In base al DPR 616/77, alla legge 285/97 e alla legge 328/00, l’ente comunale assume un ruolo preciso come comunità educante e il disagio della popolazione va inteso come spia di un malessere che invoca interventi di corresponsabilità sociale, che non deve essere ignorata ma ascoltata affinché si favorisca la crescita dell’intera comunità municipale. Il disagio minorile è la situazione in cui versano i soggetti in età evolutiva, dovuta soprattutto alla carenza di mediazione educativa dell’adulto. Anche le recenti riforme legislative si sono accorte che per risolvere il disagio minorile occorre uno studio approfondito delle cause che lo motivano, contestualmente all’analisi del background socio politico culturale in cui esso si manifesta. All’ente locale è dato il compito di intervenire direttamente nella predisposizione di servizi e di iniziative di prevenzione, recupero e reinserimento nel tessuto sociale dei soggetti marginali ed emarginati. Da qui i comuni diventano strumenti informativi della comunità educante.
Comunità municipale e politica familiare
In quest’attività l’ente locale non trascurare la dimensione familiare di cui il minore in situazione di disagio è parte integrante. Al fine la comunità municipale deve formulare una corretta politica familiare che non può prescindere da una sua qualificazione pedagogico-educativa; che sostenga il compito educativo della famiglia e realizzi interventi a favore della formazione delle nuove generazioni alla vita matrimoniale e familiare; che tuteli la famiglia come spazio di vita primario, anche a fronte delle regionali altamente differenziate presenti in Italia. Gli enti locali, nell’esplicitazione degli orientamenti nazionali, di privilegiare la famiglia anziché l’individuo, la partecipazione dei cittadini anziché l’assistenzialismo e la difesa dei comuni valori anziché l’estraniazione o l’appiattimento.
Comunità municipale, disagio minorile e servizi educativi territoriali
Le strutture socio educative per minori e famiglie in difficoltà oggi non risultano idonee a stabilire rapporti di collaborazione con la comunità civile. Un intervento è idoneo dovrebbe strutturare i servizi socioeducativi secondo una logica di tipo integrativo (e alternativa alla standardizzazione degli interventi), attribuendo agli stessi, pur nelle loro differenze, adozione di obiettivi comuni, confronto tra differenti progetti di intervento e coinvolgimento attivo di persone e famiglie. In quest’ottica la differenziazione strutturale e contenutistica dei servizi predisposti fa sì che il servizio territoriale si adatti alle richieste della persona e non viceversa; che i servizi non realizzino una segregazione tra è malata e parte sana della comunità, ma che suscitino e di corresponsabilità collettiva, coinvolgendo per primi, sia come protagonisti che come destinatari.