Alcuni codice europei (es. italiano, spagnolo) hanno una disciplina del reato omissivo improprio (commissivo mediante omissione): se un soggetto non pone in essere una condotta doverosa, qualora derivi un evento dannoso, egli è colpevole di quell’evento. Di base si dice che con riguardo a questa figura deve sussistere un obbligo giuridico. Tale necessità, tuttavia, non risulta se non da fonti secondarie, non sempre ben precisate: spesso il nostro ordinamento pone obblighi generici per fini diversi da quelli della ricostruzione di una responsabilità giuridica (es. obblighi che derivano dal matrimonio che comporterebbero una responsabilità omissiva per omicidio a carico del marito che non soccorre la moglie). Si è quindi sempre pensato ad una disciplina più analitica degli obblighi giuridici.
Nel codice francese l’argomento non viene affrontato direttamente (lacuna del codice francese), lacuna questa che retrocede fino al celebre caso della sequestrata di Poitiers, una donna sequestrata di fatto dal fratello che non l’assisteva. In seguito alla morte di questa il fratello fu imputato della morte della donna ma non venne trovata nessuna norma che potesse sostenere questa responsabilità. Di fronte a questa situazione, volendo risolvere il problema della mancanza di norme specifiche, la Francia decise di procedere attraverso una triplice via:
- aumentare le fattispecie di omissione propria, ossia la semplice omissione (non la causazione di evento derivante dall’omissione) (es. omissione di soccorso). Nel sistema italiano sono presenti entrambe le forme: mentre il commissivo mediante omissione (omissivo improprio) comporta la responsabilità per il fatto grave (es. morte della moglie non soccorsa dal marito), il reato omissivo proprio prevede sempre una pena, la quale, tuttavia, risulta abbastanza contenuta. Le fattispecie create in Francia, al contrario, hanno delle pene abbastanza alte che permettono quindi di sanzionare anche la causazione dell’evento, che non viene direttamente punita (es. l’omissione di soccorso ex art. 223-6 è punita con la pena della reclusione fino a 5 anni, contro i 3 mesi dell’ipotesi non aggravata di cui all’art. 593 c.p.);
- indicare espressamente anche la condotta omissiva (es. art. 434-33): una delle modalità di realizzazione del reato, infatti, consiste proprio in una condotta omissiva;
- derivare la responsabilità omissiva impropria da qualsiasi comportamento colposo (es. artt. 221-6 ss.): nell’approccio del cittadino comune è difficile distinguere tra l’esistenza di un obbligo di impedire l’evento e l’aver il soggetto rispettato un obbligo di prudenza, di perizia o di diligenza. Per rispondere di omissione, tuttavia, non basta essere imprudenti, imperiti o negligenti, essendo invece necessario che questi elementi caratterizzino una condotta doverosa (es. un operaio lavora ad una macchina a fianco di un altro, avendo contatto con un contesto abbastanza pericoloso. Se uno degli operai viene lesionato da quest’attività, all’altro può essere imputato di non aver effettuato delle manovre che potevano impedire il fatto. Per sostenere quest’accusa, tuttavia, il pubblico ministero deve dimostrare l’esistenza di un obbligo di impedire l’evento, ossia di un obbligo di attivarsi. La negligenza, in sostanza, non rileva se non sussiste un obbligo di impedire l’evento). Questa distinzione non viene raccolta dal sistema francese, il quale, quindi, fa discendere la responsabilità omissiva impropria dal non aver tenuto un comportamento diligente, prudente o perito.
In sintesi possiamo dire che, sebbene la scelta di disciplinare i reati omissivi impropri nella parte speciale sia apprezzabile, l’assenza di una norma generale sull’omesso impedimento dell’evento porta a conseguenze applicative non in sintonia con il principio di legalità.
Discrezionalità del giudice
Il giudice detiene un potere discrezionale molto ampio e penetrante, soprattutto in ordine alla commisurazione ed irrogazione della sanzione (es. non esistono minimi edittali di pena). Il principio di legalità, quindi, pur registrando un ruolo centrale nell’assetto francese, non ha certo registrato quello straordinario potenziamento cui farebbe invece pensare la locuzione di codice penale dei diritti dell’uomo.