All’comma 1 dell’art. 124 del d.lgs. 152/2006 troviamo un principio generale che conosce una sola eccezione: “Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati”. L’autorizzazione ha una validità di 4 anni (di gran lunga inferiore ai 15 anni di validità per l’autorizzazione nell’immissione in atmosfera) e il rinnovo va chiesto con almeno un anno di anticipo rispetto alla scadenza; nelle more del procedimento autorizzativo, comunque, lo scarico può essere mantenuto, salvo che si tratti di scarico di sostanze pericolose, nel qual caso, se il rinnovo non avviene entro 6 mesi dalla scadenza dell’autorizzazione, deve cessare immediatamente, ferme restando le responsabilità nel ritardo dell’autorità competente.
La richiesta di autorizzazione deve essere presentata dal titolare dell’attività che produce lo scarico. Se più impianti mettono in comune più scarichi, questa eventualità era contemplata del d.lgs. 152/1999 solo se si fosse costituito un consorzio; in questo caso, è al consorzio stesso che viene concesso l’autorizzazione. Il fatto che vi sia il consorzio, comunque, non esclude la responsabilità dei singoli consorziati: è l’ipotesi del consorzio trasparente. Nel 2006, all’ipotesi di consorzio, se ne sono aggiunte altre due: l’ipotesi in cui più stabilimenti affidino a un terzo titolare dello scarico finale le acque reflue derivanti dalla loro attività, “effettuino scarichi in comune” diceva la norma; il caso è stato eliminato dal d.lgs. 4/2008 (che ha aggiunto il termine “tramite condotta”) ma anche nel momento in cui era in vigore non era mai stato applicato ed aveva creato notevoli difficoltà agli interpreti (non si capiva se il conferimento potesse avvenire, per esempio, anche tramite autobotti o vasche di stoccaggio, anziché solo tramite scarichi). L’altra ipotesi è quella in cui più stabilimenti mettano in comune lo scarico senza creare un consorzio; in questo caso l’autorizzazione viene conferita al titolare dello scarico finale, ma questo non significa che i singoli soggetti non siano responsabili per l’eventuale inquinamento che loro stessi hanno provocato con la loro attività. La richiesta di autorizzazione va avanzata di sicuro quando si apre un nuovo scarico, ma anche quando l’attività da cui deriva lo scarico venga trasferita in un nuovo luogo (art. 124, co. 12). L’art. 124, co. 8 stabilisce, infine, che l’autorizzazione va richiesta quando si compie una diversa destinazione d’uso, un ampliamento o una ristrutturazione dell’edificio-stabilimento da cui derivi uno scarico avente caratteristiche qualitativamente e/o quantitativamente diverse. L’autorità competente a concedere l’autorizzazione non è unica come nel caso delle emissioni atmosferiche; qui per stabilirla occorre individuare la tipologia del corpo ricettore: se lo scarico è in rete fognaria pubblica c’è l’Autorità di ambito, in tutti gli altri casi opera la Provincia. L’unica ipotesi in cui non serve l’autorizzazione è quella dello scarico di acque reflue domestiche in rete fognaria (art. 124 co. 4) nel rispetto dei regolamenti emanati dal gestore della rete fognaria. L’art. 125 prevede tutta una serie di requisiti che la richiesta di autorizzazione deve necessariamente possedere, tra cui le “caratteristiche quantitative e qualitative dello scarico e del volume annuo di acqua da scaricare, dalla tipologia del ricettore […]”.