La creazione della causa legis e la sua accertata identità con la ratio legis apriva la strada alla possibilità di creare nuovi istituti. Oltre a ciò era sulla base della rationes legum che si sarebbe potuto costruire l’edificio medievale del “Dir comune”. Le novità più evidenti furono in Francia: nel 1235 Gregorio IX autorizzò ad Orleans l’insegnamento del diritt romano che il suo predecessore Onorio III aveva invece proibito a Parigi, forse per evitare che questa somma sede degli studi teologici fosse contaminata dal diritto e quindi non sorprende che italiani ex allievi di Bologna giunsero a Parigi. Uno di questi che giunse li in qualità di maestro fu Guido de Cumis il quale mentre sosteneva l’esame finale a Bologna si trovò innanzi tra gli esaminatori Accursio cui Guido criticò una glossa: Accursio dichiarò che l’esame del candidato andava respinto e Iacopo Balduini (rappresentante di una corrente scolastica alternativa all’indirizzo dominante di Azzone-Accursio). Questa vicenda si può inquadrare come emblema dello spirito di indipendenza che nutrì Orleans verso Accursio che invece in Italia la faceva da padrone.
Jacques de Revigny (scuola di Orleans)Nel 1260 la futura stella di Orleans era ancora baccelliere e non doctor e nonostante ciò secondo la leggenda mise in difficoltà Francesco figlio di Accursio che era prof bolognese secondo la tipica usanza di una lezione solenne da questi tenuta ad Orleans. Di lui si ricordano le lecturae (commenti fatti a scopo scolastico) alcune anche finite in stampe cinquecentesche come quella sulle Istituzioni e sul Codice. In queste opere spesso si trovano repetitiones cioè lezioni o conferenze tenute fuori dall’orario didattico e destinate a un’esegesi di leggi o paragrafi. Un’altra opera che gli appartiene è il De significazione verborum o Alphabetum ossia un’opera di lessico giuridico circoscritto a voci giuridiche: un dizionario. Questo poi successivamente sarà ampliato dai maestri successivi della scuola e convolerà nel Dizionario di Alberico di Rosciate. Tra i suoi allievi si distingue Pierre de Belleperche , consigliere di Filippo, vescovo di Auxerre e cancelliere di Francia. Egli compose lecturae ma è ricordato anche per una raccolta di quaestiones in cui però contrariamente a quelle de facto emergentes non rispecchiavano i casi discussi in tribunale bensì contenevano solo distinctiones. La scuola di Orleans tenne poi anche insegnamenti canonistici e sembra che i contatti tra maestri di leggi e canoni fossero piuttosto frequenti.
Invenzioni orleanesi. La scuola mostra di padroneggiare il concetto di persona rapraesentata percorrendo strade proprie indipendenti dall’idea di Innocenzo IV della persona giuridica ficta.Revigny sostiene che anche l’Impero è una persona rapraesentata titolare di beni e poteri, con la differenza rispetto agli altri enti collettivi astratti per quanto riguarda l’eredità giacente, in quanto essa perde la sua personificazione quando viene adita dall’erede, mentre l’Impero è eterno e la sua personificazione non svanisce quando l’imperatore sale al trono. Quello che si vuole fare capire è che i poteri straordinari che discendono dall’absolutio legibus sono in realtà riferibili all’ente Impero, alla persona rapreaesentata, mentre la persona fisica del singolo monarca potrà accedere alla potesta absoluta solo momentaneamente. Lo Stato diventa allora persona giuridica centro d’imputazione del potere, finora ogni potestà era stata concentrata nella persona del principe.
Impatto dei giuristi in Italia alla notizia di Orleans. Un vero entusiasmo per questa scuola fu portato da Cino Sighibuldi da Pistoia venerato maestro di Bartolo da Sassoferrato e da sempre collocato alle origini del commento trecentesco italiano. Egli fu un ghibellino fino al 1314 (si sa un suo commento carico di queste convinzioni). Successivamente si fece fedele della Chiesa anche per incarichi pubblici che ebbe in città guelfe. Si dedicò poi all’insegnamento avendo cattedre tra 1321 e 1333 a Siena, Napoli e Perugia. Amico di Dante e Petrarca (compose anche sonetti e canzoni che lo portano nella cerchia del dolce stil novo)e conobbe anche Giovanni d’Andrea. Compose dei veri e propri Commentari sul Codice e sull’inizio del Digesto. La sua successiva attività didattica si concentrò in un’idea di aggiunta alla glossa accursiona (additiones): in questo modo in pratica alle singole leggi si collegavano casi trattati o problemi complessi alle leggi collegati. Oltre ciò compose quaestiones “all’italiana” e consilia che ogni buon prof doveva fare.
Le grandi scuole italiane del 1300. Una di quelle destinate ad avere grande gloria è quella di Padova che già era famosa ai tempi di Accursio. Essa era nata nel 1222 a seguito di una migrazione studentesca da Bologna e da 20 anni la vita bolognese doveva convenire proprio poco agli studenti e professori bolognesi a giudicare dagli esodi. Il modello di scuole che cominciò a venir fuori già dalla metà del Duecento è quello della scuola istituzionalizzata in cui vari insegnamenti svolti da professori diversi vengono opportunamente coordinati e di cui è attribuita la prestigiosa etichetta di “Studio generale”. Ciò rappresenta un marchio di qualità e le città richiedono questo marchio in via di privilegio specie a papi e imperatori. Si è discusso sulla qualificazione “generale”: negli ultimi anni essa sarebbe vista come un’idea di universalità della Chiesa e dell’Impero cioè le due fonti dei diplomi istitutivi e uniche entità in gradi di dare ai gradi conseguiti efficacia sovranazionale. Questa spiegazione non sembra convincere pienamente e allora ci si deve anche basare su un’idea di istituzione organizzata in 5 anni che porti a vedere lo Studium generale con quello che oggi noi chiamiamo “Università degli studi”.Pavia fu insignita di questo titolo dall’imperatore nel 1361 e essa diventò il centro scolastico della signoria dei Visconti, sostituendo Milano per volere di Galeazzo II visconti. La scuola però andava a rilento, come sostiene Boccaccio e il figlio di Galeazzo, Gian Galeazzo, si adoperò per dare l’impulso definitivo per realizzare il progetto e nel 1389 Bonifacio IX concesse una sua bolla istitutiva di Studio generale. La scuola di Pisa fu insignita nel 1343 da papa Clemente VI del titolo di Studium generale : era una scuola che vantava tradizioni scolastiche antiche e un certo numero di giuristi già da tempo glossava gli statuti cittadini. La scuola di Siena fu resa Studium generale dall’imperatore Carlo IV nel 1357 sebbene la sua storia più importante si svolse nel 1400. La scuola di Firenze invece fu un centro di studio di diritto e delle medicina ed ebbe due diplomi di Studium generale sia da parte imperiale che papale alla metà del secolo.
La scuola di Perugia. La grande storia ufficiale era cominciata con Clemente V che prima di trasferire la sede apostolica ad Avignone aveva mandato alla città la patente di Studium generale. Il suo principale maestro di civile fu Iacopo di Belviso il quale era un giurista che spiccava per logica stringata e uso rigoroso della quaestio e per la padronanza del metodo brocardico. Anche Cino fece pare della scuola: fu chiamato nel 1326 e due anni dopo accolse un quattordicenne molto precoce, Bartolo di Sassoferrato. Cino “fabbricò l’ingegno” dell’allievo. Tuttavia Bartolo non fu addottorato a Perugia bensì a Bologna dove questo ebbe il titolo di baccelliere discutendo una quaestio con Iacopo Bottrigari e l’anno dopo sempre con Bottrigari volumi in folio dei suoi opera omnia (anche se in realtà molte cose pubblicate come sue in realtà erano di altri). Carlo IV scendendo in Italia per farsi incoronare imperatore lo elevò a proprio consigliere con il potere di legittimare gli scolari di natali illegittimi. Nel 1400 venne insignito come Irnerio del titolo di lucerna iuris e specchio del diritto, accostandolo a Omero Virgilio e Cicerone. Caccialipi lo esaltò nelle vitae doctorum e vennero istituiti anche dei corsi su di lui. Bartolo era però anche un’esponente del piccolo mondo comunale in declino oramai dominato dall’arroganza delle signorie. Bartolo oltre a ciò ha introdotto la distinzione tra statuto reale e statuto personale (di Natale Orleanese questa distinzione). Egli ebbe una spiccata curiosità verso il diritto pubblico che alimentò con i trattatelli sulle costituzioni Ad reprimendum e Qui sint rebelles di Arrigo VII sull’istituto del bando con cui si estromettevano molte fazioni politiche dalla città confiscando i beni e su altri problemi della società comunale: la crisi del comune sta nel fatto che l’impero si era prostrato e principi e città si arrogarono di fatto indipendenze e prassi antigiuridiche diventarono materia frequente. Questa visione della crisi del comune fece si che anche lui vedesse nel nuovo sovrano Carlo IV come colui in grado di riportare l’immagine aureolata dell’Impero.
Baldo degli Ubaldi. Egli fu un allievo di Bartolo nonché discendente di un padre medico e i 3 figli furono entrambi nel campo del diritto, Pietro canonista, Baldo e Angelo civilisti. Baldo (la cui fama ha eguagliato quella di Bartolo) svolse a Perugia la maggior parte del suo insegnamento ma ebbe anche cattedre a Firenze, Pisa e Padova nonché a Pavia dove contribuì al lancio del nuovo studio generale. Egli compose diverse opere, tra cui l’esegesi dei tre digesti Vetus, Infortiatum e Novum ma soprattutto l’Esegesi del Codice che appare molto estesa. Riguardo alla opera omnia sulle Istituzioni, in un primo tempo attribuitagli, studi recenti hanno affermato che essa va ascritta a Bartolomeo di Novara, un personaggio marginale nella storia del pensiero giuridico. Baldo fu un fervente autore di consilia un genere che più dei commentari interessava: ne scrisse a migliaia e furono molto utili per attuare la sua disinvolta fantasia che lo portava a fabbricare diritto nuovo intorno alle fattispecie presentate dalla prassi, contro Bartolo che era invece più chiuso dal rigore stringente della logica interpretativa. Durante l’insegnamento pavese si concentrò anche molto sul feudo: si ricordino i Libri Feudorum. Egli fece anche un inconsueto commento di Baldo alla Pace di Costanza (il privilegio che il Barbarossa sconfitto dalla lega lombarda aveva dovuto rilasciare alle città vittoriose). Questa pace però non aveva più un’idea di bandiera delle autonomie locali come ai tempi di Odofredo in quanto oramai nel tardo 1300 le signorie avevano spazzato le libertà cittadine ma anche esse stesse stavano lasciando spazio ai principati. Un ultimo dato fondamentale: egli è il primo tra i maestri a dedicarsi sostanziosamente al diritto canonico e trasformarsi da civilista e giurista in utroque. Il giurista dopo di lui si apre finalmente al fenomeno dell’utrumque ius smettendo di resistergli e il sistema del diritto comune quindi si completa. Pubblicò un Commentario delle Decretali di Gregorio IX e questo commento ebbe l’onore di stampe reiterate.
Nel Quattrocento Perugia non ebbe lo splendore del secolo precedente. Ciò è anche giustificabile dal fatto che divenne abitudine dei maestri non iniziare e finire la carriera in uno Studio bensì passare dall’uno all’altro secondo la convenienza di offerte fatte in regime di concorrenza. Ci saranno comunque professori di buon livello, tuttavia la scienza giuridica nel nuovo secolo comincia a declinare in quanto comincia a soffrire la concorrenza della cultura umanistica, le facoltà di arti sostituiscono quelle di giurisprudenza. Gli umanisti accuseranno i giuristi di ripetitività della prolissa esegesi, mancanza di originalità, cecità di fronte a nuove mode culturali.