I Caratteri del diritto dell’ambiente sono 4 e si riverberano in tutta la legislazione ambientale. Essi sono:
- Rapidità nell’affermazione del diritto dell’ambiente: né la Costituzione né il Trattato CE contenevano al proprio interno alcun cenno al diritto dell’ambiente. I primi atti di carattere programmatico e normativo risalgono agli anni ’60-’70: gli USA, per esempio, adottano nel 1969 il NEPA (National Environmental Policy Act, atto di natura federale). Anche la CE inizia ad interessarsi all’argomento, ma senza attribuirsi alcuna competenza: elabora solo atti di natura programmatica, di cui il primo risale al 1973 (i seguenti saranno tutti a cadenza quinquennale). Da ricordare è l’istituzione del primo Ministero dell’Ambiente, avvenuta in Giappone nel 1971 (in Italia si provvederà solamente nel 1986). Da noi il primo embrione di legge ambientale può essere considerata la l. n. 615/1966, la cosiddetta Legge antismog, rimasta in vigore con qualche periodica modifica fino al 2006. La seconda legge che si preoccupa di trattare problemi di natura ambientale è la l. n. 318/1976 (Legge Merli), riguardante la tutela delle acque dall’inquinamento idrico. Vi sarà infine il d.p.r. 915/1982 sui rifiuti che andrà, quindi, a completare i 3 ambiti di cui si occupa la politica ambientale (acqua, aria rifiuti). Per cui l’affermazione di un diritto ambientale è stata, diversamente da quanto accaduto in campo civilistico, rapidissima: si è passati dal nulla al presunto tutto in poco più di 30 anni.
- Policentrismo: le fonti di produzione del diritto dell’ambiente sono a diversi livelli: internazionale (con trattati di carattere generale o specifico), comunitario, statale, regionale. C’è stata confusione perché il diritto dell’ambiente ha subito l’influenza di varie fonti non sempre coordinabili fra loro; negli ultimi tempi questo inconveniente si è attenuato perché si è cominciato a recepire normative quasi esclusivamente a livello comunitario (tramite le direttive): si è venuto ad affermare, quindi, un effetto di razionalizzazione (in un certo senso unificante) del diritto dell’ambiente.
- Abbondanza di produzione normativa: si diceva sopra della maniera rapidissima e dei diversi livelli su cui il diritto dell’ambiente si è sviluppato; caratteristiche che han portato ad un’abbondanza normativa in materia non sempre coordinabile. L’unico tentativo di riunire le norme in materia ambientale è l’adozione del d. lgs. 152/2006, in attuazione della l. del. 308/2004. In realtà la legge delega prevedeva l’adozione di diversi T.U., uno per ogni settore; la 152/2006, invece, non ha seguito tale indicazione. Esso appare come una specie di Frankestein, assembla in sé tanti diversi pezzi molto diversi fra loro: alla fine non è né un Codice, né un Testo Unico; si limita semplicemente ad operare un copia-incolla delle vecchie normative, senza alcun riordino. Il d. lgs. 152/2006 si sviluppa in 6 sezioni:
- Principi del diritto dell’ambiente (corretto dal d. lgs. 4 del 13 febbraio 2008);
- Valutazione di impatto ambientale (VIA; per esempio, la costruzione di autostrade) e valutazione ambientale specifica (VAS; ha gli stessi fini, ma riguarda atti di programmazione e di pianificazione, non nuove opere)
- Difesa del suolo e lotta alla desertificazione e tutela delle acque dall’inquinamento e gestione delle risorse idriche: per quel che riguarda quest’ultimo punto, la tutela che si attua è non solo in senso qualitativo, ma anche quantitativo (per esempio, i sistemi di risparmio della risorsa idrica). Lo strumento introdotto già prima del decreto è il servizio idrico integrato: parte a disciplinare l’approvvigionamento idrico e via via disciplina la fase di successiva dismissione delle acque utilizzate (fogne, etc…).
- Gestione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati: la bonifica è una delle pochissime discipline che non è di derivazione comunitaria; essa prevede prima un procedimento amministrativo che accerti l’inquinamento di un determinato terreno, poi l’eventuale procedura di bonifica delle falde inquinate. La previsioni normative ivi contenute hanno forti ricadute sul piano economico e giuridico: a prescindere dal soggetto responsabile (peraltro difficilmente individuabile), grava sul fondo un onere reale (che circola con la circolazione del terreno); l’attuale proprietario, quindi, se non colpevole e acquirente del terreno inquinato, non sarà costretto a bonificarlo a proprie spese, ma dovrà consentirlo alla P.A., che poi potrà rivalersi nei confronti del vero responsabile nei limiti del valore del fondo (che comunque è sempre inferiore al costo della bonifica)
- Tutela dell’aria e riduzione delle emissioni nell’atmosfera
- Norme in materia di tutela risarcitoria sui danni provocati all’ambiente
- Trasversalità del diritto dell’ambiente: in quest’ambito assume 2 diversi significati: trasversalità come utilizzo strumenti tipici di altre branche del diritto (per esempio, diritto amministrativo) e trasversalità come commistione fra strumenti giuridici e strumenti appartenenti ad altri ambiti del sapere (per esempio, l’economia: si possono prevedere incentivi per chi introduce accorgimenti diretti a tutela l’atmosfera). Le norme dell’ambiente devono, inoltre, evolversi per stare al passo con l’evoluzione tecnico-scientifica: è questa la caratteristica più importante del diritto ambientale.
I principi-guida comunitari in materia di politica ambientale
L’emergere della “questione ambientale” è avvenuta con il progressivo aumento della sensibilità ambientale della collettività: l’ambiente inizia ad essere visto come un valore etico, sociale, culturale, economico e giuridico. In quanto tale poi, esso sarà commisurabile con altri valori, con i quali non potrà entrare in conflitto: la tutela ambientale non può comprimere altri interessi parimenti meritevoli di tutela (cosiddetto bilanciamento dei valori).
Sono stati elaborati dei principi-guida comunitari in materia di politica ambientale:
a) Principio di azione preventiva: è meglio intervenire prima ad evitare un danno piuttosto che rimediare dopo ad una situazione ormai consolidata;
b) Principio di precauzione: mira ad adottare una tutela ancora più anticipata, per esempio in settori nei quali non sono stati ancora raggiunti dei risultati scientifici (per esempio, OGM);
c) Principio del “chi inquina paga”: è ovvio che, per chi esercita un’attività imprenditoriale, è più facile e più redditizio non curarsi del rispetto dell’ambiente; le conseguenze sociali ed economiche dell’inquinamento, però, si riverserebbero in questo modo tutte sulla società. Per evitare, quindi, di far conseguire vantaggi economici a chi inquina è stato elaborato questo principio;
d) Principio dell’integrazione delle politiche ambientali nelle altre politiche comunitarie: in qualsiasi decisione occorre considerare fin dall’inizio anche il problema della tutela ambientale (si parla di invertimento delle politiche comunitarie);
e) Principio dello sviluppo sostenibile: il concetto di sviluppo sostenibile è automatico del passaggio dalla società industriale (orientata esclusivamente allo sviluppo economico) alla società postindustriale, in cui nella coscienza collettiva e nella cultura dominante non è più ritenuto accettabile uno sviluppo economico incurante delle sue possibili ripercussioni negative sull’ecosistema. Potremmo rendere l’idea con uno schema:
- Decreto legislativo 4/2008
Da ultimo, vediamo sommariamente le novità introdotte del d.lgs. 4/2008; questo, ha introdotto all’interno dell’art. 3 d.lgs. 152/2006 altri 5 articoli:
- Art. 3-bis, principi sulla produzione del diritto ambientale: la parte I contiene i principi generali in materia ambientale vincolanti per l’adozione di atti normativi primari e secondari e modificabili solo per espressa previsione di leggi successive, salva la garanzia del recepimento del diritto comunitario. I principi generali in materia ambientale di cui alla parte I attuano gli artt. 2, 3, 9, 32, 41, 42 e 44,117 commi 1 e 3 Cost. e sono conformi al Trattato UE. La parola “ambiente” compare per la prima volta in Costituzione, e in particolare all’art. 117, solamente dopo la riforma del Titolo V, avvenuta con la l. cost. 3/2001;
- Art. 3-ter, principio dell’azione ambientale: la tutela dell’ambiente e del patrimonio naturale deve essere garantita mediante un’adeguata azione da parte di tutti i soggetti dell’Ordinamento, pubblici o privati, persone fisiche o giuridiche. I principi cui deve ispirarsi l’azione a tutela dell’ambiente sono quelli di cui all’art. 174, co. 2 TUE (principio della precauzione, principio dell’azione preventiva, correzione alla fonte dei danni all’ambiente, principio del “chi inquina paga”);
- Art. 3-quater, principio dello sviluppo sostenibile: ogni attività giuridicamente rilevante (anche l’attività discrezionale della P.A.) deve conformarsi al principio di sviluppo sostenibile, che contempera le esigenze delle generazioni attuali con la garanzia della qualità della vita (si scrive vita, si legge ambiente) e delle possibilità delle generazioni future (cosiddetta solidità intergenerazionale). Nelle dinamiche della produzione si deve inserire l’esigenza di salvaguardare e, possibilmente, migliorare il futuro;
- Art. 3-quinquies, principi si sussidiarietà e di leale collaborazione: i principi del d.lgs. 152/2006 costituiscono le condizioni minime ed essenziali per garantire la tutela dell’ambiente, salva la possibilità delle Regioni e delle Province Autonome di prevedere norme più restrittive, purché ciò non comporti un’arbitraria discriminazione. Tra Stato ed Enti Autonomi, in materia, si applicano, appunto, i principi di sussidiarietà e di leale collaborazione.
- Art. 3-sexies, diritto di accesso alle informazioni ambientali e di partecipazione a scopo collaborativo: chiunque, a prescindere dalla sussistenza di un interesse giuridicamente vincolante, può accedere alle informazioni relative allo stato dell’ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale, come previsto dalla Convenzione di Aarhus, recepita con la l. n. 108/2001. La trasparenza è, infatti, un elemento fondamentale soprattutto per quanto riguarda il diritto dell’ambiente.