

Si pensi, ancora, all’ autorizzazione amministrativa: anch’ essa, a prima vista, sembra un unicum; ma, in realtà, è sufficiente guardare ai rapporti di vicinato nella proprietà immobiliare (art. 873 c.c.) per rendersi conto che quasi tutti i divieti e i limiti che gravano sul proprietario a tutela del fondo vicino possono essere rimossi con il consenso del proprietario di quest’ ultimo (che può, ad es., tollerare la comunione forzosa del muro sul confine o consentire una deroga alle distanze, ex art. 878 c.c.).

Il discorso non cambia se dalla singola specie di provvedimento si passa al provvedimento in genere, dal momento che sussiste una forte analogia tra l’ atto posto in essere dall’ autorità amministrativa ed il contratto: anche il provvedimento amministrativo, infatti, in virtù della definizione contenuta nell’ art. 1321 c.c., è capace, come il contratto, di costituire, regolare o estinguere un rapporto giuridico (con la differenza, però, che l’ effetto del provvedimento amministrativo viene prodotto unilateralmente e non da un accordo).

L’ autoritarietà e l’ imperatività del provvedimento amministrativo

Un aspetto interessante dell’ efficacia del provvedimento amministrativo è la sua autoritarietà (o autorità). In relazione a tale aspetto, la dottrina italiana, sulla scorta di quella francese, ha messo in rilievo che questa efficacia si produce indipendentemente dal consenso del terzo o anche in presenza di un suo dissenso: in ciò il potere amministrativo si distinguerebbe dal potere privato, proprio perché l’ atto di esercizio di quest’ ultimo non produce conseguenze giuridiche in capo al terzo.

Di recente, però, questo aspetto dell’ incidenza unilaterale del provvedimento amministrativo sulla sfera giuridica altrui è stato messo in discussione con riferimento ad alcune categorie di provvedimenti favorevoli, come l’ autorizzazione o la concessione: in tali casi, si è osservato che non si può prescindere dal consenso del privato, perché la richiesta da parte di questi (che implica, ovviamente, un consenso anticipato) costituisce una condizione di legittimità del provvedimento e coincide con l’ avvio del relativo procedimento. Ciò, però, non significa che il consenso, ove richiesto, faccia venir meno il carattere unilaterale del provvedimento: ad es., il consenso manifestato con la richiesta di concessione non si fonde con la volontà dell’ autorità amministrativa (come accadrebbe se si trattasse di un contratto), ma rimane ad essa esterna. Ragionando a contrario, quindi, se ne deduce che l’ efficacia unilaterale sulla sfera giuridica del terzo è esclusiva dei provvedimenti amministrativi sfavorevoli (che prescindono dal consenso del terzo). Ciò, però, non è del tutto vero: ed infatti, con riferimento, quantomeno, alle concessioni (provvedimento amministrativo favorevole) si è detto che esse non si esauriscono nell’ attribuzione di un vantaggio al beneficiario, ma possono anche dar luogo ad un diniego nei riguardi di altri aspiranti allo stesso bene o servizio (tant’è vero che questi sono legittimati a ricorrere dinanzi al giudice amministrativo contro la concessione rilasciata ad altra persona).

Sempre con riferimento all’ aspetto dell’ incidenza unilaterale nella sfera giuridica del terzo si pone, poi, la questione della cd. imperatività del provvedimento, la cui nozione è stata proposta per la prima volta dallo studioso Giannini: questi, in particolare, ha identificato l’ imperatività con l’ autorità del provvedimento, che si articola in tre effetti tra loro collegati: la degradazione dei diritti, l’ esecutività e l’ inoppugnabilità.

Viceversa, nella ricostruzione più recente della dottrina (in particolare: Scoca) l’ imperatività (concepita come una particolare qualità dell’ atto amministrativo) viene a costituire, insieme all’ autotutela, uno dei due elementi dell’ autorità; secondo quest’ impostazione, l’ imperatività perde la sua autonomia e viene ad identificarsi con l’ idoneità del provvedimento a produrre eventi di nascita, modificazione ed estinzione di situazioni soggettive nella sfera giuridica altrui, indipendentemente dalla collaborazione del soggetto che lo subisce.

La questione della forza tipica

Un diverso modo di affrontare il tema dell’ efficacia giuridica del provvedimento amministrativo è quello di chi parte dallo schema evocato, a proposito del contratto, dall’ art. 1372 c.c., il quale stabilisce che il contratto ha forza di legge tra le parti. Partendo da questo assunto, ci si domanda, pertanto, se il provvedimento amministrativo possieda un’ analoga forza.

A differenza della dottrina tedesca, che ha dato al quesito risposa positiva, quella italiana non ha mai accettato l’ equiparazione dell’ efficacia del provvedimento amministrativo con la forza di legge tra le parti, propria del contratto, perché essa non si concilierebbe con categorie fondamentali di provvedimenti amministrativi come le concessioni, le autorizzazioni e gli atti ablativi (così, ad es., se si parte dal presupposto che l’ autorizzazione rimuove un limite all’ esercizio di un diritto, la determinazione del diritto del soggetto autorizzato non nasce dall’ autorizzazione, ma dalla norma che tutela la libertà, la quale, per effetto dell’ autorizzazione, può essere pienamente dispiegata).

Di conseguenza, allo scopo di cercare di attribuire al provvedimento amministrativo una sua forza tipica, in dottrina l’ attenzione si è spostata sul vincolo che il provvedimento pone a carico dell’ amministrazione; in virtù di tale vincolo, infatti, il provvedimento amministrativo instaura una situazione che non può essere modificata fino a quando l’ amministrazione non adotti un atto ulteriore, di annullamento o di revoca del precedente, in presenza dei presupposti che autorizzano il contrarius actus (così, ad es., se il sindaco autorizza chi ne ha fatto richiesta ad esercitare il commercio non può poi disporre la chiusura della bottega, come se l’ autorizzazione mancasse; allo stesso modo, se la provincia ha espropriato un immobile per farvi un impianto sportivo non può poi destinare il bene acquisito ad altro uso).

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