Storia del diritto italiano: storia delle istituzioni della società; la parola italiano non ha un significato strettamente legato all’Italia, ma alla Romagna, a diversi territori.

La storia del diritto italiano si occupa di un arco temporale vastissimo, dall’alto medioevo all’800. L’alto medioevo non ha una data di inizio. Tale concetto nasce dall’età degli umanisti e rappresenta una rottura tra l’età classica e quella degli umanisti stessi; questa rappresenta un’età buia e di bassa cultura.

Nel 600 fu data una prima rappresentazione temporale del medioevo da Cristoforo Keller, il quale fissa la data di inizio di tale periodo con Costantino, mentre la fine coincide con il 1453.

L’età di Costantino può dunque essere considerata l’età iniziale della storia del diritto italiano, ovvero l’età in cui sorge l’impero.

Secondo Eutropio, prima di Costantino, Diocleziano, salito al trono nel 284 e dimessosi nel 305, introdusse l’uso imperiale del mantello di porpora trapuntato di pietre preziose; mentre secondo altri studiosi iniziatore di tale rituale sarebbe stato già Aurelaino (270- 275).

In tale epoca si ha una concezione dell’imperatore che rispecchia quella di un Dio.

Ai tempi del principato il crimine di lesa maestà aveva un raggio di azione molto limitato e indicava l’offesa alla statua dell’imperatore, purché consacrata; successivamente in una Costituzione di Arcadio e Onorio del 397, viene considerato quale crimine di lesa maestà non solo il tradimento e l’oltraggio alla persona sacra del monarca, ma anche l’attentato  verso i suoi consiglieri e i membri del concistoro del senato.

I poteri imperiali si vengono ad approssimare alle vette dell’assolutismo, ossia quell’istituto che prevede la legittimazione di qualsiasi comportamento del governante anche se tenuto in violazione delle leggi.

Da questo punto di vista di fondamentale importanza risulta la formula romana dell’absolutio legibus, la quale originariamente faceva riferimento soltanto al privilegio riservato al sovrano di sfuggire alle leggi, specialmente in tema di successione ereditaria.

Sin dalla fine del II secolo Settimio Severo e Caracalla avevano dichiarato che, nonostante si sapessero legibus soluti, intendevano vivere secondo le leggi e quindi rifiutavano di avvalersi di testamenti illegittimi fatti loro favore.

Teodosio II con la sua costituzione denominata Digna Vox del 429 aveva dichiarato ad alta voce che era bene che il regnante si professasse vincolato dalle leggi. Quest’atmosfera tende a svanire quando

Giustiniano, sempre più tiranno dopo la fallita rivolta di Nika del 532, non esiterà a proclamare che Dio aveva assoggettato a tal punto le leggi dell’imperatore da fare di questo “la legge animata in terra”.

Lo svolgimento storico attestato dal trasformarsi della figura del principe si rispecchia nel sistema delle fonti del diritto. Le linee originarie di tale sistema furono profondamente modificate. Il binomio leges-iura continuò a caratterizzare l’ordinamento finché Giustiniano, promulgando il Digesto, ebbe trasformato gli iura in leges e così formalmente unificato i due tipi normativi.

Gli iura non erano leggi, ma principi idonei all’applicazione della prassi tolti sia dagli Editti pretorii, sia dalle opere di giureconsulti; i pareri di questi ultimi, quando il principe li avesse autorizzati a darli ed essi fossero risultati concordi, avrebbero avuto per i giudici, a quanto dice Gaio, la stessa efficacia della legge; essi quindi non erano connotati dei caratteri tipici delle leges, come l’astrattezza.

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