Sebbene sia ormai completamente superata la concezione che riconosceva allo Stato una sovranità assoluta (es. art. 11), resta ancora da vedere se sia possibile parlare di sovranità nei confronti dei cittadini, ossia dei soggetti interni all’ordinamento.
In passato la risposta a tale domanda non poteva che essere positiva: lo Stato, infatti, essendo legibus solutus, non era subordinato alla legge. L’affermazione dello Stato di diritto, tuttavia, produce la sottoposizione alla legge anche del sovrano, il quale non ha più di fronte a sé sudditi quanto piuttosto cittadini, legittimati a vantare diritti nei suoi confronti.
Gli istituti e i principi del diritto amministrativo servono proprio a imporre il diritto anche allo Stato-amministrazione, la cui libertà di prendere decisioni (discrezionalità) risulta essere sottoposta alle regole ed ai controlli dei giudici.
L’art. 31 TUCS, peraltro, in contraddizione con quanto detto, dispone che il ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale non è ammesso se trattasi di atti o provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico . Secondo tale disposizione, quindi, vi sarebbero degli atti (c.d. atti politici) non sindacabili dal giudice amministrativo. La dottrina, in particolare, definisce come politico quell’atto che è esercizio di un potere libero di scegliere l’obiettivo che vuole perseguire. In passato, la legge rappresentava l’atto politico per antonomasia, ma attualmente:
- anche essa risulta essere sindacabile (es. da Corte costituzionale);
- accanto ad essa si pongono altri atti che, pur essendo subordinati, sono considerabili di indirizzo politico (es. regolamenti).
Alcuni atti, comunque, possono ancora essere considerati politici e quindi non sindacali (es. alcuni atti del Presidente della Repubblica, il referendum).
Tali atti politici non possono essere del tutto assimilati agli atti di alta amministrazione, nozione questa con la quale si fa riferimento agli atti:
- che hanno un notevole contenuto di indirizzo politico (anche sub-legislativo), tale da limitare fortemente l’ambito del sindacato giurisdizionale;
- che condizionano in maniera determinante la realizzazione di un certo indirizzo politico e che vengono pertanto trattati alla stregua di atti di indirizzo