Un giurista tedesco, negli anni ’30 del XX secolo, ha formalizzato la distinzione tra amministrazione che prende (che aggredisce, cioè, la sfera giuridica del privato) e amministrazione che dà (cioè, che al privato rende prestazioni).
L’ amministrazione che prende si esprime in provvedimenti amministrativi (ad es., ordini, espropriazioni, occupazioni, autorizzazioni, concessioni o licenze): si tratta di misure che comportano una restrizione della sfera giuridica del privato, al quale viene tolto un bene o un diritto o imposto un obbligo; ovvero di misure che, pur avendo l’ aria di estendere la sfera giuridica del destinatario (autorizzazione e concessione), in realtà presuppongono una previa restrizione delle sfere giuridiche dei privati (ad es., il fatto stesso che un’ attività debba essere autorizzata per poter essere svolta equivale ad una restrizione se paragonato alla situazione di chi la stessa attività potrebbe svolgere con una propria decisione, senza necessità di una previa autorizzazione).
L’ amministrazione che dà (o attività di prestazione) è, invece, quella con la quale il cittadino viene continuamente a contatto in qualità di utente o di consumatore (consumatore, ad es., di prestazioni sanitarie, di prestazioni di energia elettrica, di trasporto, etc.).
Quanto detto, ovviamente, non giustifica l’ opinione secondo la quale l’ amministrazione che prende (o autoritativa) si traduce in provvedimenti, mentre l’ amministrazione che dà (o di prestazione) si concreta in attività materiali: basti pensare, invero, che il provvedimento che costituisce esercizio di un potere autoritativo richiede una successiva attività materiale di esecuzione (del soggetto destinatario o della stessa amministrazione); reciprocamente, l’ attività materiale di prestazione deve essere sorretta da un titolo giuridico (ad es., un contratto di somministrazione in base al quale il mio appartamento è rifornito di acqua, luce e gas).