Le disposizioni del Codice relative alle acque, che possono essere private o pubbliche, sono le medesime a prescindere che queste si trovino nel fondo, lo costeggino oppure lo attraversino.

Le acque pubbliche comunque hanno un’apposita disciplina:

  • il proprietario del suolo ha diritto di utilizzare le acque del fondo, ma non può deviarle in danno di altri fondi (art. 909).
  • può farne uso per irrigazione, ma deve restituire le colature e gli avanzi al corso originario (art. 910).
  • chiunque voglia aprire nuove sorgenti o eseguire opere simili deve osservare le maggiori distanze ed eseguire le opere che siano necessarie per non recare pregiudizio ai fondi altrui (art. 911).
  • il fondo inferiore è soggetto a ricevere le acque che dal fondo superiore scolano naturalmente, senza che sia intervenuta l’opera dell’uomo. Il proprietario del fondo inferiore non può impedire questo scolo, ma neppure il proprietario di quello superiore può renderlo più gravoso (art. 913).
  • le controversie sulle acque private possono essere risolte dal giudice tenendo conto dei vantaggi che possono derivare all’agricoltura o all’industria (art. 912).

 Con la legge n. 36 del 1994 recante disposizioni in materia di risorse idriche , si sono introdotte ulteriori regole di tenore generale dirette a disciplinare le acque:

  • si dispone (art. 1) che tutte le acque superficiali e sotterranee sono pubbliche. In altri termini, al di là delle acque private, le acque non classificate o quelle sulle quali vi sia incertezza nell’attribuzione si presumono pubbliche ex lege.

La giustificazione di questa regola è data dal fatto che l’acqua, considerata una risorsa salvaguardata, deve essere utilizzata secondo criteri di solidarietà .

  • si prevede un ordine di priorità del consumo dell’acqua:
    • consumo umano (art. 2).
    • consumo agricolo (art. 28).
    • consumo industriale (art. 29).
    • consumo per la produzione elettrica (art. 30).

 Con la legge n. 37 del 1994 recante norme per la tutela ambientale delle aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque pubbliche , si sono modificate o abrogate alcune disposizioni del Codice civile (es. art. 942, che riconosceva la proprietà delle aree coperte dalle acque e poi abbandonate al proprietario della riva scoperta):

  • i terreni abbandonati dalle acque correnti, che insensibilmente si ritirano da una delle rive portandosi sull’altra, appartengono al demanio pubblico (art. 942).
  • le isole o le unioni di terra che si formano nel letto dei fiumi o dei torrenti appartengono al demanio pubblico (art. 945).
  • se un fiume o un torrente si forma un nuovo letto, abbandonando l’antico, il terreno abbandonato rimane assoggettato al regime proprio del demanio pubblico (art. 946).
  • le disposizioni degli articoli precedenti si applicano ai terreni comunque abbandonati sia a seguito di eventi naturali che per fatti artificiali indotti dall’attività antropica (art. 947).

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