È necessario individuare nell’atto amministrativo i presupposti essenziali.
È presupposto essenziale perché vi sia un atto amministrativo la provenienza da un soggetto che deve essere sempre una Pubblica Amministrazione. È presupposto essenziale di ogni provvedimento il suo essere esplicazione di un potere o il suo essere manifestazione di volontà; mentre è presupposto essenziale di ogni mero atto il suo essere esplicazione di una facoltà o il suo essere manifestazione di scienza, di giudizio o di desiderio.
È presupposto essenziale l’esistenza di una fattispecie reale ossia l’insieme delle circostanze ed elementi di fatto che corrisponde alla previsione della norma e ne rende perciò possibile l’esplicazione.
Non è invece presupposto essenziale dell’atto ma semmai della fattispecie reale il cosiddetto oggetto dell’atto amministrativo. Ad esempio nel provvedimento che ordina la demolizione dell’edificio pericolante, oggetto dell’atto è l’edificio; nell’istruzione di servizio, invece oggetto dell’atto è il suo comportamento richiesto all’impiegato: ma la fattispecie reale di questi atti è molto più ampia e comprensiva anche dell’oggetto.
Queste 3 condizioni di esistenza di ogni atto giuridico vengono talora anche chiamate “elementi essenziali” ma si tratta di una formula imprecisa.
Infatti l’atto non è un’identità materiale che possa essere scomposta in più parti ma è un’identità ideale, il prodotto cioè di più fattori o se si vuole il loro punto ideale di incontro.
L’espressione elementi essenziali dell’atto va invece riservata per indicare un altro ordine di fenomeni.
I presupposti di un atto non sono elementi indifferenti fra loro ma anzi sono fra loro legati da un indissolubile rapporto o da una proporzione tra i loro angoli di incidenza.
Tra soggetto da un lato e potere fattispecie reale dall’altro, corre un rapporto ben preciso che definisce il concetto di competenza; mentre tra fattispecie reale e soggetto – potere corre un diverso rapporto che definisce in concetto di causa; e tra potere e soggetto – fattispecie reale corre un rapporto che definisce il concetto di funzione.
Vediamo di illustrare il concetto di causa e quello di funzione.
Si intende per causa il rapporto di corrispondenza tra l’ipotesi che sta a base del precetto (fattispecie astratta) e il caso concreto (fattispecie reale).
Questo rapporto non è un momento estrinseco all’atto perché la idoneità di soddisfare insieme la necessità di disciplinare una fattispecie astratta e la idoneità o necessità passiva della fattispecie reale sono proprio la caratteristica giustificatrice e qualificatoria dell’uso o applicabilità del potere e quindi dell’adeguatezza dell’atto.
Sotto questo profilo si dice anche che la causa è l’interesse soddisfatto dall’atto ma ovviamente non ogni interesse soddisfatto dall’atto può essere considerato come una causa.
La Pubblica Amministrazione può perseguire vari interessi; da quello di dimostrare agli amministrati la propria efficienza, a quello di evitare i pericoli per i cittadini o anche l’ingombro di una strada in caso di un crollo. Ma tutti questi sono soltanto interessi strumentali e la loro soddisfazione rappresenta il fine o scopo dell’attività e quindi il motivo e non la causa del provvedimento. L’interesse causale del provvedimento è soltanto quello di assicurare la incolumità pubblica.
Anche nei meri atti esiste come elemento essenziale la causa giuridica: la quale è sempre il rapporto funzionale soddisfatto dall’atto, solo che questo rapporto non sempre è protetto dalla norma giuridica immediatamente, ma talora lo è solo mediatamente.
È protetto immediatamente quando la norma indica contemporaneamente le facoltà comprese in quella posizione.
La funzione è la trasformazione del potere in un atto, ed ora basterà quindi aggiungere che questo elemento non è neutro ma viene volta a volta condizionato dalle caratteristiche degli altri presupposti dell’atto amministrativo. Così la fattispecie reale condizione la trasformazione del potere imponendogli precisi limiti sostanziali quali sono quelli dell’equità e della logicità, mentre analogamente la condiziona il soggetto imponendogli in particolare il limite della osservanza ai principi soggettivi ed organizzatori propri del soggetto.
Quanto alla forma ricorderemo che essa non è che il momento di estrinsecazione sensibile della funzione e quindi il suo momento terminale, in cui si concreta il potere di esternazione dell’atto.
La forma non è dunque che il modo di essere della funzione: essa pertanto non può essere considerata come un elemento essenziale a sé stante. Quando la legge impone che per esistere un atto abbia una certa forma, in realtà si deve pensare che senza quella forma la funzione non si sia esercitata.
Alcuni modi formali di esternazione dell’atto:
- la scrittura (forma scritta)
- la dizione (forma orale)
- disegni (cartelli stradali)
- esperimenti mediante mezzi meccanici (semaforo)