L’annullamento è detto d’ufficio, per distinguerlo da quello fatto in sede giurisdizionale nei confronti di una atto invalido, ed è quel procedimento che si conclude con la rimozione dell’atto affetto da vizi non sanabili. Secondo l’art 21 nonies della l.proc.amministrativ che contiene la disciplina generale dell’istituto, il provvedimento illegittimo può essere annullato d’ufficio se sussistono ragioni di interesse pubblico entro un limite ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato o da quello indicato per legge.

L’esercizio di questo potere di annullamento ovviamente presuppone un acclarato stato di invalidità grave e non sanabile del provvedimento. E presuppone un interesse pubblico concreto e specifico all’annullamento dell’atto. L’annullamento inoltre deve far seguito ad una puntuale motivazione sull’interesse alla eliminazione dell’atto stesso. Anche se tale interesse può non essere presente ove tra l’adozione e la rimozione sia trascorso brevissimo tempo tale da non far consolidare interessi. La norma introduce anche l’attenzione rivolta ai controinteressati e ai destinatari , cioè coloro che possono essere portatori di interessi all’annullamento e coloro nei confronti dei quali ha effetto il provvedimento di annullamento.

Secondo ancora la nuova norma, arricchita anche dall’esperienza comunitaria, occorre per aversi annullamento d’ufficio, che ciò sia fatto entro un termine ragionevole. Questo è innovativo visto che la nostra giurisprudenza era portata a definire irrilevante il momento temporale nel quale il potere di annullamento d’ufficio concretamente si esercita. In materia infatti secondo la giurisprudenza (ad eccezione del termine imposto ai ministri, di 40 gg, per l’annullamento di atti di dirigenti) non esistono tempi che circoscrivono l’agire delle p.a. essendo sufficiente che quest’ultimo sia utilizzato in modo ragionevole , cioè tale da evitare che l’eccessivo decorso del tempo possa determinare l’illegittimità dell’annullamento d’ufficio.

Il tempo è invece oggi un elemento fondamentale, soggetto anch’esso a sindacato di legittimità.

In alcuni casi l’esercizio di tale potere si pone come doveroso, quando cioè ad es. la sua invalidità è stata dichiarata dal g.o., o rilevata con riferimento ad atti presupposti rispetto a questo, oppure quando tale invalidità sia rilevata in sede di procedimento di controllo successivo o comunque oggetto di rilievo della corte dei conti. Anche in questi casi però, non si perde il potere discrezionale che si trova in capo al soggetto. Infatti tali decisioni non obbligano la p.a. ad annullare in modo automatico l’atto, ma invitano la p.a. ad aprire un procedimento volto all’annullamento dell’atto sempre che non sussistano interessi pubblici in contrario. Esempio di annullamento dovuto, è quello relativo alla concessione edilizia, dopo che è stato annullato il nulla-osta ambientale relativo al bene stesso.

L’annullamento dell’atto può essere contestuale alla conversione di questo in un altro atto (dotato di diverso contenuto e produttivo di effetti diversi), oppure può essere seguito dalla conversione. Entrambi comunque operano ex tunc. E possono essere oggetto di conversione anche gli atti nulli. L’annullamento del provvedimento può anche essere parziale , quando si tratti appunto di invalidità parziale . in questo caso solo la parte invalida del provvedimento subirà gli effetti prodotti dall’annullamento, mentre l’altra parte resterà pienamente in vigore in tutta la sua efficacia. In caso poi di annullamento parziale è possibile che la parte annullata sia oggetto di riforma, cioè sia sostituita da un altro contenuto dispositivo. Gli elementi nuovi o oggetti producono effetti ex nunc. Interessante è anche la previsione della norma prevista dall’art. 1 della legge finanziaria, che tutela i privati con una previsione generalizzata di indennizzo, quando dall’annullamento possano conseguire pregiudizi patrimoniali per questi.

Un tipo particolare di annullamento di ufficio, è quello che spetta al governo. Ha carattere straordinario e si rivolge ad ogni atto amministrativo, previo parere del consiglio di stato e non a fronte di qualunque vizio di legittimità, ma a fronte di vizi particolarmente gravi di determinati atti, la cui esistenza può risultare incompatibile con le esigenze di tutela dell’ordinamento.

La giurisprudenza definisce questo come un potere di alta amministrazione, quindi ampiamente discrezionale attinente al carattere unitario dello stato. La corte costituzionale ha però negato la possibilità che questo provvedimento possa esercitarsi nei confronti degli atti delle regioni. Mentre infatti un intervento in passato era ammesso, oggi, sulla base del nuovo assetto costituzionale è da ritenere che un intervento del governo è possibile solo nei limiti dell’art 20 della costituzione e della norma attuativa.

[Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle CittĂ  metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumitĂ  e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unitĂ  giuridica o dell’unitĂ  economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietĂ  e del principio di leale collaborazione.]